Le modifiche introdotte con l’aggiornamento della Nota 96. Presi in considerazione i risultati di due ampi studi clinici randomizzati. “Non riduce il rischio di frattura nella popolazione sana”
Aggiornamento da parte dell’Agenzia del farmaco sui criteri prescrittivi della Vitamina D in seguto a nuovi studi che hanno concluso che la supplementazione con dosi di vitamina D più che adeguate (2000 UI die di colecalciferolo) e per diversi anni (oltre 5 anni nel primo studio e 3 anni nel secondo) non è in grado di modificare il rischio di frattura nella popolazione sana, senza fattori di rischio per osteoporosi. Questi risultati si sono confermati anche tra i soggetti con livelli più bassi di vitamina 25(OH)D.
L’Agenzia Italiana del Farmaco ha aggiornato la Nota 96 (determina AIFA n. 48/2023 pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 43 del 20 febbraio 2023) sui criteri di appropriatezza prescrittiva della supplementazione con vitamina D e suoi analoghi (colecalciferolo, calcifediolo) per la prevenzione e il trattamento degli stati di carenza nell’adulto.
L’aggiornamento della Nota, istituita nel 2019, si è reso necessario a seguito della pubblicazione di nuove evidenze scientifiche che hanno ulteriormente chiarito il ruolo della vitamina D in assenza di concomitanti condizioni di rischio. La spesa per la Vitamina D a carico del Ssn è di oltre 200 mln annui. Con la prima versione della Nota 96 i consumi si erano ridotto ma dall’ultimo monitoraggio a 31 mesi dall’applicazione la stessa Aifa segnalava che stava perdendo di efficacia.
Sono stati presi in considerazione, in particolare, i risultati di due ampi studi clinici randomizzati, lo studio americano VITAL (LeBoff M et al, NEJM 2022) e lo studio europeo DO-HEALTH (Bischoff-Ferrari HA et al, JAMA 2020). Entrambi gli studi hanno concluso che la supplementazione con dosi di vitamina D più che adeguate (2000 UI die di colecalciferolo) e per diversi anni (oltre 5 anni nel primo studio e 3 anni nel secondo) non è in grado di modificare il rischio di frattura nella popolazione sana, senza fattori di rischio per osteoporosi. Questi risultati si sono confermati anche tra i soggetti con livelli più bassi di vitamina 25(OH)D.
A questi studi principali si aggiunge la ricca letteratura riguardante l’utilizzo nel COVID-19 che non ha dimostrato alcun beneficio della vitamina D anche in questa condizione.
Con l’occasione, sono state inserite nel testo della Nota alcune precisazioni migliorative su proposta di clinici o società scientifiche.
– introduzione della nuova categoria di rischio “persone con gravi deficit motori o allettate che vivono al proprio domicilio”;
– riduzione da 20 a 12 ng/mL (o da 50 a 30 nmol/L) del livello massimo di vitamina 25(OH)D sierica, in presenza o meno di sintomatologia specifica e in assenza di altre condizioni di rischio associate, necessario ai fini della rimborsabilità;
– specificazione di livelli differenziati di vitamina 25(OH)D sierica in presenza di determinate condizioni di rischio (ad es. malattia da malassorbimento, iperparatiroidismo) già presenti nella prima versione della Nota;
– aggiornamento del paragrafo relativo alle evidenze più recenti sopracitate e inserimento di un breve paragrafo dedicato a vitamina D e COVID-19;
– introduzione di un paragrafo sui potenziali rischi associati all’uso improprio dei preparati a base di vitamina D.