La dismenorrea, dolore pelvico che insorge nei giorni che precedono il ciclo mestruale e durante le mestruazioni, è nella maggior parte dei casi primaria, tuttavia forme severe possono arrivare a trasformarsi appunto nella sindrome da dolore pelvico cronico. Lo spiega Flaminia Coluzzi, professore associato di Anestesia, Rianimazione e Terapia del Dolore Dipartimento SBMC Sapienza Università di Roma
Dolore cronico accompagnato da ansia, depressione, disturbi dell’attenzione, insonnia, diminuzione dell’appetito e affaticamento, un quadro che viene definito «sickness behaviour» e che influisce negativamente sulla qualità di vita delle donne affette dalla sindrome da dolore pelvico cronico. La dismenorrea, dolore pelvico che insorge nei giorni che precedono il ciclo mestruale e durante le mestruazioni, è nella maggior parte dei casi primaria, tuttavia forme severe possono arrivare a trasformarsi appunto nella sindrome da dolore pelvico cronico. «Questa patologia rappresenta una invalidante forma di dolore cronico viscerale, per la quale le donne si rivolgono ai Centri di Terapia del Dolore», spiega Flaminia Coluzzi, professore associato di Anestesia, Rianimazione e Terapia del Dolore Dipartimento SBMC Sapienza Università di Roma.
Le cause del dolore pelvico cronico possono essere molteplici e non solo di origine ginecologica. «La dismenorrea tuttavia è uno dei sintomi più comuni. Quando i sintomi sono così severi da rendere difficili le comuni attività di vita quotidiana, la dismenorrea – dice Coluzzi – può essere secondaria e nascondere patologie specifiche dell’apparato genitale, che se non adeguatamente diagnosticate possono avere conseguenze importanti sulla salute della donna, in particolar modo sull’integrità della sua fertilità». E aggiunge: «Quando il dolore diventa cronico perde la sua funzione fisiologica di campanello d’allarme contro insulti potenzialmente nocivi che minano l’organismo e diventa esso stesso una patologia da dover adeguatamente trattare».
«La cronicizzazione rende il dolore meno responsivo ai comuni analgesici – sottolinea l’esperta – e più difficile da gestire. Tale difficoltà è legata a modificazioni funzionali e strutturali che si realizzano a livello del sistema nervoso centrale e sono identificate come fenomeni di neuroplasticità, e amplificano ogni stimolo dolorifico e non proveniente dalla periferia». E continua: «Questi meccanismi di amplificazione, definiti sensibilizzazione centrale, generano fenomeni di iperalgesia, pertanto anche stimoli dolorifici minori evocano dolori difficilmente sopportabili. Nonostante i neuroni siano le cellule cardine nella trasmissione dolorifica, negli ultimi anni si è posta attenzione su una serie di altre cellule, in particolare mastociti e cellule della microglia, che svolgono una funzione essenziale nell’omeostasi del sistema nervoso. Quando iperattivate, queste cellule rilasciano numerosi fattori pro-infiammatori che alimentano fenomeni di ‘neuroinfiammazione‘, responsabili del persistere del dolore cronico».
Tra le sostanze rilasciate è presente anche il nerve growth factor (NGF), ritenuto responsabile del proliferare di fibre nervose sensitive che contribuiscono ad alimentare il dolore cronico. «Durante la mestruazione, detriti endometriali fisiologicamente eliminati per via vaginale, possono in parte – spiega Coluzzi – ricadere nella cavità peritoneale e generare fenomeni infiammatori, mediati dai mastociti, che alimentano stimoli nocicettivi inviati dalla periferia verso il midollo spinale. Iperattivando cellule gliali questo ciclico stimolo mensile può generare fenomeni neuroinfiammatori, che si traducono clinicamente nella dismenorrea associata al dolore pelvico cronico. Modulare la neuroinfiammazione mediante molecole che riportano a funzione fisiologica i mastociti è una delle attuali strategie terapeutiche nella gestione delle pazienti con sindrome da dolore pelvico cronico».
«L’endometriosi è una delle più frequenti cause di dismenorrea secondaria», dice Coluzzi. «Purtroppo è tuttora soggetta ad un ritardo diagnostico stimato a livello internazionale oltre i 6 anni dalla comparsa dei primi sintomi. Spesso le ragazze – aggiunge – giungono alla diagnosi solo in fase di approfonditi accertamenti alla ricerca di una gravidanza che non arriva. Pertanto la dismenorrea non è un sintomo da sottovalutare, soprattutto quando la sua severità impedisce le attività quotidiane, perché questa può nascondere patologie dell’apparato genitale che rappresentano un fattore di rischio per patologie dolorose croniche».
Iscriviti alla Newsletter di Sanità Informazione per rimanere sempre aggiornato