Riceviamo e pubblichiamo la lettera della signora Mariangela B. che racconta la sua positiva esperienza con la sanità calabrese a commento dell’articolo dal titolo “Oncoematologia, caso Calabria: il reparto non riapre e le famiglie si indebitano per far curare i loro bambini”. «Buongiorno, mi chiamo Mariangela B., e ho deciso di scrivere queste righe perché […]
Riceviamo e pubblichiamo la lettera della signora Mariangela B. che racconta la sua positiva esperienza con la sanità calabrese a commento dell’articolo dal titolo “Oncoematologia, caso Calabria: il reparto non riapre e le famiglie si indebitano per far curare i loro bambini”.
«Buongiorno,
mi chiamo Mariangela B., e ho deciso di scrivere queste righe perché ho letto la vostra utile inchiesta sulla Calabria e vorrei esprimere il mio pensiero. Come ha scritto il giornalista Giovanni Cedrone, nell’articolo, si ipotizza che una riapertura del reparto di Ematoncologia pediatrica a Cosenza porterebbe i calabresi a non avere più bisogno di uscire dalla regione per curarsi, cosa che, ad oggi, sembra invece essere indispensabile per accedere alle cure oncologiche in età pediatrica».
«Fermo restando che l’eventuale riapertura di questo reparto nell’ospedale di Cosenza non potrebbe che rendermi felice, essendo io residente nel cosentino, vorrei raccontarvi la mia esperienza in merito. Mia figlia di 15 anni è affetta da linfoma di Hodgkin, diagnosticato nel mese di dicembre 2022. Per poter arrivare alla diagnosi, come potete immaginare, siamo passati per diversi step di visite mediche nell’ambito di Cosenza, che però non hanno portato subito ad individuare il problema».
«Questo fino a quando, dal reparto di pediatria di Cosenza, veniamo indirizzati presso il presidio Ospedaliero Pugliese-Ciaccio di Catanzaro e precisamente nel reparto di Ematoncologia pediatrica, proprio perché all’Annunziata il reparto dedicato non è più funzionante e per approfondire il problema ci consigliano di andare a Catanzaro. Per un genitore sentire la parola oncologico, anche se non ancora definitiva, associata al proprio figlio è come ricevere un macigno sulla testa e vedere tutto improvvisamente buio».
«In un primo momento, ero pronta a cliccare sul sito dei maggiori ospedali pediatrici italiani, consapevole che l’obiettivo principale era far guarire mia figlia, anche se questo avrebbe comportato un totale sconvolgimento della nostra vita familiare, soprattutto la sua, che per mesi interi non avrebbe potuto rivedere casa e la famiglia riunita. Oggi, alla luce di come sono proseguite le vicende sulla malattia di mia figlia, posso dire: meno male che a Cosenza il reparto non c’era più, perché così ho avuto modo di conoscere una realtà che sfugge a molti, ma che di risultati di guarigione ne colleziona tanti».
«Sono bastati pochi giorni di ricovero per capire che in Calabria esistono centri di eccellenza che permettono di avere in poco tempo la diagnosi e ricevere tempestivamente le cure necessarie per questi tipi di tumore. Dopo essere stati accolti da tutto lo staff medico al completo, sono iniziati i controlli e nel giro di due settimane, avevamo fatto tutti gli accertamenti (analisi, ecografie, TAC , risonanza magnetica, visite cardiologiche, Pet ed esame istologico). Già dopo due giorni dalla diagnosi, i medici erano pronti a partire con la chemioterapia, applicando il protocollo che, come è risaputo, è uguale in tutta Italia e Europa».
«La realtà che si vive in questo reparto è fatta di tanta professionalità, dei medici, che sono sempre disponibili a fornire chiarimenti sulle procedure in corso, compresa la primaria, che quotidianamente passa a visitare tutti i ragazzi, non facendo mai mancare un sorriso di incoraggiamento; per non parlare della Caposala Aversa, delle infermiere/infermieri e OSS., che oltre alla professionalità nello svolgere il loro lavoro, prendono a cuore ogni singolo caso, chiamando per nome ogni paziente e dimostrando di avere a cuore ognuno di loro. Ogni persona che lavora qui sa di accogliere famiglie fragili e di dover dare quel qualcosa in più».
«Inoltre, non manca il supporto psicologico dei professionisti operanti per mezzo delle Associazioni che sono costantemente presenti, che ben sanno come rendere più “sopportabile” la vita in reparto e delle insegnanti della sezione “scuola in ospedale”. Ognuno fa il suo, e anche scambiare due chiacchiere con il personale addetto alle pulizie, aiuta ad allietare le lunghe giornate di ricovero. Grazie a questa realtà a poco più di 1h di viaggio da casa nostra, abbiamo potuto permettere a mia figlia di seguire una vita abbastanza serena (per quanto la situazione lo consenta), potendo rientrare a casa nei giorni di riposo della terapia e godere della serenità familiare, tanto importante anche per la guarigione. Inoltre, sia io che mio marito, entrambi lavoratori dipendenti, abbiamo potuto continuare la nostra attività lavorativa, senza conseguenze per il futuro di nostra figlia. Avevo già deciso negli scorsi mesi di dar voce a questa mia esperienza positiva presso il presidio Ospedaliero Pugliese-Ciaccio di Catanzaro, e ho colto l’occasione di commentare questo articolo per dire che l’alternativa ad “andare fuori” dalla Calabria c’è, non rappresenta il piano B, e forse sarebbe opportuno dare la giusta visibilità a centri di lunga e ampia esperienza come questo e magari cercare di supportarli nello svilupparsi ulteriormente per il bene di tutti».