Lo studio di Inail e Fondazione Policlinico Ca’ Granda ha lo scopo di far emergere i casi di tumori professionali e riconoscere un indennizzo ai soggetti colpiti. Mensi (Medicina del Lavoro) «fondamentale sorveglianza epidemiologica e prevenzione»
Cresce il numero dei casi di tumori professionali, in particolare i naso sinusali di tipo epiteliale: carcinoma a cellule squamose (soprattutto cavità nasali e seni mascellari) e adenocarcinoma intestinale (seno etmoidale). Si tratta di carcinoma raro che colpisce in media il 2-3 percento dei soggetti interessati dal tumore testa collo. Ha una incidenza che si attesta tra lo 0,5 e 1% ogni 100 mila persone e interessa meno dell’1 percento di tutti i tumori. Questo dato è venuto alla luce nell’ambito di uno studio di Inail e Fondazione Policlinico Ca’ Granda di Milano. Presentato a Pisa il 18 aprile, in occasione del Congresso Nazionale di Epidemiologia, il lavoro ha l’intento di alzare il livello di guardia in ambito di prevenzione.
«Si tratta per lo più di soggetti che durante l’attività lavorativa hanno avuto una esposizione a prodotti potenzialmente cancerogeni ancora in uso come legno, cuoio e nichel», rivela a Sanità informazione Carolina Mensi, epidemiologo, responsabile del COR Tumori professionali della Lombardia e coordinatrice del progetto. Per far emergere esposizioni professionali dannose, dunque, Inail e Fondazione Policlinico Ca’ Granda hanno avviato uno studio di sorveglianza epidemiologica nel 2021 che si concluderà a dicembre 2023.
Secondo un vincolo di legge, contenuto nell’articolo 244 del DL 81 del 2008, spetta al COR, centro operativo regionale, tenere aggiornato il registro dei tumori professionali naso sinusali ReNaTuNS. «Si tratta di un diritto che dovrebbe essere garantito a tutti i cittadini, tanto più che dal 2017 la sorveglianza dei tumori professionali è un LEA – spiega Mensi -. Da qui l’esigenza di far emergere anche i casi di esposizioni dannose ancora sconosciuti per attuare una campagna di prevenzione». All’appello lanciato da Carolina Mensi e dalla collega Alessandra Binazzi di Inail hanno risposto tutte le regioni, tranne Valle d’Aosta, Umbria e Campania che ancora non hanno aggiornato il registro dei tumori professionali e dunque non hanno fornito i dati necessari per monitorare il fenomeno e attuare campagne di prevenzione.
Come per il mesotelioma, anche per i tumori naso sinusali è possibile per il paziente, se accertata la correlazione con l’attività professionale, ottenere un indennizzo economico. «È fondamentale dunque capire se e come si è verificata una esposizione a sostanze cancerogene, anche quando la correlazione non appare evidente – aggiunge la coordinatrice del progetto -. I tumori naso sinusali di tipo epiteliale, infatti, a fronte della bassa incidenza nella popolazione in generale, sono le neoplasie con una maggior quota di casi di origine professionale, seconde solo al mesotelioma maligno indotto da esposizione ad amianto».
Per una conoscenza approfondita di ogni caso, al paziente viene sottoposto un questionario conoscitivo per ricostruire tutta la sua attività professionale. Spetta poi al medico del lavoro individuare le possibili correlazioni tra sostanze cancerogene e attività professionale. «Mentre è accertata la correlazione tra amianto e mesotelioma, purtroppo ancora oggi i lavoratori non conoscono gli effetti a lungo termine di una esposizione alle polveri di legno, al cuoio o al nichel. Prodotti che si utilizzano per la produzione di mobili, di parquet, di oggettistica o rivestimenti», fa notare Mensi.
Conoscere i fattori di rischio è essenziale per contenere la diffusione del tumore naso sinusale. Secondo le linee guida di IARC (Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro) le circostanze di esposizione si suddividono in due gruppi. Il primo con evidenza certa di cancerogenicità come polveri di legno, d cuoio, composti di nichel, produzione di alcol isopropilico con metodo forte, fumo di tabacco e radio 226 e 228. Mentre fanno parte del gruppo 2 (con evidenza di associazione limitata): composti del cromo esavalente, formaldeide, lavorazione di tessuti e attività di falegnameria e carpenteria. «Esiste tutto un sommerso da scoprire che riguarda non solo chi svolge un’attività a diretto contatto con legno, cuoio o nichel, ma anche chi li tratta per hobby – aggiunge Mensi -. Ad esempio, chi scartavetra le finestre per tinteggiarle o lavora il cuoio per fare orecchini, o riproduce modellini; in quei casi la migliore protezione è la mascherina».
Secondo gli studi questo tumore ha una sopravvivenza media a cinque anni del cinquanta percento dei soggetti. «È un tumore che spesso recidiva, anche quando il paziente sembra guarito dopo aver fatto cicli di chemio o radioterapia. È molto invalidante più ancora del mesotelioma perché deturpa il viso – sottolinea la coordinatrice dello studio -. Chi viene colpito fa fatica a riconoscere la propria immagine e dunque a socializzare, addirittura a mostrarsi al medico del lavoro. Tendono ad isolarsi».
Sono neoplasie ad elevata frazione eziologica professionale. Grazie alle tecniche endoscopiche oggi gli effetti della terapia chirurgica sono meno invalidanti, ma non per questo meno impattante sulla psiche del paziente. «Si tratta nella maggior parte dei casi di persone anziane che hanno lavorato una vita intera per un’azienda e dunque vivono la malattia anche come un tradimento del datore di lavoro – conclude Mensi -. Questo è un carico emotivo aggiuntivo ed esclusivo dei tumori professionali che va affrontato con specifici percorsi psicoterapeutici, volti a migliorare la qualità della vita dei pazienti».
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