Molti di noi ricorderanno il tono perentorio di un genitore che tuonava il suo ammonimento: “Vergognati!”. Quel rimprovero ci faceva sentire esposti all’umiliazione, ma soprattutto talmente indegni da voler sprofondare e scomparire. Tutti prima o poi abbiamo provato vergogna; si concretizza in una sensazione di forte disagio a cui è chiamato a partecipare il […]
Molti di noi ricorderanno il tono perentorio di un genitore che tuonava il suo ammonimento: “Vergognati!”. Quel rimprovero ci faceva sentire esposti all’umiliazione, ma soprattutto talmente indegni da voler sprofondare e scomparire.
Tutti prima o poi abbiamo provato vergogna; si concretizza in una sensazione di forte disagio a cui è chiamato a partecipare il nostro corpo: il viso arrossisce, il battito cardiaco accelera, gli occhi si abbassano per proteggersi dallo sguardo giudicante degli altri. Il sentimento di vergogna è infatti l’ultimo baluardo, la difesa finale dell’individuo che vede piovere su di sé la disapprovazione del proprio simile, e che gli consente di ritirarsi, facendosi piccolo piccolo, con il desiderio di svanire.
La vergogna è un’emozione universale che ha costituito un vantaggio per la sopravvivenza e l’evoluzione dei nostri antenati: l’adesione alle convenzioni sociali da parte degli appartenenti al gruppo, infatti, avrebbe consentito loro di essere bene accetti, tutelando il benessere e la compattezza della comunità.
Abbiamo così ereditato il sentimento di vergogna, che si prova quando si è consapevoli di aver trasgredito una norma che è ritenuta accettabile e vincolante dal gruppo di appartenenza. Anche se non è presente una persona che disapprovi un determinato comportamento, è possibile che la vergogna emerga perché la nostra mente evoca un rimprovero avvenuto in passato, poiché le regole e le aspettative che abbiamo appreso durante l’infanzia vengono interiorizzate e ci condizionano nell’età adulta.
Si tende però a trascurare la differenza tra vergogna e senso di colpa, che non sono la stessa cosa, anche se entrambi si fanno sentire se violiamo norme etiche, morali, religiose:
Per approfondire la differenza è utile un esempio tratto dalla quotidianità: una persona che dimentica di fare gli auguri di buon compleanno ad un caro amico e prova vergogna probabilmente pensa: “Sono un disastro e sono un pessimo amico”; se invece si fa strada il senso di colpa il pensiero probabilmente sarà: “Ho trascurato una ricorrenza importante, lui sarà molto dispiaciuto”.
I sentimenti di vergogna sono dunque non solo sgradevoli, ma profondamente dolorosi e svalutanti perché intaccano il senso del sé. I sentimenti di colpa provocano altrettanto malessere e turbamento, ma possono motivare la persona a muoversi verso il cambiamento e l’aggiustamento dei comportamenti che hanno danneggiato il prossimo. Il senso di colpa, infatti, è legato alla capacità di essere empatici, cioè di riuscire a metterci nei panni degli altri e riconoscere che la nostra condotta ha causato loro dispiacere; se ci sente in colpa è probabile che si ricerchi una strategia per riparare un comportamento sbagliato. La vergogna, invece, tende ad annientare la volontà di far meglio e correggere le azioni errate perché la persona si concentra sulle proprie emozioni distruttive.
Ovviamente non esiste una linea di demarcazione che separi vergogna e senso di colpa, che possono verificarsi insieme; se l’azione che genera il senso di colpa è molto distante dallo standard di comportamento a cui si attiene la persona, ad esempio, è probabile che subentri anche la vergogna. Colpa e vergogna possono presentarsi insieme se il comportamento scorretto è prodotto intenzionalmente, e la vergogna può diventare più forte se altre persone sono state testimoni del nostro errore; inoltre è probabile che l’intensità dei due sentimenti si accresca qualora le persone che sono venute a conoscenza della nostra cattiva condotta rivestano per noi un’importanza particolare, o se la persona danneggiata ci condanna o ci respinge.
Potrebbe sembrare che liberarsi del senso di colpa sia facile, dato che disponiamo di modalità per riparare ad un comportamento nocivo: si può chiedere scusa, pagare una penale, compiere un gesto gentile, ricorrere alla confessione. Purtroppo si ha spesso a che fare con un senso di colpa che possiamo definire “fluttuante”, che cioè non interviene in seguito ad un evento specifico, o peggio, sembra legato ad eventi su cui non si ha nessun controllo o responsabilità.
La vergogna, specialmente se legata al senso di colpa, ha comunque un forte potere di resistenza e si conferma in un dialogo interiore mortificante rispetto all’essenza stessa della persona, che finisce per sentirsi un fallimento. Quando la vergogna si insedia diventa tossica e costituisce un pericolo per la salute dell’individuo, che mette spesso in atto strategie di difesa inopportune:
Quando le emozioni ci appaiono sgradevoli tendiamo a fuggire per allontanarci dal dolore; tentiamo di distrarci e a mettere in atto comportamenti di autoindulgenza, che possono indurre la persona a ricorrere all’uso di sostanze psicoattive, all’alcol o anche al cibo, che assume una funzione di consolazione.
Per superare il disagio interiore, al contrario, bisogna incontrarlo: è importante riconoscere i propri pensieri e accendere la luce della consapevolezza sulle emozioni che questi generano; se si osserva l’emozione dolorosa essa perde il suo potere distruttivo ed è possibile lasciarla andare.
La meditazione e le tecniche di respirazione sono gli strumenti di elezione per ristabilire l’armonia tra mente e corpo; consentono di imparare a praticare la consapevolezza e l’autocompassione, di riconoscere l’origine e la qualità delle nostre emozioni, preziosa fonte di informazione su noi stessi.