La presidente dell’Associazione Nazionale Malattia di Alzheimer, Patrizia Spadin, a Sanità Informazione: «Serve l’attivazione di una territorialità specifica per l’Alzheimer legata alle strutture del PNRR»
«Le famiglie con pazienti colpiti da demenze si sentono sole: come AIMA in 40 anni qualcosa siamo riusciti a fare, la sensibilizzazione della società è maggiore ma ancora oggi queste si sentono abbandonate e non è giusto». Patrizia Spadin, presidente dell’Associazione Nazionale Malattia di Alzheimer, è instancabile nel suo lavoro di promozione e richiamo dell’opinione pubblica e delle istituzioni verso i problemi di chi deve accudire un paziente con Alzheimer o demenza. E a Sanità Informazione ricorda tutto quello che c’è ancora da fare per venire incontro ai bisogni assistenziali e sociali di queste persone.
I dati, del resto, fotografano una situazione che non riguarda poche famiglie: in Italia si stima che i nuovi casi di demenza siano circa 150mila ogni anno e i nuovi malati di Alzheimer siano circa 70mila. Attualmente sono circa 650mila e per quasi tutta la durata della malattia sono curati a casa. Le persone coinvolte nell’assistenza dei malati di Alzheimer sono circa tre milioni e sono spesso donne. E Barometro Alzheimer ha messo in evidenza altri dati preoccupanti: «Tra i primi sintomi e l’arrivo di un paziente a un centro specializzato passano anche 11 mesi. Mentre i centri specializzati sono aperti in media cinque ore al giorno per tre giorni alla settimana. Inevitabile che la gran parte dei costi ricada proprio sulle famiglie: il costo annuo della malattia di Alzheimer in Italia è stimato in oltre 15 miliardi di euro e circa l’80% sono costi diretti e indiretti pesano su famiglia e caregiver.
«Sono costi diretti e indiretti – spiega Spadin -. Dobbiamo mettere in conto anche la perdita di lavoro e salute dei caregiver che accudiscono per tanti anni i loro cari. È un costo sociale sul quale dobbiamo cercare di intervenire. Le persone colpite da demenza hanno bisogni assistenziali ma soprattutto sanitari».
L’AIMA ha deciso di fare il punto sulla situazione con un evento in Senato in cui sono state presentate “7 Buone proposte” elaborate insieme alla Società Italiana di Neurologia oltre al cortometraggio sull’Alzheimer “Ieri”, con Alessandro Haber e Giuliana De Sio. E ha lanciato un “Patto per l’Alzheimer” che coinvolga concretamente e in maniera trasversale le forze politiche e i diversi livelli di governo. All’incontro erano presenti diversi esponenti politici: Ignazio Zullo, capogruppo di Fratelli d’Italia in commissione Sanità e Lavoro, Simona Malpezzi, capogruppo del Pd in Senato, Elena Bonetti, capogruppo del Gruppo Azione – Italia Viva – Renew Europe in commissione Affari sociali della Camera.
L’AIMA chiede interventi strutturali per colmare le lacune del sistema, la prossimità e l’attivazione di una territorialità specifica per l’Alzheimer legata alle strutture del PNRR, l’infermiere di famiglia che sia anche preparato per intervenire su questi pazienti. E poi anche un potenziamento dell’ADI, Assistenza domiciliare integrata, specifica per i malati di Alzheimer e di una formazione professionale per il sostegno al caregiver.
«Sull’ADI non ci siamo – racconta Spadin -. Deve essere diffusa a macchia d’olio. Tra regioni e anche all’interno di una stessa regione ci sono differenze territoriali a seconda delle risorse. Per i nostri pazienti l’assistenza domiciliare dovrebbe essere una linea specifica che risponda ai bisogni della malattia che cambiano all’interno dello stesso decorso del singolo paziente».
Una delle grandi questioni è la riforma dell’assistenza sanitaria territoriale avviata con il PNRR. Per AIMA è essenziale connettere le nuove strutture disciplinate dal PNRR con le esigenze specifiche di presa in carico e gestione di Alzheimer e demenze.
«Ci aspettiamo nelle case di comunità un percorso ad hoc, serve competenza specifica per poter rispondere a bisogni della famiglia. Oggi ci sono risposte per pazienti caratteristici, soprattutto i più anziani. I pazienti più giovani, quelli con problemi comportamentali non trovano risposte né residenziali, né semiresidenziali o al domicilio» racconta ancora Spadin.
Spadin ha ricordato che l’istituzione nella legge di bilancio 2021 di un Fondo di 15 milioni di euro per progetti sull’Alzheimer è troppo poco. «Serve un piano di investimenti coerente e su larga scala» ha specificato e poi ha lanciato una proposta: «Parte delle risorse stanziate per l’edilizia sanitaria e l’ammodernamento tecnologico non sono state impiegate dalle regioni. Usiamole per implementare le diagnosi precoci».
Ed è proprio sulle diagnosi precoci che si gioca la sfida del futuro: l’arrivo di nuovi farmaci che agiscono per la prima volta sulla malattia, come già avvenuto negli Stati Uniti, richiede una capacità di intervento tempestiva. «Non siamo pronti perché il sistema non è pronto a intercettare pazienti in fase lievissima o prodromica. Non è mai stato fatto un investimento sui Centri per i Disturbi Cognitivi e le Demenze (CDCD), da tempo chiediamo investimenti ma i CDCD non hanno mai avuto investimenti specifici».
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