Nuovi posti contrattualizzati ma anche RSA aperte e domiciliarità. Grigoni (Uneba Liguria) «L’organismo di consultazione è la vera sfida per un cambiamento dell’assistenza anziani»
È la Regione più anziana d’Italia e forse anche d’Europa. Ha un tasso di natalità inferiore alla media nazionale, perciò la Liguria è destinata nel 2050 ad essere una grande RSA per l’assistenza anziani. Anche perché, oltre ad un aumento dell’età media della popolazione, è meta preferita dei turisti over 70 per un clima mite tutto l’anno. «E’ sempre più forte, dunque, l’esigenza di strutturare una rete di servizi rivolti alla popolazione anziana, in particolare nell’entroterra», spiega a Sanità informazione Giuseppe Grigoni, direttore del Villaggio del ragazzo, Presidente di Uneba Liguria e vicepresidente nazionale.
«Da tre mesi grazie ad ALISA, la struttura che coordina le ASL territoriali, è stato intensificato il dialogo tra enti gestori e istituzioni – spiega Grigoni -. Questo è un segnale molto importante. Abbiamo ripreso in mano i progetti iniziati prima del Covid ed è emersa la necessita di un ammodernamento del sistema con una maggiore disponibilità di servizi socioassistenziali in regime di contrattualità a favore dei cittadini». Si tratta di soluzioni, oggi insufficienti, il cui costo è calmierato o del tutto assorbito dal Sistema Sanitario Nazionale. Un leitmotiv che rimbalza da una regione all’altra, ma che in Liguria sembra essere arrivato ad una svolta. «Da tempo il numero dei posti contrattualizzati è bloccato – dice il presidente di Uneba Liguria che rappresenta mondo del no profit- , con il piano recentemente licenziato in bozza dalla giunta regionale, invece, è previsto un aumento».
Per la gestione del post acuzie, fino ad oggi anello debole dei servizi, dunque si preannuncia un cambiamento reso possibile dalla nascita di questo organismo di consultazione che ha coinvolto anche il no profit. «Un passaggio dovuto – fa notare Grigoni -, dal momento che dei 13500 posti letto distribuiti in 500 strutture, quasi la metà è gestito da enti del terzo settore, una piccola parte dal pubblico e il restante dal privato». Un presente, ma soprattutto un futuro di confronto e di consultazioni con enti che gestiscono servizi sociosanitari privati che Regione Liguria ha colto e fatto propri.
«Il nuovo piano sociosanitario prevede quegli elementi che riguardano l’intero comparto sanitario, dai posti post acuzie, alle RSA di mantenimento fino alla semi residenzialità – aggiunge il presidente di Uneba Liguria – . Il tema dominante riguarda le post acuzie, perché se negli ospedali si registra ogni giorno una maggiore incidenza di popolazione anziana, significa saturazione di posti letto, tempi di degenza media superiori e di conseguenza liste d’attesa sempre più lunghe». Un problema che il mondo no profit in parte riesce ad assorbire anche con servizi alternativi per l’assistenza anziani.
«Noi siamo a favore della domiciliarità e delle RSA aperte – sottolinea Grigoni -. Da alcuni anni in Liguria abbiamo avviato in tal senso una sperimentazione con alcune strutture che offrono al territorio: ambulatorio medico, assistenza domiciliare integrata o centro diurno». L’esigenza c’è in particolare nell’entroterra della Liguria non facile da raggiungere, dove gli anziani hanno la necessità di rimanere presso il proprio domicilio o di avere strutture in grado di accoglierle vicino alla loro residenza. «L’RSA aperta che abbiamo sperimentato e che va implementata con il supporto della Regione, va proprio in quella direzione».
Tutte le famiglie che si trovano a gestire un anziano nel post acuzie devono fare i conti con l’assistenza post ricovero. «Da circa due anni abbiamo sviluppato il progetto MAC (meglio a casa), che mette a disposizione dell’anziano solo, con necessità di assistenza, una rete di figure professionali a domicilio», dice il presidente di Uneba Liguria. L’iniziativa MAC, condivisa con Regione Liguria prevede che l’ente no profit contrattualizzi l’assistente domiciliare per il paziente e faccia la super visione. Per il primo mese il servizio è gratuito, dopodiché il paziente può decidere se proseguire a sue spese, o scegliere di andare in RSA. «Abbiamo chiesto di allungare il servizio – aggiunge Grigoni – in particolare nell’entroterra, con l’obiettivo di creare dei centri di servizio per attivare questi progetti».
Per una popolazione che invecchia anche la prevenzione gioca un ruolo fondamentale. Per questo Grigoni sottolinea l’importanza di intercettare i bisogni delle persone quando ancora sono di carattere sociale più che socioassistenziale. «Abbiamo pensato di mettere sul territorio delle figure nuove di accompagnamento per le piccole commissione quotidiane. Sono i custodi sociali e i maggiordomi di quartiere che hanno il compito di intercettare i bisogni degli anziani e di colmare i vuoti lasciati dalla solitudine». I custodi sociali e i maggiordomi di quartiere sono figure reclutate da enti del terzo settore, unica skill richiesta l’empatia. «Questo elemento di collegamento tra il sociale e socioassistenziale è la grande sfida del futuro – precisa Grigoni –. Da superare però ci sono degli ostacoli non indifferenti: come la mancanza di risorse e un sistema tariffario che è fermo dal 2012 e dunque profondamente inadeguato».
Formazione e pianificazione rappresentano i due elementi cardini su cui Grigoni si focalizza per immaginare un futuro a misura di anziano. «La professione di operatore sanitario è poco attrattiva e questo è un limite per tutto il sistema. Quindi è importante introdurre nuove figure professionali, come Oss con formazione complementare, un profilo più qualificato dell’operatore sociosanitario che potrà operare nelle strutture. Con urgenza poi è necessario disegnare i criteri di collaborazione tra le varie parti del sistema – conclude – sociale, sociosanitario, privato e no profit».
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