La ricerca ha evidenziato un ringiovanimento del cuore di 10 anni grazie alla proteina della longevità. A Sanità Informazione Annibale Puca, ricercatore di IRCCS MultiMedica che ha curato lo studio
Alcune persone invecchiano meglio di altre, vivono più a lungo e mantengono un buono stato di salute fino ad una età molto avanzata, grazie al loro DNA. È dunque nel codice genetico il segreto della longevità? Sembrerebbe proprio di sì, secondo quanto emerso da uno studio che ha individuato la proteina della longevità. A realizzarlo Annibale Puca ricercatore, capo laboratorio presso IRCCS MultiMedica e Professore Ordinario di Genetica Medica presso l’Università di Salerno, e Paolo Madeddu dell’Università di Bristol.
Finanziato dalla British Heart Foundation e dal Ministero della Salute italiano, lo studio ha individuato la proteina capace di contrastare l’invecchiamento cardiaco, ribattezzata per questo la proteina della longevità. Si chiama LAV – BPIFB4 ed è in grado di restituire tono alle cellule impegnate nella vascolarizzazione del cuore.
La ricerca, partita tanti anni fa, con uno studio di genetica, ha portato Annibale Puca ad identificare la variante della proteina LAV presente nel DNA dei longevi. «Dagli studi fatti, abbiamo visto che la proteina mutata era presente in un dieci percento della popolazione in doppia coppia, ma nei centenari arrivava al 14 percento – spiega il ricercatore di MultiMedica a Sanità Informazione -. Questo significa che ha una funzione protettiva». Successivamente, con Carmine Vecchione, Professore Ordinario di Cardiologia e capo laboratorio al Neuromed, Puca ha osservato che nei vasi esposti alla proteina mutata c’è un recupero della funzione vascolare, anche in soggetti di età avanzata. «Questo ha permesso di capire che la proteina ricombinante ha la capacità di stimolare la produzione di ossido nitrico, sostanza che con gli anni tende a diminuire», afferma Puca.
I risultati raggiunti dalle prime ricerche hanno stimolato Puca e Vecchione a concentrare l’attenzione sulla capacità della proteina ricombinante di recuperare ossido nitrico nei vasi. Dal topo diabetico, al topo arteriosclerotico, fino al topo anziano, tutte le ricerche fatte sull’animale arrivavano alla stessa conclusione, ovvero una capacità della proteina ricombinante di ripristinare la funzione del vaso.
«Abbiamo poi iniziato una proficua collaborazione con Bristol – riprende Puca – che ha portato alla pubblicazione di due paper, uno sul cuore diabetico e l’altro sul cuore invecchiato. Quest’ultimo studio, oggetto della recente pubblicazione su Cardiovascular Research, è durato tre anni. In entrambi i casi abbiamo avuto modo di valutare un recupero dell’efficacia cardiaca e nel cuore anziano addirittura un ringiovanimento cardiaco di oltre 10 anni. La capacità protettiva della proteina LAV, già valutata su altri organi, ha dimostrato di funzionare anche nel sistema nervoso tanto che, trattando i topi affetti dalla malattia di Huntington (malattia neurodegenerativa) con la proteina mutata, non si ammalano».
Lo studio in vitro, anch’esso parte dell’ultima pubblicazione, a opera del team MultiMedica, ha messo a confronto le cellule del cuore di pazienti anziani con problemi cardiaci e sottoposti a trapianto presso l’Azienda Sanitaria Universitaria Integrata di Udine, con quelle di individui sani. Le cellule periciti che supportano la costruzione di nuovi vasi sanguigni sono apparse invecchiate nei pazienti anziani trapiantati. Quando sono state trattate con la proteina LAV-BPIFB4, ossia prodotta in laboratorio, hanno prodotto un ringiovanimento cardiaco, i periciti hanno ripreso a funzionare correttamente risultando più efficienti.
Si ampliano dunque le possibilità di impiego della terapia genetica con la proteina LAV-BPIFB4. «Nei topi ha dato prova di prevenire l’insorgenza di invecchiamento vascolare, arteriosclerosi, diabete e di ringiovanire il sistema immunologico – evidenzia Puca -. Il prossimo obiettivo è di utilizzare la proteina ricombinante nel cuore anziano, diabetico e in pazienti con arteriosclerosi e di testare l’efficacia della terapia in trial clinici su pazienti con insufficienza cardiaca e più in generale su complicazioni diabetiche».
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