Salute 12 Luglio 2023 12:31

Covid-19, il “mistero italiano” della quarta dose

Il nostro Paese era tra i primi al Mondo per copertura vaccinale con prima, seconda e terza dose. Ma secondo i dati raccolti da ECDC con la quarta dose è coperta solo l’11% della popolazione, un dato tra i più bassi d’Europa. Dati, analisi e strategie per affrontare il “mistero italiano”…

Covid-19, il “mistero italiano” della quarta dose

Prima erano dieci metri quadrati per ogni ombrellone. Poi 7,5 metri quadri per ombrellone, con 3 metri di distanza tra le file e 2,5 metri tra gli ombrelloni della stessa fila. Sembrano passati secoli ma in realtà è passata solo una manciata di mesi dalle inquietanti estati in pandemia da Covid-19. Tutti, o quasi, in questa estate 2023 che sta marciando sempre di più a pieno regime hanno archiviato misure di protezione, distanze, mascherine e gel disinfettanti nella cartella dei brutti ricordi. Secondo tutti gli studi questo è stato possibile soprattutto grazie alle campagne di vaccinazione che hanno protetto gran parte della popolazione. Questo è forse uno dei pochi lasciti di quella stagione che non va riposto nel dimenticatoio e tutti dovremmo porci in vista dell’autunno la domanda: quando è meglio fare la prossima dose di richiamo?

La domanda dovrebbe toccare più da vicino proprio noi italiani, immersi in un mistero tutto tricolore: quello della quarta dose. Se, infatti, andiamo a spulciare i dati raccolti costantemente da ECDC (https://vaccinetracker.ecdc.europa.eu/public/extensions/COVID-19/vaccine-tracker.html) il caso emerge subito con chiarezza e non può non farci interrogare sulle strategie da mettere in campo nei prossimi mesi.

Vediamo un po’ di numeri. Basta passare il puntatore sulla cartina d’Europa e notiamo subito con orgoglio i primati italiani su prima e seconda dose e sul primo richiamo (booster o, per molti, terza dose).

Prima dose

Il nostro Paese registra un 85,6% di popolazione vaccinata con la prima dose. Superiore di 5 punti rispetto alla Francia, di 8 punti rispetto alla Germania, di ben 14 punti rispetto alla Svezia. Per non citare i Paesi dell’Est europeo che registrano percentuali ferme tra il 40% e il 50% della popolazione. Solo Malta, Spagna e Portogallo fanno meglio di noi per pochi punti percentuali. Un dato, quello italiano, tra i migliori non solo in Europa, ma in tutto il Mondo.

 

Seconda dose o ciclo primario

Passando alla seconda dose o alla conclusione del ciclo di vaccinazione primario (per chi ha fatto vaccini monodose) la situazione cambia poco. Italia all’83,7%, Francia 78,7%, Germania 76,3%. Qui superiamo anche la Spagna che si ferma al 79,3%.

Primo richiamo, terza dose o booster

Ancora più rilevante il dato del primo richiamo, terza dose o primo booster, come è stato ribattezzato in modo non troppo coerente con le linee guida sulla comunicazione del rischio in emergenza. Qui l’Italia diventa leader assoluto in Europa con un 76% che distanzia tutti di molti punti. La Francia si ferma al 60%, la Germania è al 62%, la Spagna arretra addirittura al 56%. Gli altri tutti molto distanti.

Ed ecco il “mistero” quarta dose…

L’Italia crolla quando si osservano i dati della quarta dose, secondo richiamo o secondo booster. L’Italia colleziona un 11,5%. Il Portogallo arriva al 30%, la Spagna al 20%, Belgio e Danimarca superano il 30%, la Svezia arriva al 27,7%. Ci sorpassano in tanti, a cominciare da Francia e Germania, e poi anche Norvegia, Olanda, Irlanda e potremmo continuare a lungo.

Insomma, dai gradini più alti del podio al fondo classifica in pochi mesi. Perché? Ci sono alcune riflessioni che si possono avanzare. Alcuni Paesi a causa della scarsa copertura iniziale hanno vissuto ondate di contagio tardive rispetto al nostro Paese, spingendo la popolazione a fare ulteriori richiami. Nella seconda parte dell’emergenza, con le misure di contenimento definite a livello locale, l’Italia, a differenza di molti altri Paesi, è riuscita a non imporre chiusure generalizzate e questo può aver influito sulla percezione del rischio di gran parte della popolazione.

I prossimi mesi

Ma quello che è successo a partire dalla seconda metà del 2022 ormai ha un impatto relativo. La riflessione su prossimi mesi e sul “mistero” quarta dose ora non può prescindere dal dato sull’età media della popolazione e sulle fasce fragili della cittadinanza che vedono l’Italia tra le nazioni più a rischio. È l’appello che ormai di frequente arriva dalle società scientifiche più attente alle politiche di prevenzione: “Devono essere coinvolti tutti i soggetti adulti over 50, coloro – tra i 6 mesi e i 50 anni – con condizioni di fragilità e gli operatori sanitari dopo 12 mesi dall’ultima vaccinazione ricevuta. Il richiamo dopo 6 mesi, invece, è raccomandato per tutti gli anziani over 75, per tutti al di sopra di 6 mesi d’età con condizioni di immuno-compressione moderata o grave, per le donne in gravidanza (a distanza di 6 mesi dalla precedente). Per tutti i soggetti non rientranti nelle categorie precedenti, invece, è consigliata una dose annuale di vaccino, ogni 12 mesi” scrivono Società italiana d’Igiene, Medicina preventiva e Sanità pubblica (SItI) e la Società italiana di Malattie infettive e tropicali (Simit).

Le strategie e l’attesa per i piani

E, mentre si attende ancora il via libera da parte del Ministero della Salute guidato da Orazio Schillaci al “Piano Nazionale di Prevenzione Vaccinale (PNPV) 2023 – 2025” e al “Calendario Nazionale Vaccinale”, le due società scientifiche concludono: “Il vaccino ci ha salvato la vita grazie anche allo sviluppo dell’immunità ibrida e all’emergere di varianti Omicron meno virulente – rilevano le due società -. Nonostante ciò, a livello globale, come segnalato dall’Oms ancora oggi sono centinaia di migliaia le persone ricoverate negli ospedali per Covid, con decessi settimanali nell’ordine delle migliaia di persone. Non bisogna, quindi, abbassare la guardia”.

 

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