Le équipes di tre eccellenze, Centri Clinici NeMO, NEMO Lab e Fondazione Sacra Famiglia Onlus, hanno collaborato per eseguire l’intervento di cataratta su una persona con Sla. Un traguardo straordinario che cambia la storia della capacità di cura della malattia, per garantire sempre di più una migliore qualità di vita
Il puntamento oculare è l’ultimo movimento che permette alle persone con Sla, nelle fasi più avanzate della malattia, di comunicare. La compromissione dell’occhio chiuderebbe ogni possibilità di relazionarsi con i propri cari e con il mondo esterno. Per questo, quello di Attilio Fornoni è un traguardo straordinario che cambia la storia della capacità di cura della malattia, per garantire sempre di più una migliore qualità di vita.
Se oggi Attilio continua a comunicare con lo sguardo è grazie al lavoro di tre équipe che si sono alleate: quella multidisciplinare esperta sulle patologie neuromuscolari dei Centri Clinici NeMO, quella dell’innovazione tecnologica avanzata di NEMO Lab e quella specialistica della Fondazione Sacra Famiglia di Cesano Boscone. I professionisti che ne fanno parte, ognuno per la sue competenze, hanno permesso di portare a termine con successo un intervento di cataratta, ripristinando una visione nitida, condizione fondamentale quando l’avanzamento della malattia impone di comunicare attraverso gli occhi.
Oggi, il trattamento di rimozione della cataratta rappresenta l’intervento chirurgico oculare più diffuso: si tratta di circa l’87% degli interventi agli occhi. Eppure, quello compiuto al signor Fornoni, che dal 2009 convive con la Sclerosi Laterale Amiotrofica, è raro e di straordinaria importanza. «Per una patologia complessa come la Sla, che ha un impatto importante sulla vita della persona e sul suo sistema di relazioni, il percorso di presa in carico deve porsi come priorità l’attenzione a quei dettagli del vivere quotidiano che ne garantiscono la dignità – dice Alberto Fontana, presidente dei Centri Clinici NeMO –. Ecco perché preservare la salute visiva significa prima di tutto rispondere al desiderio primario di continuare a costruire relazioni sociali, permettendo di utilizzare al meglio i sistemi di comunicazione aumentativa alternativa».
La presa in carico visiva dovrebbe essere parte integrante della presa in carico multidisciplinare per patologie complesse come la Sla. Non è un caso, dunque, se dal 2016, al Centro Clinico NeMO di Milano è attivo il servizio optometrico coordinato dalla dottoressa Federica Cozza e oggi, grazie alla collaborazione con il dottor Danilo Mazzacane, medico oculista, anche laboratorio di ricerca e cura di NEMO Lab, l’hub di ricerca tecnologica nato nel 2021 nel solco dell’esperienza sulle patologie neuromuscolare del network NeMO. In questi anni sono 958 le valutazioni effettuate dal servizio, di cui oltre 750 per persone con SLA. La presa in carico della funzione visiva avviene dalla diagnosi per tutto il percorso di malattia: valutazioni e follow up periodici, adattamento dei protocolli e degli strumenti di valutazione oftalmica in funzione di chi vive una disabilità motoria grave e che in altro modo non potrebbe accedervi, ricerca scientifica, sono la cifra che definiscono l’esperienza dei Centri NeMO e NEMO Lab per la cura del sistema visivo.
«Il monitoraggio visivo del signor Fornoni, come avviene con tutti i pazienti, ha permesso di valutare con lui come gli occhiali non dessero più alcun beneficio – spiega Danilo Mazzacane, medico oculista consulente di NEMO Lab e della Casa di Cura Ambrosiana -. La scarsa acutezza visiva richiedeva, infatti, la necessità di ingrandire molto i caratteri sullo schermo del suo comunicatore, rendendo ancora più difficoltose le interazioni sociali. L’intervento di cataratta gli consentirà di avere una visione più nitida, riprendendo quindi un utilizzo efficace del comunicatore. Siamo felici perché il successo dell’intervento migliorerà di fatto la sua qualità di vita».
Una storia di successo e di speranza, dunque, che racconta l’efficacia di quell’alleanza capace di generare nuove opportunità di cura, con competenza e passione, per dare valore alla qualità di vita: «Un risultato importante che sottolinea ancora una volta quanto sia determinante il processo di condivisione delle competenze scientifiche, cliniche e specialistiche. La Sla mortifica il nostro corpo, rendendolo immobile. Una condizione estrema che impone il bisogno di preservare i nostri occhi, unico strumento che ci permette di continuare a comunicare. Laddove non è ancora possibile guarire, dunque – conclude la presidente nazionale AISLA, Fulvia Massimelli – la storia del signor Fornoni ci racconta quanto sia essenziale saper prendersi cura, a tutela e garanzia della nostra qualità di vita».
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