HIV Outcomes Italia è un progetto nato a livello europeo nel 2016 per ragionare su una nuova modalità di affrontare i bisogni delle persone sieropositive e migliorarne la vita. Obiettivo individuare nuovi percorsi diagnostici e terapeutici
Invecchiare con l’HIV in una prospettiva di genere, promuovendo azioni mirate e avviando nuovi percorsi diagnostici e terapeutici. Se ne è parlato a Roma, nel corso di un convegno co-organizzato dall’Istituto Superiore di Sanità – Centro di Riferimento per la Medicina di Genere e Dipartimento di Malattie Infettive e Fondazione The Bridge, nell’ambito del progetto HIV Outcomes Italia, durante il quale si sono confrontati degli esperti in una logica multistakeholder, per comprendere la rilevanza delle variabili di genere nel contesto dell’invecchiamento in HIV.
«È fondamentale evidenziare le dimensioni e le variabili afferenti al genere da considerare come rilevanti anche nell’ambito del percorso di invecchiamento con HIV – ha spiegato Mario Cascio, dell’European AIDS Treatment Group (EATG) – e pertanto da tenere in considerazione nella definizione dei percorsi diagnostico terapeutici. Servono più servizi per accompagnare e sostenere i pazienti che invecchiano con l’HIV».
Cascio, insieme alla professoressa Antonella D’Arminio Monforte, dell’Università di Milano, sono i responsabili scientifici della sezione italiana di HIV Outcomes, percorso nato a livello europeo nel 2016 per ragionare su una nuova modalità di affrontare i bisogni delle persone sieropositive e migliorarne la vita, aumentando allo stesso tempo la sostenibilità dei sistemi sanitari europei attraverso la condivisione di best practices e approcci innovativi alla cura.
«Abbiamo bisogno di un sistema sanitario che metta al proprio centro il paziente e che includa un cambiamento nell’approccio clinico all’infezione e alle patologie a essa collegate», ha osservato Antonella D’Arminio Monforte, aggiungendo che «il tema dell’invecchiamento con l’HIV sta assumendo risvolti importanti nella nostra società. L’incontro all’ISS ha offerto utili stimoli di riflessione per valorizzare le specificità di genere e cercare soluzioni alle problematiche connesse ai bisogni di ciascuno. A differenza di quanto avviene in altri Paesi europei, in Italia la medicina di genere non ha assunto un ruolo centrale nella definizione dei percorsi diagnostici e di presa in carico».
Per Anna Teresa Palamara, Direttore del Dipartimento Malattie Infettive dell’Istituto Superiore di Sanità: «Se oggi siamo qui è perché la ricerca ha ottenuto grandissimi risultati nel campo della sopravvivenza, delle cure e del benessere delle persone con HIV. Questo ci indica che la ricerca è in grado di raggiungere ottimi risultati. Non bisogna e non si deve assolutizzare nulla, la ricerca può portare dei progressi ma è capace anche di correggersi quando si lavora bene, perché è possibile che vengano fatti degli errori e che vengano anche corretti grazie all’aumento continuo delle conoscenze».
Secondo Barbara Suligoi, Centro Operativo Aids, Dipartimento Malattie Infettive, Istituto Superiore di Sanità: «Negli anni la quota delle persone over 50 con nuove diagnosi di HIV è cresciuta in termini percentuali, un trend che aumenta progressivamente. La stragrande maggioranza delle trasmissioni avviene attraverso contatti eterosessuali. È interessante il fatto che molte persone abbiano effettuato il test perché avevano un’altra patologia, mentre solo una bassa percentuale lo ha fatto perché consapevole di aver avuto un comportamento a rischio e su questo dobbiamo riflettere. Bisogna cercare di aumentare il numero di test, favorendo una modalità senza necessità di consenso informato scritto, per renderlo così più agevole».
Luca Busani, Centro di Riferimento per la Medicina di Genere, Istituto Superiore di Sanità, ha dichiarato: «Sul tema dell’invecchiamento si può osservare che per ogni bambino si contano 5,4 anziani. L’indice di vecchiaia in 70 anni è passato da 33,5% a 187,6%, mentre rispetto al 2011 l’età media si è innalzata di tre anni, da 43 a 46 anni».
Per Angela Ruocco, Centro di Riferimento per la Medicina di Genere, Istituto Superiore di Sanità: «Le persone anziane transgender (TGD), hanno bisogni peculiari e pongono sfide particolari. Tra le azioni da mettere in atto, c’è senz’altro un’informazione mirata. Occorrono, poi, un approccio inclusivo rispetto all’assistenza sanitaria e nuove relazioni di fiducia tra operatori e persone anziane, che si possano esprimere al di là del genere di appartenenza».
Luisa Brogonzoli, Centro Studi Fondazione The Bridge ha sottolineato che: «Dalla discussione di oggi emerge con chiarezza la necessità che questi temi fondamentali per garantire il benessere e la qualità della vita delle persone con HIV diventino parte integrante dei Piani diagnostico terapeutici e assistenziali (PDTA) regionali».
Sono intervenuti, inoltre, Teresa Bini, Malattie infettive, Ospedale San Paolo, Milano; Antonella Cingolani, Malattie infettive, Policlinico Gemelli, Roma; Miki Formisano, Network Persone Sieropositive – NPS Italia; Daniele Gianfrilli, Endocrinologia, Università “La Sapienza”, Roma; Giovanni Guaraldi, Malattie infettive, Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia.