Si terrà il 4 maggio la quindicesima riunione del Comitato di emergenza per il Covid-19, convocata dal direttore generale dell’Organizzazione mondiale della sanità, Tedros Adhanom Ghebreyesus. Un incontro molto atteso e che potrebbe rappresentare un passo decisivo verso la dichiarazione di fine pandemia. Nel frattempo l’Oms ha appena pubblicato un nuovo report, secondo il quale i sistemi sanitari nazionali iniziano a riprendersi dalla pandemia
Si terrà il 4 maggio la quindicesima riunione del Comitato di emergenza per il Covid-19, convocata dal direttore generale dell’Organizzazione mondiale della sanità, Tedros Adhanom Ghebreyesus. Un incontro molto atteso e che potrebbe rappresentare un passo decisivo verso la dichiarazione di fine pandemia. Dopo la riunione, il Comitato di emergenza informerà il direttore generale dell’Oms, indicando se la pandemia di Covid-19 costituisce ancora un’emergenza sanitaria pubblica di interesse internazionale (PHEIC). Il comitato di emergenza indica anche raccomandazioni temporanee all’Oms e ai suoi Stati membri.
«La valutazione che il Comitato di emergenza Covid-19 dell’Organizzazione mondiale della sanità farà il 4 maggio, giovedì, dipenderà dalla situazione mondiale, con particolare riferimento ai dati che provengono dai Paesi con economie in transizione», commenta l’epidemiologo Pier Luigi Lopalco, docente di Igiene all’Università del Salento. In ogni caso, «non cambierà molto per quello che faremo noi in Italia nei prossimi mesi», aggiunge.
Nel frattempo l’Oms ha appena pubblicato un nuovo report, secondo il quale i sistemi sanitari nazionali iniziano a riprendersi dalla pandemia. «La percentuale di servizi interrotti – sostiene l’Oms – è diminuita in media dal 56% nel luglio-settembre 2020 al 23% nel novembre 2022-gennaio 2023». Rudi Eggers, direttore dell’OMS per i servizi sanitari integrati, sottolinea: «È una buona notizia che i sistemi sanitari nella maggior parte dei paesi stiano iniziando a ripristinare i servizi sanitari essenziali per milioni di persone che li hanno persi durante la pandemia. Ma dobbiamo garantire che tutti i paesi continuino a colmare questo divario per recuperare i servizi sanitari e applicare le lezioni apprese per costruire sistemi sanitari più preparati e resilienti per il futuro”.
Nel nuovo report aggiornato un minor numero di paesi ha riferito di aver intenzionalmente ridotto l’accesso a tutte le piattaforme di erogazione dei servizi e alle funzioni essenziali di sanità pubblica, un passo importante per tornare ai livelli pre-pandemia. Entro la fine del 2022, la maggior parte dei paesi ha segnalato segni parziali di ripresa dei servizi, compresi quelli per la salute sessuale, riproduttiva, materna, neonatale, infantile e adolescenziale; nutrizione; immunizzazione; malattie trasmissibili (tra cui malaria, HIV, tubercolosi e altre infezioni a trasmissione sessuale); malattie tropicali trascurate; malattie non trasmissibili; gestione dei disturbi mentali, neurologici e da uso di sostanze; assistenza agli anziani; e cure tradizionali e/o complementari.
Nell’ultimo anno il numero di paesi che hanno segnalato un’interruzione del proprio sistema nazionale si è ridotto passando da quasi la metà (29 su 59 paesi che hanno risposto) a circa un quarto (18 su 66 paesi che hanno risposto). «I paesi stanno anche affrontando un crescente arretrato di servizi – più frequentemente nei servizi per lo screening, la diagnosi e il trattamento delle malattie non trasmissibili – che può portare a conseguenze negative in quanto le persone hanno un accesso ritardato a cure tempestive», dice l’Oms. «Il recupero dell’erogazione dei servizi sanitari essenziali è fondamentale perché le interruzioni – compresi i servizi per la promozione della salute, la prevenzione delle malattie, la diagnosi, il trattamento, la riabilitazione e la palliazione – possono avere effetti negativi sulla salute a livello di popolazione e individuale persino maggiori rispetto alla pandemia stessa, specialmente tra le popolazioni vulnerabili», conclude.
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