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La dieta chetogenica a bassissimo contenuto calorico (very low calorie ketogenic diet) è stata proposta come una strategia nutrizionale per la gestione dell’obesità. Vediamo come funziona
La dieta chetogenica a bassissimo contenuto calorico (very low calorie ketogenic diet, VLCKD) è stata proposta come una strategia nutrizionale per la gestione dell’obesità. Considerata la prevalenza della malattia, le linee guida prodotte dall’Obesity Management Task Force (OMTF) della European Association for the Study of Obesity (EASO) possono costituire un documento utile nella pratica clinica. Lo scopo di queste linee guida è suggerire un protocollo comune per la VLCKD e fornire dati sui suoi effetti su perdita di peso, composizione corporea e profili glicemico e lipidico.
La VLCKD viene spiegata nel corso di formazione “Tutto sul metabolismo glucolipidico: diabete, obesità e dislipidemia”, presente sulla piattaforma Consulcesi Club (responsabile scientifico dott.ssa Irene Samperi, 30 crediti ECM). Si tratta soltanto di uno tra i tantissimi temi che riguardano il metabolismo glucolipidico contenuti nel materiale didattico proposto: dalle complicanze del diabete mellito agli strumenti tecnologici per la sua gestione fino ad arrivare al trattamento della dislipidemia e prevenzione delle malattie cardiovascolari.
La dieta chetogenica a bassissimo contenuto calorico ha le seguenti caratteristiche:
◾ Basso contenuto di carboidrati: 30-50 g/die, 13% dell’apporto energetico totale. La riduzione dell’assunzione di carboidrati <50 g/die porta alla sintesi di chetoni;
◾ Relativo aumento dei grassi: 15-30 g/die, 44% dell’apporto energetico totale;
◾ Relativo aumento delle proteine: 1-1,5 g/kg di peso corporeo ideale/die, 43% dell’apporto energetico totale;
◾ Apporto calorico totale: circa 500-800 kcal/die.
Il protocollo VLCKD suggerito in questo corso include proteine ad alto valore biologico (provenienti da latte, piselli, siero di latte e soia), pasti artificiali e alimenti naturali. Ogni pasto artificiale include tipicamente 18 grammi di proteine, 4 di carboidrati e 3 di grassi (principalmente oli vegetali alto-oleici) e fornisce circa 100-150 kcal. Il protocollo proposto è, inoltre, caratterizzato da tre periodi: attivo, reintroduzione/rieducazione e mantenimento.
Si tratta di una dieta ipocalorica (600-800 kcal/die), caratterizzata da basse quantità di carboidrati (<50 g/die), verdure e lipidi. La quantità di proteine ad alto valore biologico varia tra 1 e 1,5 g/kg di peso corporeo ideale. Il periodo attivo dura di solito otto-dodici settimane, fino a quando i soggetti non raggiungono circa l’80% del calo ponderale previsto. Questo periodo è ulteriormente suddiviso in tre fasi chetogeniche:
fase 1: i pazienti assumono quattro-cinque volte al giorno pasti proteici artificiali ad alto valore biologico, con verdure a basso indice glicemico;
fase 2: una delle porzioni proteiche artificiali viene sostituita da un pasto proteico naturale (come carne, uova e pesce) a pranzo o a cena;
fase 3: una seconda porzione di proteine naturali può sostituire la seconda porzione di proteine artificiali.
È indispensabile assumere in questo periodo integratori con micronutrienti (vitamine e minerali, come potassio, sodio, magnesio, calcio e acidi grassi omega3).
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Dopo il periodo attivo, i pazienti devono reintrodurre in maniera progressiva diversi gruppi di alimenti e nel frattempo prendono parte a un programma di rieducazione nutrizionale per mantenere la perdita di peso a lungo termine. I carboidrati vengono gradualmente reintrodotti secondo il seguente ordine:
fase 4: alimenti con indice glicemico più basso (frutta e latticini);
fase 5: alimenti con indice glicemico moderato (legumi);
fase 6: alimenti con indice glicemico alto (pane, pasta e cereali).
L’apporto calorico nelle fasi 4-6 varia tra 800 e 1500 kcal/die.
Dopo il periodo di reintroduzione e rieducazione, c’è un periodo di mantenimento, che include un programma nutrizionale che varia, a seconda del soggetto, da 1500 a 2000 kcal/die. Gli scopi principali di questo periodo sono il mantenimento della perdita di peso a lungo termine e la promozione di uno stile di vita sano.
Per quanto riguarda la fase del monitoraggio, si consiglia un adeguato apporto di acqua (almeno 2 litri al giorno) e conferma dello stato di chetosi nelle fasi attive attraverso il rilievo della chetonuria. Per prevenire effetti collaterali e valutare l’efficacia della dieta chetogenica a bassissimo contenuto calorico, si suggerisce di effettuare un monitoraggio periodico attraverso l’esame obiettivo del paziente e la valutazione basale di esami di laboratorio (emocromo, funzionalità epatica, renale e tiroidea, elettroliti, vitamina D, glicemia, insulina e profilo lipidico). Alcuni di questi parametri devono essere rivalutati nel corso delle varie fasi, secondo un timing predefinito sino al termine del trattamento.
La dieta chetogenica a bassissimo contenuto calorico è associata a:
◾ significativa riduzione del peso corporeo e del BMI a uno, due, quattro-sei, dodici e ventiquattro mesi;
◾ calo ponderale maggiore rispetto ad altre diete della stessa durata e con contenuto energetico diverso;
◾ significativa riduzione della circonferenza vita, espressione del grasso viscerale e della massa grassa, significativamente maggiore di quella ottenuta con altri interventi dimagranti della stessa durata. Tuttavia, la riduzione della massa magra dopo la dieta chetogenica a bassissimo contenuto calorico non è significativamente diversa da quella ottenuta con altri interventi ipocalorici, il che significa che non ha un effetto migliore nella conservazione della massa magra;
◾ riduzione significativa di glicemia, HbA1c e colesterolo LDL, senza superiorità rispetto ad altri tipi di interventi dimagranti, e di trigliceridi, maggiore rispetto ad altre diete;
◾ riduzione dell’indice HOMA2-IR e conseguente miglioramento della sensibilità insulinica, superiore rispetto ad altri trattamenti nutrizionali.
Le controindicazioni assolute sono: diabete mellito di tipo 1; diabete autoimmune latente negli adulti; insufficiente secrezione di peptide C nel diabete mellito di tipo 2; uso di SGLT2i; gravidanza e allattamento; insufficienza renale grave; insufficienza epatica; insufficienza cardiaca (NYHA III-IV); insufficienza respiratoria; recente ictus o infarto miocardico; aritmie cardiache; disturbi del comportamento alimentare e altre gravi malattie mentali; abuso di alcol e sostanze; infezioni attive gravi; anziani fragili; quarantotto ore prima di un intervento chirurgico elettivo o procedure invasive; periodo perioperatorio; rari disturbi enzimatici.
Per quanto riguarda gli effetti collaterali, nei primissimi giorni del trattamento vengono riportati secchezza delle fauci, cefalea, ipoglicemia transitoria (di solito clinicamente lieve e non associata a sintomi). Nausea, diarrea e stipsi sono tra gli effetti collaterali gastrointestinali più comuni, anche se poco frequenti. Molto più rari invece iperuricemia, urolitiasi e colelitiasi
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