Salute 1 Marzo 2023 16:14

Savedoctors, nasce da un medico italiano l’idea di un profilo a sostegno dei colleghi in Iran

Juri Alessandro Giannotta ha creato un profilo Instagram dove raccoglie videomessaggi a sostegno dei colleghi in Iran, arrestati e uccisi per la scelta di curare i manifestanti. Ora chiede alla FNOMCeO di farsi promotrice di una lettera all’ambasciata d’Iran in Italia

Savedoctors, nasce da un medico italiano l’idea di un profilo a sostegno dei colleghi in Iran

Aida Rostami, Mohsen Sohrabi, Iman Nawabi sono solo alcuni dei medici uccisi, torturati, incarcerati solo per aver adempiuto al loro dovere, quello di curare essere umani. È quanto sta accadendo, nell’impotenza della comunità internazionale, in Iran, dove da mesi centinaia di migliaia di persone protestano contro il regime degli Ayatollah dopo l’uccisione di Mahsa Amini, 22enne arrestata e uccisa dalla polizia morale il 14 settembre 2022 per aver indossato l’hijab in modo “improprio”.

La pagina Savedoctors

Di fronte a tutto questo, c’è chi ha deciso di non stare con le mani in mano e di provare a far sentire la propria voce. Juri Alessandro Giannotta, ematologo a Milano, 33 anni, è l’ideatore del profilo Instagram Savedoctor (Doctors for Iran) che raccoglie video-interventi di medici di tutto il mondo in solidarietà ai colleghi iraniani la cui vita è diventata molto complicata. La situazione è drammatica nel paese mediorientale: i manifestanti feriti cercano di evitare l’assistenza medica negli ospedali perché rischiano di essere catturati dalla polizia e la polizia sta minacciando i medici iraniani chiedendogli di denunciare le persone che dovrebbero curare.

«Ho ricevuto tanta solidarietà dai colleghi. Al momento hanno mandato un videomessaggio una ventina di persone, altri hanno manifestato la loro solidarietà e hanno fatto sentire la loro voce» racconta a Sanità Informazione Giannotta.

Nei mesi scorsi il medico aveva scritto una lettera aperta al Consiglio europeo per inserire i Guardiani della Rivoluzione nella lista delle organizzazioni terroristiche, come successivamente chiesto anche dal Parlamento europeo, ma la proposta è stata respinta per ‘insufficienza di prove’. Ora ci riprova, cercando di sensibilizzare l’opinione pubblica sulla condizione dei medici in Iran.

«Adesso ho inoltrato all’Ordine dei Medici di Milano e alla FNOMCeO una richiesta per chiedere che si faccia promotore di una lettera da mandare all’ambasciatore iraniano a Roma per ribadire che i medici italiani si oppongono al trattamento riservato ai colleghi in Iran. So che potrà cadere nel vuoto la richiesta ma credo sia necessaria una presa di posizione».

Le storie dei medici iraniani

Nonostante i rischi, molti medici iraniani continuano a curare i manifestanti. Chi, con coraggio, sceglie di onorare il giuramento di Ippocrate sa di mettere a repentaglio la propria vita. Come Aida Rostami, 36 anni, torturata e uccisa perché aveva assistito i manifestanti feriti. O come Hamid Ghareh Hasanlu, arrestato con sua moglie dopo una protesta e ingiustamente accusato di aver avuto un ruolo nella morte di un poliziotto. Sotto tortura ha riportato multiple fratture costali e un’emorragia polmonare e su di lui pende una condanna a morte. Mohsen Sohrabi, medico dell’Al Kosar Hospital di Sanandaj (nella provincia del Kurdistan) è scomparso dopo il suo turno di notte il primo gennaio. Nella stessa struttura Iman Nawabi, chirurgo, è stato arrestato dopo aver curato un manifestante e ora è in sciopero della fame.

«Uccidere un medico significa uccidere tutti gli umani che potenzialmente possono essere curati da quel medico» spiega Giannotta in un video postato su Savedoctors.

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