Un gruppo di associazioni che si occupano di salute promuove un documento contro il regionalismo differenziato: preoccupano le ricadute su ambiente e sanità. La mancata unitarietà di intervento in questi ambiti potrebbe mettere a rischio la salute dei cittadini, incrementando le disuguaglianze sociali
«Con le modifiche al Titolo V della Costituzione introdotte dal Governo Amato nel 2001, si è aperta la possibilità per le Regioni di attivare ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia riguardanti ben 24 materie che sono state riconosciute di potestà legislativa concorrente con lo Stato e tra le quali spiccano la tutela e sicurezza sul lavoro, l’istruzione, la produzione il trasporto e la distribuzione dell’energia e, ancora, la tutela della salute e il governo del territorio». L’avvertimento arriva dall’Associazione Medici per l’Ambiente (ISDE-Italia), Medicina Democratica, l’Associazione Cittadinanzattiva, l’Associazione Slow Medicine e l’Associazione dei Medici di Origine Straniera in Italia (AMSI) che, insieme, hanno redatto un documento per esternare la loro posizione sulla paventata ipotesi di regionalismo differenziato.
Le Associazioni che hanno sottoscritto il documento “Regionalismo Differenziato e le ricadute sulla salute dei cittadini italiani” sostengono che «il decreto legge Autonomia, del leghista Roberto Calderoli, Ministro per gli Affari Regionali e le Autonomie nel governo Meloni, mira a rendere operativa questa possibilità». Le Associazioni hanno messo in luce tutte le criticità che comporterebbero ulteriori forme e condizioni particolare di autonomia delle regioni, riguardanti ben 24 materie che sono state riconosciute di potestà legislativa concorrente con lo Stato, tra le quali spiccano la tutela e sicurezza sul lavoro, l’istruzione, la produzione il trasporto e la distribuzione dell’energia e, ancora, la tutela della salute e il governo del territorio.
In particolare, le Associazioni sottolineano che «la mancata omogeneità di intervento sui determinanti ambientali di salute su tutto il territorio nazionale porterebbe all’esasperazione del divario economico tra regioni. In quelle a minor reddito, comprometterebbe la prevenzione primaria nello sviluppo di patologie ambiente correlate, con l’inevitabile ripercussione di una maggiore incidenza di tali malattie. Le associazioni – si legge nel documento – sono fortemente contrarie al regionalismo differenziato sia per le ricadute sanitarie che per quelle ambientali e ritengono che questo sancirebbe la secessione delle regioni ricche determinando, nei fatti, la frantumazione dello stato unitario».
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