Salute, benessere e prevenzione
i consigli quotidiani per vivere meglio.
La Società Italiana di Neonatologia mette a punto una Task Force per promuovere la corretta informazione tra genitori e personale sanitario.
Un’eventualità rara, ma molto pericolosa e spesso fatale, ancora poco conosciuta. Parliamo del collasso neonatale (Sudden Unexpected Postnatal Collapse – SUPC), che colpisce circa 1 neonato su 10mila nati durante la prima settimana di vita (in particolare nelle prime due ore di vita) e che può avere conseguenze drammatiche, da gravi disabilità neurologiche nella maggior parte dei neonati sopravvissuti, fino alla morte che avviene nel 25%-50% dei casi.
Il SUPC si verifica in neonati apparentemente sani, nati a termine o quasi a termine di gravidanza (età gestazionale >35 settimane), senza sofferenza alla nascita (punteggio di Apgar ≥8 a 5 minuti di vita), valutati idonei per le cure neonatali standard. Si tratta di un’improvvisa compromissione cardiocircolatoria e respiratoria, che richiede manovre di rianimazione e può esitare in cure intensive neonatali e, come detto precedentemente, encefalopatia o morte.
Alcuni dei fattori di rischio identificati per questa problematica sono stati identificati e possono essere oggetto di strategie di prevenzione. Per questo motivo, la Società Italiana di Neonatologia (SIN) ha istituito una task force SUPC, coordinata dalla professoressa Alessandra Coscia, a composizione multidisciplinare e multiprofessionale, con lo scopo di aggiornare le indicazioni già disponibili, rafforzare i messaggi e la comunicazione sulle buone pratiche ospedaliere e domiciliari per ridurre il rischio di SUPC, non solo in Sala Parto, ma anche nell’area Rooming-in/Nido, oltre a promuovere un corretto instaurarsi della diade madre-bambino una volta a casa.
«Come per la SIDS, le cause del SUPC non sono note – afferma ai nostri microfoni la professoressa Coscia – ma ci sono dei fattori di rischio. Questi riguardano le modalità di accudimento, come la condivisione del letto tra madre e neonato durante il sonno, le posizioni “potenzialmente asfissianti” del neonato, e in generale la scarsa sorveglianza del neonato da parte della madre e degli altri caregiver o professionisti sanitari, così come l’eccessiva stanchezza materna. Pe ridurre i rischi è molto importante che il neonato, nelle ore successive alla nascita, stia a contatto skin to skin con la madre, accertandosi però che il nasino sia libero di respirare».
«È necessario – spiega Coscia – garantire una stretta sorveglianza del contatto madre-bambino nei primi 10-15 minuti di vita, al fine di confermare, sulla base delle condizioni del neonato, la scelta del contatto pelle a pelle nelle ore successive. Nelle due ore successive, la sorveglianza sarà condotta con una frequenza adeguata e compatibile con il contesto specifico, controllando la corretta posizione del bambino sul torace/addome materno. In qualunque momento le condizioni non ottimali della madre o le condizioni organizzative non consentano di effettuare il contatto pelle a pelle in sicurezza, va considerata la possibilità di interromperlo e di mettere in atto alternative temporanee, come porre il neonato in posizione supina in culla accanto alla madre, o coinvolgere il caregiver. In questi casi risulta ancora più importante il ruolo di personale sanitario del punto nascita, che deve avere una formazione specifica ed essere in grado di sorvegliare e supportare la relazione tra la mamma e il suo neonato».
«Per quanto riguarda la comunicazione – prosegue la professoressa Coscia – le informazioni dovrebbero essere offerte ai genitori già nel periodo prenatale e riproposte durante il ricovero per il parto, discutendo con gli stessi sulle modalità di accudimento del neonato. Senza fare terrorismo psicologico circa la SUPC, che resta per fortuna una eventualità molto rara, ma comunicando efficacemente e rafforzando quei messaggi che da un lato promuovono la riduzione del rischio, e dall’altro aiutano l’instaurarsi di una corretta interazione madre-neonato, alla base di quei processi di adattamento alla vita extrauterina fondamentali per il benessere ed uno sviluppo sano del piccolo. Per quanto riguarda la gestione e la sorveglianza, i professionisti sanitari, adeguatamente formati, devono garantire un sistema di controlli della diade madre-neonato – conclude – volti a identificare lo stato di benessere del piccolo, della madre e a correggere comportamenti a rischio».
Iscriviti alla Newsletter di Sanità Informazione per rimanere sempre aggiornato