Latella (Cittadinanzattiva Campania): «Le strutture private convenzionate dispongono di specifici budget mensili per erogare prestazioni in convenzione con il SSR. Esaurita questa somma, bisognerà attendere l’inizio del mese successivo per poterne usufruire nuovamente»
È molto probabile che, trovandosi a passare davanti ad una struttura sanitaria privata convenzionata in Campania, il primo giorno del mese, si noterà un’insolita fila di persone che, pazientemente, attendono il proprio turno. È altrettanto probabile che la stessa scena si ripeterà all’indomani e nei quattro, cinque giorni successivi. Ad una settimana dall’inizio del mese, poi, quella stessa struttura apparirà deserta, o quasi. In fila ci saranno soltanto coloro che le prestazioni possono pagarsele di tasca propria. Perché? «La Regione Campania, con apposita delibera, ha introdotto un tetto di struttura per ogni singola branca di specialistica ambulatoriale – spiega Lorenzo Latella, segretario di Cittadinanzattiva Campania, ai microfoni di Sanità Informazione -. Questo significa che le strutture private convenzionate dispongono di specifici budget mensili per erogare prestazioni in convenzione con il SSR. Esaurita questa somma, di solito non oltre la prima settimana di ogni mese, bisognerà attendere l’inizio di quello successivo per poter usufruire nuovamente del budget messo a disposizione dalla Sanità Pubblica».
Risultato? Le liste di attesa continuano inesorabilmente ad allungarsi. «In Campania l’85% delle prestazioni sanitarie pubbliche sono erogate da strutture private convenzionate. E se queste riescono a lavorare in convezione non più di cinque giorni al mese, le conseguenze sono facilmente immaginabili», aggiunge il segretario di Cittadinanzattiva Campania.
A questo punto della storia, una domanda sorge spontanea: perché il SSR della Campania riesce a rispondere solo al 15% dei bisogni di salute dei cittadini? «Per far funzionare bene le nostre strutture sanitarie pubbliche ci vorrebbe molto più personale: in Campania mancano 15 mila operatori sanitari», denuncia Latella.
Nei pronto soccorso non va meglio. «Nel reparto di emergenza-urgenza dell’Ospedale San Giovanni di Dio e Ruggi D’Aragona di Salerno – racconta Domenico Bianchi, delegato di Cittadinanzattiva della città – sono impiegati 8 operatori a fronte di un’esigenza stimabile intorno alle 20 unità. La situazione già drammatica, peggiorerà ulteriormente con l’arrivo della stagione estiva e l’assalto dei turisti».
Proseguendo verso Sud, lungo lo Stivale, la situazione non migliora. Anche in Puglia il personale impiegato nei pronto soccorso è ridotto ai minimi termini e i reparti ospedalieri sono poveri di personale specialistico.
«I cittadini pugliesi sono così costretti a migrare in altre regioni per curarsi, creando un ulteriore aggravio per le casse del SSR ed anche per le famiglie dei pazienti costretti a pagarsi trasferta, vitto e alloggio mettendo mano al portafogli, racconta Matteo Valentino, segretario di Cittadinanzattiva Puglia -. Le liste di attesa, per qualsiasi specialità, non vanno al di sotto dei sette, otto mesi».
In Campania, invece, in tema di migrazione sanitaria si registrano i primi progressi: «Fino a qualche anno fa, prima dell’esplosione della pandemia da Covid-19, la Campania spendeva oltre 370 milioni di euro coprire le spese di chi andava a curarsi fuori regione. Oggi siamo ad oltre 180 milioni. Una cifra in ribasso, ma decisamente ancora alta, che testimonia la necessità di migliorare l’assistenza sanitaria regionale sia in termini di qualità che – conclude Latella – di quantità».
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