La “medicina” più utilizzata dagli adolescenti è il digitale. Uno su due ha già avuto almeno un attacco di panico. A rivelarlo una ricerca condotta da Skuola.net e l’Associazione Nazionale Di.Te. (Dipendenze tecnologiche, GAP, Cyberbullismo)
Qual è la “medicina” più utilizzata dagli adolescenti? Il digitale. Ben sette su 10 tendono a rinunciare alla socialità rifugiandosi nel mondo virtuale. A rivelarlo è una ricerca condotta da Skuola.net e l’Associazione Nazionale Di.Te. (Dipendenze tecnologiche, GAP, Cyberbullismo). Anche i giovanissimi, infatti, specialmente dal post pandemia in poi, sono sempre meno abituati a confrontarsi con il contesto sociale che li circonda. Oltre la metà si sente a disagio nel frequentare situazioni collettive, come a scuola. I due terzi temono di doversi misurare con voti e valutazioni. Spesso, poi, lo stress si trasferisce dalla mente al fisico: disturbi alimentari e del sonno, calo dell’attenzione, reazioni incontrollate le manifestazioni più diffuse.
Sei adolescenti su 10 sostengono di soffrire di una qualche forma di disagio dovuto proprio al contesto in cui vivono. Oltre la metà (57%) sente una forma di ansia sociale in situazioni in cui sono presenti molte persone. Se si è chiamati a partecipare attivamente, il dato sale al 61%. Il 56% si sente preoccupato o timoroso quando si trova al centro dell’attenzione di compagni o insegnanti. Il 67% vive male voti e giudizi scolastici. Circa un terzo (34%) quando è a scuola sente di voler scappare via e per uno su 10 questa sensazione è costante. Il 52% ha raccontato di aver avuto almeno un attacco di panico. Oltre sei su 10 fanno fatica ad addormentarsi. Al 42%, invece, capita spesso (o sempre) di mangiare molto poco o di non avere fame. Il 50%, al contrario, tende a rifugiarsi nel cibo senza percepire il senso di sazietà.
Il 70% molto spesso, o addirittura sempre, preferisce rinunciare del tutto allo studio per dedicarsi ad attività virtuali. Il 64% si immerge spesso o sempre in videogames, social o serie tv per “non sentire” e “non pensare”. Continua a crescere il numero di coloro che sono alle prese con un malessere provocato dal “dover dimostrare qualcosa” agli altri. Oltre sei giovanissimi su 10, infatti, sostengono di soffrire di una qualche forma di disagio dovuto proprio al contesto in cui vivono. Da cui poi scaturiscono attacchi di panico, alterazione delle abitudini alimentari e del ritmo sonno-veglia, difficoltà di concentrazione nello studio e così via. Un terreno fertile su cui proliferano irrequietezza, solitudine, rabbia verso sé o verso gli altri, con la conseguente necessità di “anestetizzarsi” per non pensare: fuga nel digitale – tra videogiochi, film, serie tv e social media – ma anche gesti estremi e ricorso a qualsiasi cosa permetta di staccare la spina almeno per un po’.
I dati sono frutto di una ricerca condotta su un campione di 3.062 ragazze e ragazzi tra gli 11 e 19 anni. Per oltre la metà (57%) il momento più complicato, quello in cui l’ansia esce allo scoperto, è quello in cui ci si deve confrontare con gli altri. Molte persone hanno ammesso di sentire spesso, se non sempre, un senso di turbamento. Ancora peggio se si è chiamati a partecipare attivamente: in questo caso il dato sale al 61%. Ecco perché quasi tutti quelli che percepiscono questo tipo di disagio (50% del campione totale) finiscono puntualmente per evitare di partecipare a questi momenti “collettivi”.
