Lo studio del CEINGE (Federico II Napoli) apre le porte a diagnosi precoce e cure mirate
Una nuova speranza per la lotta ad uno dei più temibili tumori pediatrici, il neuroblastoma, che colpisce ogni anno 15mila bambini ed adolescenti nel mondo, di cui 130 in Italia. Questo tumore maligno, che ha origine nei neuroblasti, le cellule presenti nel sistema nervoso simpatico, è considerato la prima causa di morte e la terza neoplasia per frequenza dopo le leucemie e i tumori cerebrali dell’infanzia. Tuttavia da oggi, grazie a un’importante scoperta dei ricercatori del CEINGE, Laboratorio di Biotecnologie Avanzate dell’Università Federico II di Napoli, per questo tumore si aprono finalmente le porte della diagnosi precoce, oltre che di maggiori possibilità di cura.
Lo studio, guidato dai professori di Genetica Medica Mario Capasso e Achille Iolascon, ha identificato i fattori genetici che predispongono allo sviluppo del neuroblastoma, attraverso l’analisi di una banca dati tra le più ampie mai utilizzate al mondo. I risultati I risultati della ricerca, finanziata dalla OPEN Onlus, Fondazione Italiana per la Lotta al Neuroblastoma e Fondazione AIRC per la Ricerca sul Cancro, sono stati pubblicati su una autorevole rivista scientifica, eBioMedicine del gruppo editoriale “The Lancet”. Inoltre, tutti i dati genetici sono stati resi disponibili in un database online che altri studiosi potranno liberamente consultare per sviluppare nuove ricerche. «Abbiamo analizzato il DNA di quasi 700 bambini affetti da neuroblastoma e più di 800 controlli mediante sequenziamento avanzato, una tecnica innovativa che riesce a decodificare tutti i geni finora conosciuti in modo affidabile e veloce – spiega il professor Capasso -. Questa è la più alta casistica mai studiata fin ad oggi grazie alla quale abbiamo scoperto che il 12% dei bambini con neuroblastoma ha almeno una mutazione genetica ereditata che aumenta il rischio di sviluppare un tumore».
«Non si tratta di una singola mutazione in più geni – spiega Capasso – ma diverse mutazioni in più geni diversi. La maggior parte di questi però appartengono ad un preciso processo biologico che ha la funzione di riparare il DNA, un meccanismo che se alterato contribuisce all’insorgenza del cancro. Allo stesso tempo però questi geni quando mutati possono essere dei buoni bersagli teraupetici. Non possiamo ancora calcolare con precisione il rischio di ogni singola mutazione associato allo sviluppo del tumore – precisa il professore – ma in futuro con ulteriori studi potremmo avere un’idea più chiara del rischio che un bambino ha di sviluppare un tumore quando è portatore di una mutazione genetica». «I risultati di questa ricerca – sottolinea il professore Iolascon – hanno rilevanti implicazioni cliniche. Infatti sono utili a migliorare la diagnosi redendola sempre più precoce e certa e a migliorare la gestione clinica del paziente indirizzando il medico verso l’utilizzo di trattamenti personalizzati».
Ma non è tutto. Un altro dato interessante emerso da questa ricerca è che alcune delle mutazioni trovate in questi bambini sono associate anche all’insorgere di malattie del neurosviluppo, ad esempio i disturbi dello spettro autistico. «Questo insieme di mutazioni – prosegue Capasso – in geni che non fanno parte dei meccanismi di riparo al DNA, ma che sono invece molto attivi nei tessuti del sistema nervoso, oltre allo sviluppo del neuroblastoma sono tra le cause dello sviluppo di diverse disordini del neurosviluppo tra cui anche l’autismo. I risultati raggiunti – conclude – sono utili anche a meglio comprendere i meccanismi molecolari che sono alla base dello sviluppo di malattie non oncologiche».
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