I presidenti del Congresso: «Momento di raccordo tra i traguardi raggiunti e le nuove sfide che per il futuro»
«Questo Congresso vuole essere un momento di raccordo tra i traguardi raggiunti fino ad oggi e le nuove sfide che dobbiamo porci per il futuro per il benessere dei nostri pazienti. L’evoluzione dell’oncologia, grazie ai progressi della ricerca, della diagnostica e delle terapie, ha fatto aumentare in modo esponenziale il numero di pazienti guariti o con malattia cronicizzata che oggi hanno bisogno di assistenza che, a seconda delle diverse fasi della malattia, si differenzi nei tempi, nei modi e nei luoghi di cura».
Così Carlo Aschele, Monica Giordano e Luigi Cavanna, Presidenti del XXVII Congresso Nazionale CIPOMO, il Collegio Italiano dei Primari Oncologi Medici Ospedalieri, dal titolo “L’Oncologia tra i successi di oggi e i traguardi di domani” che si inaugura oggi a La Spezia. Carlo Aschele è anche Direttore Dipartimento Oncologico ASL 5 Liguria (La Spezia) e Consigliere Nazionale CIPOMO, Monica Giordano è Direttore SC Oncologia Ospedale Sant’Anna (Como) e Segretario Nazionale Cipomo, Luigi Cavanna è l’attuale Presidente CIPOMO.
L’appuntamento testimonia inoltre ancora una volta l’impegno degli oncologi perché aumenti la qualità dell’assistenza a 360 gradi: «I nuovi farmaci continuano a dare sempre maggiori opportunità di cura. Ma la complessità dei trattamenti – specifica Aschele – richiede competenze specialistiche e iper-specialistiche sempre più raffinate, gestione rapida dei possibili effetti collaterali, anche con posti di degenza dedicati, capacità decisionali e tempismo. Inoltre, l’aumento dei tassi di cronicizzazione e guarigione moltiplica il numero dei controlli da eseguire e rende difficile concentrare tutte le attività all’interno degli ospedali. Oggi è quindi fondamentale che i professionisti siano preparati anche sul piano organizzativo, umano e relazionale».
Il rapporto medico-paziente, la valorizzazione della fragilità e l’umanizzazione delle cure saranno infatti al centro del Congresso perché “distanza” e “lacune comunicative” scoraggiano pazienti e caregivers: «L’assenza di empatia provoca disorientamento e spesso mancanza di aderenza alle terapie con successivo aggravamento delle condizioni del paziente e compromette potenzialmente anche le possibilità di trattamento» commenta Monica Giordano.
Alla grande soddisfazione per i progressi medico-scientifici che garantiscono ai pazienti un aumento dell’aspettativa e della qualità di vita si affianca l’esigenza di rimodulare l’organizzazione dell’offerta sanitaria oncologica tra i vari setting assistenziali oggi disponibili: «Nel continuum del percorso oncologico, segnato da una alternanza di fasi di ‘acuzie’ e di ‘stabilità’ (cronicità) – sottolinea Luigi Cavanna, Presidente CIPOMO – è necessario coniugare attività iper specialistiche in ambito ospedaliero con attività a minore intensità assistenziale offerte sul territorio in prossimità del domicilio del paziente, inquadrate in una programmazione terapeutica senza soluzione di continuità con l’ospedale. Per questo ci stiamo adoperando per favorire non solo l’integrazione tra ospedale e territorio ma anche la cooperazione con IRCCS, Università e associazioni dei pazienti, per sostenere la ricerca clinica diffusa nei territori ove si curano i malati e per rispondere al meglio ai loro bisogni. Una delle sessioni del Congresso infatti è dedicata al primo incontro con i rappresentanti della FAVO».
Sul piano clinico, sono numerosissime le novità: «Fondamentalmente i trattamenti diventano sempre più smart – spiega il Presidente Aschele – per questo abbiamo voluto dedicare a questo tema una sessione ad hoc. Per esempio, le chemioterapie precauzionali che permettono, in molti pazienti, di ridurre le ricadute dopo l’asportazione chirurgica di un tumore – ma con il grosso limite di essere applicate empiricamente solo sulla base di un calcolo statistico del rischio di recidiva – potrebbero essere indirizzate in modo mirato ai pazienti che hanno residui microscopici di malattia dopo l’intervento chirurgico, sfruttando tecniche che consentono oggi di misurare il DNA tumorale circolante con un esame del sangue (biopsia liquida) come ‘spia’ della effettiva presenza di malattia residua. Questo non solo eviterebbe possibili effetti collaterali su pazienti completamente guariti (anche a livello molecolare) già con il solo intervento chirurgico, ma potrebbe potenzialmente aumentare l’efficacia delle terapie stesse. Anche la scelta della terapia per i pazienti metastatici – aggiunge – non dipende più solo dai risultati istologici ma anche e soprattutto dalla carta di identità molecolare del tumore, con conseguenti eclatanti miglioramenti in fatto di efficacia e di riduzione della tossicità».
I nuovi farmaci, nell’ultimo anno, hanno rivoluzionato il trattamento delle neoplasie gastrointestinali, del polmone, rene, prostata, del distretto testa-collo e quelle femminili, dal tumore alla mammella a quello di endometrio, cervice uterina e ovario, come conferma Monica Giordano: «Grazie ai progressi della ricerca, sono stati ottenuti risultati straordinari in tutte le principali neoplasie solide: ad esempio, nei tumori con un difetto genetico dei meccanismi di riparazione del DNA, con un trattamento immunoterapico di pochi mesi si può ottenere una completa regressione di tumori altrimenti incurabili o curabili solo con interventi chirurgici demolitivi, abbinati a radio e chemioterapia. Ciò rende necessario che tutti i pazienti sul territorio nazionale abbiano pari opportunità di accesso a diagnostiche innovative anche di tipo molecolare – che aprono le porte a questi trattamenti – e che gli oncologi abbiano le competenze, la sensibilità e la motivazione per implementarle». «Le nuove opportunità di cura rendono infine ancora più importanti la tempestività della diagnosi e dell’accesso a percorsi di presa in carico multidisciplinare su tutto il territorio nazionale, anche per pazienti con malattia avanzata, per non perdere le chances di trarre beneficio dai trattamenti oggi disponibili» conclude Carlo Aschele.
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