Ovviamente la scuola, luogo del confronto per eccellenza per gli adolescenti, non fa eccezione. E’ ben il 56% che sostiene di essere preoccupato o timoroso quando si trova al centro dell’attenzione di compagni o insegnanti, come ad esempio nel caso delle interrogazioni e dei dibattiti in classe. Ancora di più (67%) vivono particolarmente male il fatto di doversi misurare con voti e giudizi. Per questo, circa un terzo (34%), quando è a scuola il più delle volte vorrebbe scappare via. Per uno su 10 questa sensazione è costante. Per quasi due intervistati su cinque, poi, il malessere si trasferisce dal piano mentale a quello fisico. Perché i ragazzi di oggi, forse più di chi li ha preceduti, anziché “scaricare a terra” tutto questo carico d’ansia ed esternarlo, somatizzano tantissimo. A tre adolescenti su quattro capita di sentirsi spesso o sempre molto arrabbiati con sé stessi, al 57% si essere molto arrabbiati con gli altri. Il 63% degli adolescenti, invece, è frequentemente in preda alla solitudine, la stessa percentuale (63%) si fa attanagliare spessissimo dalla tristezza. Mentre il 55% ammette di provare spesso o sempre un senso di irrequietezza. Un turbine di emozioni negative che, nei casi più gravi, si tramuta in veri e propri attacchi di panico: il 52% ha raccontato di averne avuto almeno uno. Al 39% gli è capitato mentre si trovava a scuola o nel tragitto casa-scuola, al 31% poco prima di partecipare a una situazione sociale.
Ma il senso di disagio ha effetti negativi anche sulle abitudini quotidiane. Oltre sei su 10, tra gli intervistati, hanno raccontato che spesso e volentieri fanno fatica ad addormentarsi la sera. Oppure di sentirsi molto stanchi anche quando dormono il giusto. Al 42%, invece, capita spesso (o sempre) di mangiare molto poco o di non avere fame. Il 50%, al contrario, tende a rifugiarsi nel cibo senza percepire il senso di sazietà. L’equilibrio, dunque, è un privilegio per pochi. Ancora una volta, gli impegni scolastici non sono esenti. Anzi, in quelle occasioni lo stravolgimento si amplifica. L’82% degli adolescenti raggiunti dall’indagine ha dichiarato che spesso o sempre non riesce a concentrarsi a dovere nello studio e, per questo, di non riuscire a portare a termine i compiti che gli vengono assegnati. All’84%, invece, capita di avere la sensazione che il tempo a sua disposizione per studiare sia il più delle volte insufficiente. Una delle conseguenze di un tale approccio, è che il 70% molto spesso o addirittura sempre preferisce rinunciare del tutto allo studio per dedicarsi ad attività virtuali. La “fuga nel digitale” è, infatti, un espediente molto adottato dagli adolescenti per smarcarsi da un realtà che gli provoca malessere. Non solo sei si tratta di dover studiare. Il 64% si immerge spesso o sempre in videogames, social o serie tv per “non sentire” e “non pensare”.
«Ancora una volta – sottolinea Giuseppe Lavenia, psicologo e psicoterapeuta, Presidente dell’ Associazione Nazionale Dipendenze Tecnologiche, GAP e Cyberbullismo “Di.Te” – i dati ci raccontano di quanto la salute mentale dei giovani sia in un momento di criticità. E il contesto scolastico, che dovrebbe essere un ambiente di apprendimento e crescita, sembra purtroppo contribuire a questo malessere. È essenziale adottare un approccio che promuova l’inclusione e la resilienza, evitando di utilizzare sistemi di valutazione che mettano in discussione l’autostima degli studenti. È necessario fornire un feedback costruttivo e non distruttivo, che possa aiutare gli adolescenti a sviluppare una visione equilibrata di sé stessi e delle proprie capacità. È evidente che sia fondamentale intervenire a vari livelli per affrontare questa situazione. Gli adolescenti hanno bisogno di supporto emotivo, di opportunità per esprimere le proprie emozioni e di spazi sicuri in cui poter affrontare le sfide sociali. È fondamentale coinvolgere i professionisti della salute mentale e dell’istruzione per creare un ambiente che favorisca sia la crescita cognitiva che quella emotiva. La scuola – conclude lo specialista – non è solo didattica e apprendimento ma in primis uno spazio relazionale».
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