Anziani sempre più malati cronici. Cresce il numero di non autosufficienti nelle RSA dove la permanenza media scende a tre mesi. Per sopperire alla mancanza di Oss, nasce un tavolo di lavoro tra Regione Veneto e Uneba per reclutarli dall’estero con un unico visto di formazione e lavoro
Cresce il numero degli anziani residenti in Veneto che necessitano di assistenza. Secondo le stime della Regione i non autosufficienti a fine 2022 erano 30.753, mentre gli over 65 seguiti a domicilio con ADI 137.466. L’assistenza domiciliare integrata è il servizio gratuito realizzato dall’Asl a domicilio con l’ausilio di medici, fisioterapisti, psicologi, farmacisti, infermieri e operatori sociosanitari. «Numeri destinati a crescere nei prossimi decenni. Oggi sono oltre 200 mila gli anziani che hanno bisogno di assistenza mentre i posti letto nelle RSA sono 33 mila e nei prossimi anni arriveranno a 300 mila», fa notare a Sanità Informazione Francesco Facci, Presidente di Uneba Veneto, all’indomani dell’incontro tra Uneba Veneto e Regione per analizzare il mondo degli anziani e definire le nuove linee di programmazione per far fronte ai loro bisogni.
Il lockdown e la necessità di mantenere le distanze durante il Covid ha fatto sì che molti anziani anche gravi rimanessero a casa, soli. «La pandemia ha messo in luce due criticità: da un lato un aumento del numero dei cronici tra gli anziani e dall’altra la crescente difficoltà di reperire sul mercato del lavoro personale afferente alla sfera sociosanitaria», spiega il Presidente di Uneba Veneto. Ad aggravare ancor più la situazione oggi un numero non più sufficiente di RSA, che per molto tempo hanno fatto anche da parafulmine alla sanità pubblica, andando a sopperire alle carenze degli ospedali per i lungo degenti., ma che oggi non bastano più. «Dopo il Covid è aumentata anche la mortalità (faccio l’esempio del Centro Servizi per Anziani che ha circa 200 posti: siamo passati da una media di 80 decessi all’anno prima del Covid, a 160 all’anno oggi). Prima la permanenza media di un anziano in RSA era di un anno e mezzo oggi è di tre mesi. Siamo in grande difficoltà sia per quanto riguarda gli infermieri, ma soprattutto per gli operatori sociosanitari», puntualizza Facci.
Sarà un caso, o perché il sistema produttivo in Veneto funziona, sta di fatto che le criticità lì si avvertono prima. Un sentore che poi a cascata si diffonde in tutto il resto del Paese. Lo sanno bene imprenditori, dirigenti e associazioni. Un paradigma a cui non si sottrae neppure il mondo sociosanitario impegnato nella gestione degli anziani. «Si tratta di un sistema che riguarda tutti gli ambiti produttivi, non solo la sanità – afferma Facci –, perché in Europa mancano cento milioni di lavoratori nel sistema produttivo, mentre più in generale la popolazione mondiale è aumentata di due miliardi. Questo significa necessità di reperire forza lavoro in altri paesi, compresi gli operatori sociosanitari. Quindi il nostro compito è di costruire rapporti virtuosi con altre comunità già presenti in Italia, in modo tale da garantire l’integrazione. Come? Per cominciare facendo studiare la lingua a chi desidera lavorare come OSS in Italia. Un sistema già in vigore in altri paesi europei, come la Germania che ha consolidato una partnership con il Vietnam per cui nell’ultimo anno alla scuola di infermieri in Vietnam si studia il tedesco».
In questo nuovo schema più aperto verso il mercato internazionale, dunque, l’RSA può diventare il perno del sistema di assistenza agli anziani, anche a domicilio. «Con la logica di RSA aperta – prosegue – tutto può migliorare e noi come associazione stiamo proprio lavorando in quella direzione perché siamo presenti 7 giorni su 7 e 24 ore al giorno, con personale che si occupa di ogni aspetto: dalla somministrazione dei pasti, alle iniezioni, dalla fisioterapia, alle terapie». Oltre alla formazione complementare agli OSS già in atto con Regione Veneto; a breve sarà istituito un tavolo di lavoro per studiare una formula tale da poter importare risorse dall’estero, formarle e poi farle subito lavorare».
Brasile, Argentina, Cile e Paraguay sono i paesi candidati a fornire le risorse al settore sociosanitario veneto per i prossimi dieci anni. Questo è quanto auspica Francesco Facci: «Come Uneba stiamo cercando di organizzare un reclutamento massivo dal Sud America di infermieri tecnici, simili ai nostri OSS». Un impegno per il quale Regione Veneto e Uneba stanno cercando di dare corso applicando il decreto Cutro (decreto legge 20/2023) secondo il quale è possibile accogliere una persona con un permesso di studio e poi trasformarlo in permesso di lavoro, a prescindere dai flussi migratori. «Fino ad oggi, chi ottiene un permesso di soggiorno per studio, dopo il diploma, deve tornare nel paese di origine e richiedere un nuovo permesso, questa volta di lavoro, per essere assunto poi in Italia. Noi vogliamo superare questo limite», conclude il Presidente di Uneba Veneto.
Iscriviti alla Newsletter di Sanità Informazione per rimanere sempre aggiornato