I tempi di attesa per le prestazioni sanitarie costituiscono una delle principali criticità del Servizio sanitario nazionale con cui cittadini e pazienti si scontrano quotidianamente, subendo gravi disagi (necessità di ricorrere alle strutture private, migrazione sanitaria, aumento della spesa out-of-pocket, impoverimento), sino alla rinuncia alle cure con pesanti conseguenze sulla salute. Secondo la Fondazione Gimbe, […]
I tempi di attesa per le prestazioni sanitarie costituiscono una delle principali criticità del Servizio sanitario nazionale con cui cittadini e pazienti si scontrano quotidianamente, subendo gravi disagi (necessità di ricorrere alle strutture private, migrazione sanitaria, aumento della spesa out-of-pocket, impoverimento), sino alla rinuncia alle cure con pesanti conseguenze sulla salute. Secondo la Fondazione Gimbe, che ha analizzato i dati del ministero della Salute, “nel 2022 è stato recuperato solo il 65% delle liste d’attesa saltate per la pandemia Covid”.
“Dei 20,3 milioni di prestazioni arretrate, nel 2022 complessivamente ne sono state recuperate poco meno di due su tre, ovvero il 65% – precisa il presidente della Fondazione Gimbe, Nino Cartabellotta – e nessuna Regione ha raggiunto per tutte le prestazioni le quote di recupero previste dai Por, il Piano operativo regionale”. Secondo il report Gimbe, “i risultati evidenziano un’ampia variabilità nei livelli di performance sia tra le varie Regioni, sia all’interno della stessa regione tra differenti tipologie di prestazioni”. Al fine di fornire un quadro complessivo sulla capacità di recupero delle singole Regioni, è stata calcolata la percentuale totale di prestazioni recuperate sul totale di quelle inserite nei relativi Por. “Pur trattandosi di tipologie differenti di prestazioni – spiega Cartabellotta – che richiedono un diverso impegno organizzativo ed economico, questa ‘classifica’ vede sul podio Toscana (99%), Provincia autonoma di Trento (95%) ed Emilia Romagna (91%), e sul fondo Calabria (18%) e Campania (10%)”.
“Il problema delle liste di attesa – afferma Cartabellotta – affligge da sempre il nostro Ssn, ma negli ultimi anni si è aggravato per l’enorme quantità di prestazioni non erogate durante la pandemia Covid-19”. In particolare, secondo i dati del ministero della Salute, nel 2020 – rispetto al 2019 – in Italia sono stati oltre 1,57 milioni i ricoveri programmati in meno; per gli screening oncologici, oltre 4,1 milioni di inviti e oltre 2,53 milioni di prestazioni in meno; infine, oltre 112 milioni le prestazioni ambulatoriali saltate, tra visite specialistiche, esami di laboratorio e strumentali. Per fronteggiare il problema sono state stanziate risorse ad hoc – ricorda la Fondazione Gimbe – per il recupero delle prestazioni: 500 milioni come da Legge di Bilancio 2022 che ha ulteriormente prorogato quanto previsto dal Dl 104/2020, le cui risorse non erano state completamente utilizzate dalle Regioni.
Nel gennaio 2022 il ministero della Salute, con le ‘Linee di indirizzo per il recupero delle prestazioni sanitarie non erogate in ragione dell’epidemia da Sars-CoV-2’, ha individuato tre categorie di prestazioni prioritarie: ricoveri per interventi chirurgici programmati, inviti e prestazioni per le campagne di screening oncologici e prestazioni ambulatoriali. “Seguendo le indicazioni ministeriali – ricorda Cartabellotta – ciascuna Regione ha elaborato un Por dove ha delineato strategie e modalità organizzative per recuperare le prestazioni non erogate durante il periodo pandemico”. Il recente rapporto sul coordinamento della finanza pubblica della Corte dei Conti ha reso noti i dati del ministero della Salute sia sul recupero delle prestazioni nel 2022 da parte delle Regioni, sia sul finanziamento utilizzato: dati su cui la Fondazione Gimbe ha effettuato le analisi.
Ricoveri per interventi chirurgici programmati. “Complessivamente – riporta Gimbe – le Regioni hanno inserito nei Por oltre 512mila ricoveri programmati da recuperare, per le quali il ministero della Salute riporta un recupero stimato di poco più di 338mila (66%). Notevoli le variabilità regionali: dal 92% del Piemonte al 14% della Liguria”. Screening oncologici: inviti e prestazioni. “Le Regioni hanno previsto nei Por di recuperare oltre 5 milioni di inviti e quasi 2,84 milioni di prestazioni. La rendicontazione ministeriale riporta un recupero stimato di quasi 4,2 milioni di inviti (82%) e poco più di 1,9 milioni di prestazioni (67%) – analizza il report Gimbe -. Notevoli le differenze regionali: per gli inviti si va dal 100% di Piemonte, Valle d’Aosta, Pa di Trento, Emilia Romagna, Toscana, Lazio, Molise e Basilicata al 14% del Friuli Venezia Giulia. Relativamente alle prestazioni, il recupero oscilla dal 100% di Toscana, Pa di Trento, Piemonte e Basilicata al 9% di Calabria e Lazio. Da segnalare che la Regione Umbria aveva già recuperato tutte le prestazioni di screening nell’anno 2021”.
Prestazioni ambulatoriali. In totale le Regioni hanno programmato di recuperare quasi 11,9 milioni di prestazioni, di cui ministero della Salute riporta un recupero stimato di quasi 6,8 milioni (57%). “Un dato – osserva Cartabellotta – che ha avuto conseguenze rilevanti sui tempi di attesa delle nuove prestazioni ambulatoriali, e verosimilmente ne continua ad avere, visto che ne rimangono da recuperare oltre 5 milioni”. Anche per queste prestazioni si rilevano nette differenze regionali in termini di recupero: dal 100% di Valle d’Aosta, Pa di Trento e Toscana al 7% della Campania.
“Il monitoraggio del ministero della Salute – conclude Cartabellotta – dimostra che complessivamente che le Regioni non hanno recuperato il 35% delle prestazioni saltate durante la pandemia, per complessivi 7,13 milioni di prestazioni. In dettaglio, 174mila ricoveri programmati, 914mila inviti e 936mila di prestazioni per gli screening oncologici e 5,1 milioni di prestazioni ambulatoriali. Inoltre, i dati restituiscono un quadro molto eterogeneo tra le varie Regioni sia sulle percentuali di prestazioni recuperate, sia sul finanziamento utilizzato che non sempre è correlato con le prestazioni recuperate”.