Ogni anno solo in Italia si ammalano 130 bambini di neuroblastoma. Oggi uno su due si salva ma la ricerca punta sulla medicina personalizzata e di precisione per migliorare la sopravvivenza
Un bambino con l’imbuto è il simbolo che contraddistingue l’associazione italiana per la lotta al neuroblastoma che quest’anno compie trent’anni di attività. Un’immagine gioiosa, a dispetto di un tumore raro e particolarmente aggressivo che ancora oggi colpisce 15 mila bambini al mondo ogni anno. Rappresenta il 10 % di tutti i tumori pediatrici ed è il più frequente nei primi cinque anni di vita del bambino. Eppure, in trent’anni di attività, tanti passi avanti sono stati fatti grazie alla scienza e alla generosità dei genitori. In tanti hanno alimentato con donazioni la ricerca per regalare un futuro migliore ai piccoli pazienti colpiti da questo raro tumore infantile.
In Italia sono circa 130 i bambini e gli adolescenti a cui ogni anno viene diagnosticato questo carcinoma. Una patologia che interessa i neuroblasti, una serie di fasci neuronali diffusi in tutto il corpo (collo, ghiandole surrenali, torace, colonna vertebrale) e che controllano alcune funzioni involontarie come la respirazione, la digestione o il battito cardiaco. La maggior parte dei casi di neuroblastoma si manifesta a livello delle ghiandole surrenali, o nei gangli nervosi presenti nell’addome. Non ci sono differenze tra maschi e femmine, mentre ha una maggiore incidenza nel primo anno di vita.
In trent’anni di attività l’associazione italiana per la lotta al neuroblastoma, che ha sede all’interno dell’Ospedale Gaslini di Genova, ha raccolto 30 milioni di euro destinati alla Fondazione Italiana per la Lotta al Neuroblastoma, che dell’associazione rappresenta il ramo scientifico. Un impegno che, nel tempo, ha significato una migliore aspettativa di vita. «Rispetto agli anni ’80 quando la sopravvivenza a cinque anni era del 40%, oggi è superiore al 70%», dichiara Massimo Conte, Vicepresidente dell’Associazione Italiana per la lotta al Neuroblastoma, coordinatore del Gruppo Italiano per la Lotta al Neuroblastoma per AIEOP (Associazione Italiana Ematologia Oncologia Pediatrica) e pediatra dell’Unità operativa complessa di oncologia pediatrica dell’Istituto Gaslini di Genova. «Anche nelle forme metastatiche che sono le più diffuse – prosegue – la sopravvivenza a cinque anni oggi è del 45%, mentre era del 20% negli anni ’80. Questo significa che oggi un bambino su due può guarire. Un risultato incoraggiante che deve essere ancora migliorato».
Il neuroblastoma è considerato un insieme di tumori in quanto racchiude le caratteristiche genetiche di quasi tutti i tumori solidi dell’infanzia. Quindi trovare la cura per il neuroblastoma significa trovare una soluzione a diversi altri tipi di tumori infantili. La ricerca ha individuato la presenza di geni specifici nelle forme più aggressive: il gene MYCN alterato, responsabile di una prognosi molto sfavorevole e il gene ALK presente nei bambini malati. Questi risultati hanno permesso agli studiosi di individuare farmaci inibitori dell’attività di questi geni. «La strada da seguire è l’immunoterapia – riprende Conte – per migliorare la risposta immunitaria al tumore. Ma non è tutto, si fa leva sulla medicina personalizzata con l’obiettivo di cure sempre più su misura per ogni bambino e si guarda alla medicina di precisione per intervenire in modo più mirato sulle cellule malate e salvaguardare quelle sane». Tutto ciò presuppone un grande impegno della ricerca e una partecipazione dei genitori dei piccoli pazienti che in ogni parte d’Italia si adoperano per la raccolta fondi in una logica di rete e condivisione.
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