Al Teatro 7 di Roma in scena il dramma delle aggressioni al personale sanitario e le conseguenze psicologiche. Un’idea di Marina Cannavò, psichiatra e psicoterapeuta, che ha lanciato una petizione per chiedere più tutele e andare oltre la legge 113 del 2020
Un teatro gremito di professionisti sanitari (e non solo) che dicono basta alle aggressioni agli operatori della salute. E l’innovazione, voluta dall’organizzatrice, Marina Cannavò, fondatrice di AMAD, Associazione Malattia Ansia e Depressione, che ha deciso di teatralizzare i racconti delle violenze: la rappresentazione andata in scena al Teatro 7 è stata una fedele fotografia del dramma che vive il professionista vittima dell’episodio.
Sul palco una compagnia di attori non professionisti, tra cui un medico psichiatra e un infermiere, che hanno mostrato il burnout, il disagio psicologico che vivono gli aggrediti, spesso poco difesi dalle aziende per cui lavorano e anche poco compresi dai familiari. Un evento pensato per celebrare la giornata del 12 marzo, dedicata proprio alla violenza contro gli operatori che non accenna a fermarsi: stimati 1600 casi all’anno, ma molti restano sommersi perché non denunciati.
La prima scena è una terapia di gruppo guidata da un medico (ad interpretarlo un vero medico psichiatra, Alfonso Della Porta) Ognuno racconta il suo dramma, secondo un copione purtroppo tristemente noto: prima le minacce, poi le ingiurie e infine le percosse. E c’è anche chi si è visto puntare un coltello alla gola. Non di rado, servono le cure del Pronto soccorso per guarire le ferite fisiche. Ma per le ferite dell’anima la convalescenza è ben più lunga e complessa.
Nella seconda scena c’è un contesto familiare: una coppia che non si parla più, non si capisce più perché lo shock del trauma è duro da superare per l’aggredito. E amici e colleghi sanitari che non capiscono il dolore. «Un disagio che può sfociare in patologie psichiatriche più serie se non intercettato per tempo» sottolinea la dottoressa Marina Cannavò, psicoterapeuta e psichiatra oltre che autrice di un libro sul tema dal titolo “Stop alla violenza a danno degli operatori della Salute”.
«La maggior parte non segnala e non denuncia e questo è molto grave. Come AMAD vogliamo mettere a disposizione un percorso di cura per tutti. Abbiamo anche lanciato una petizione per chiedere delle misure concrete contro le aggressioni ai sanitari» sottolinea a Sanità Informazione. E il dottor Carlo Marchetti, presidente di AMAD, ha sottolineato come tra i progetti dell’associazione ci sia anche l’idea di portare il tema nelle scuole per sensibilizzare i ragazzi.
Subito dopo la rappresentazione, la dottoressa Anna Claudia Filippelli ha spiegato quali sono i meccanismi neurobiologici alla base del trauma emotivo che subiscono gli operatori della salute vittime di violenza nei luoghi di lavoro.
Nella petizione AMAD chiede di allargare l’ambito di applicazione della legge 113 del 2020 a tutto il personale sanitario dirigenziale e del comparto sanità, il riconoscimento e conseguente indennizzo da parte dell’Inail del “danno fisico e psichico da aggressione nei luoghi di lavoro” e un percorso dedicato agli operatori aggrediti nei Pronto soccorso. La petizione, i cui punti più importanti sono confluiti in una proposta di legge regionale nel Lazio nella scorsa consiliatura, è appoggiata da diverse realtà come il sindacato Confintesa.
«È incredibile: non ci si aspetta in ospedale dove ci sono le persone che si prendono cura di noi di vedere scene di violenza. È una esperienza traumatica anche vissuta mettendosi nelle parti del professionista aggredito» spiega Cristina Romiti, autrice della piece sul tema.
Sul palco anche il Presidente dell’Ordine dei Tecnici Sanitari di Radiologia Medica e delle Professioni Sanitari Tecniche, della Riabilitazione della Prevenzione di Roma, Andrea Lenza, che ha sottolineato: «Purtroppo molti operatori neanche denunciano e il fenomeno è sottostimato. Da un lato c’è un tema culturale e il rispetto andrebbe insegnato a scuola con l’educazione civica. Dall’altro c’è la difficile situazione della nostra sanità, con sempre meno fondi per il personale e Pronto soccorso sempre più affollati. Il deterrente delle Forze dell’Ordine può funzionare, ma servirebbero presidi h24 e non solo per 12 ore al giorno».
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