Solo il 30 percento delle donne al momento della prima gravidanza ha già contratto l’infezione da toxoplasmosi. Attenzione a cibi e animali ma gli esperti assicurano «Non serve demonizzare il gatto»
Torna a far paura la toxoplasmosi. Dando uno sguardo alle statistiche, infatti, in Europa si osserva un declino della sieroprevalenza, ovvero la presenza di anticorpi contro il parassita. Questo significa: crescente allerta per le donne in gravidanza e nei soggetti immunodepressi e attenzione ai gatti, considerati veicoli di trasmissione. Ma è davvero così? Lo abbiamo chiesto agli esperti Luigi Venco, consulente esperto in parassitologia veterinaria presso il laboratorio di analisi veterinarie MYLAV e Francesca Tamarozzi, laureata in medicina umana e veterinaria, ed esperta in parassitologia.
«Oggi in Italia solo il 30 percento delle donne durante la prima gravidanza ha già contratto l’infezione e sviluppato anticorpi. Considerando che la media europea era del 44 percento a inizio degli anni 2000 e dell’80 percento negli anni ’60, è evidente che oggi occorre prestare attenzione. Il rischio maggiore è per le persone immunodepresse e per le donne in gravidanza per i possibili danni che potrebbe causare il parassita al feto».
«L’infezione può essere contratta in vari modi. Il più frequente è tramite l’ingestione dei parassiti espulsi dal gatto con le feci, chiamate oocisti. Un gatto infetto elimina oocisti una sola volta nella sua vita per un periodo di due settimane. I parassiti espulsi però restano nell’ambiente per molto tempo perché sono resistenti. La seconda possibilità di contrarre il parassita è tramite l’ingestione delle cisti parassitarie contenenti bradizioiti presenti nella carne, in particolare suina, ovina, caprina e più raramente selvaggina».
«Nell’uomo si stima che la forma più diffusa sia proprio per via alimentare. Infatti, l’ingestione di carni crude o poco cotte (più a rischio le rosse delle bianche) contenenti bradizioiti sia responsabile dal 40 al 60 percento delle infezioni».
«Al momento dell’infezione la maggior parte delle persone è asintomatica perché si producono gli anticorpi e l’infezione si inattiva. Ad essere maggiormente a rischio sono invece le persone immunodepresse perché il sistema immunitario non riesce a inattivare l’infezione e le donne in gravidanza, perché possono trasmettere il parassita al feto attraverso la placenta. La possibilità che il parassita arrivi alla placenta aumenta con il progredire della gravidanza, ma il rischio di causare danni al feto diminuisce col passare dei mesi. I problemi più seri si riscontrano se la donna contrae l’infezione nei mesi che precedono la gravidanza perché aumenta il rischio di aborto e nel primo trimestre».
«In previsione di una gravidanza è importante effettuare il test anticorpale per la toxoplasmosi che può essere effettuato anche nei primi tre mesi di gestazione. Se la donna gravida è sieronegativa per la toxoplasmosi può essere prudente fare il test della toxoplasmosi anche al gatto di famiglia. In questo caso è importante interpretare al meglio i risultati. Se il gatto è positivo IgG e IgM significa che non elimina oocisti. Se è negativo IgG e positivo IgM ha terminato la fase di eliminazione di oocisti, ma è opportuno fare la ricerca del parassita. Infine se il gatto è negativo sia a IgG e IgM potrebbe infettarsi ed eliminare in seguito oocisti. Quindi sono i gatti siero-negativi ad essere un pericolo. In quel caso occorre alimentarlo con cibi industriali, cambiare e pulire con acqua bollente la cassetta per le deiezioni almeno una volta al giorno ed evitare che si nutra di piccoli roditori».
«Innanzitutto, occorre sfatare il falso mito di non poter vivere con un gatto durante la gravidanza. Il cane a sua volta non trasmette il parassita, ma può essere veicolo di trasportatore di oocisti dall’ambiente come un qualunque altro membro della famiglia. È opportuno invece prestare attenzione ai cibi che si consumano. Evitare di mangiare verdure crude anche se lavate con disinfettanti perché non garantiscono l’uccisione delle oocisti. Non mangiare salumi crudi e carni non cotte accuratamente, in particolare, se provengono dal Sud America dove la variante del parassita è più aggressiva. Anche mangiare frutti di mare crudi o bere latte non pastorizzato non è consigliabile, così come dedicarsi al giardinaggio senza guanti o senza lavarsi accuratamente le mani al termine».
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