Un team di scienziati della Virginia Tech ha deciso di esplorare il possibile impatto positivo o negativo dei saponi sulle zanzare. No a profumi fruttati o floreali
Se il caldo di questi giorni per gli esseri umani è ai limiti della tollerabilità, per le zanzare è la condizione ideale. «Molte di quelle che sono arrivate da aree tropicali in questi anni, adattandosi al nostro Paese, amano le alte temperature: sono di più come specie perché riescono a sopravvivere meglio con questo clima, e, in generale, anche i singoli insetti con il calore riescono a muoversi molto meglio», spiega Diego Fontaneto del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr) Istituto di ricerca sulle acque (Irsa) di Verbania. Con il caldo molto umido, poi, «le piccole raccolte d’acqua dove le larve si sviluppano – continua l’esperto – rimangono più a lungo. Nelle zone di caldo secco desertico l’acqua invece si asciuga. Inoltre, quando l’acqua è calda le larve crescono più in fretta. E se in primavera ci mettono 10 giorni a concludere il ciclo dall’uovo all’adulto che punge, adesso in 4 o 5 giorni fanno tutto».
E proprio per aiutarci a proteggerci dalle zanzare i ricercatori hanno cercato di scoprire perché alcune persone vengono prese di mira ed altre risparmiate. In particolare, un team di scienziati della Virginia Tech ha deciso di esplorare il possibile impatto positivo o negativo dei saponi. I risultati del loro lavoro sono stati pubblicati sulla rivista “iScience”. Gli autori rilevano che lavarsi con alcuni saponi può attirare le zanzare, mentre altri avevano un effetto repellente. Ma questi effetti, ovviamente, variavano, a causa delle interazioni tra i saponi e il profilo olfattivo unico di ogni persona. «È straordinario che una persona già estremamente attraente per le zanzare, possa diventarlo ancora di più con un sapone, oppure diventare “ripugnante” per gli stessi insetti con un altro sapone», spiega l’autore senior, Clément Vinauger.
Gli esperti nello studio fanno notare che le zanzare non si nutrono solo di sangue. La loro principale fonte di cibo è il nettare delle piante, quindi bagnarci con profumi di origine vegetale o che imitano le piante potrebbe potenzialmente confondere il loro processo decisionale. Nello studio i ricercatori hanno caratterizzato gli odori chimici emessi da quattro volontari umani, sia quando la loro pelle non era stata lavata, sia dopo il lavaggio con 4 marche di sapone. Successivamente, i ricercatori hanno confrontato l’attrattiva relativa di ciascun soggetto rispetto alle zanzare Aedes aegypti. Risultato: «Sceglierei un sapone al profumo di cocco se volessi ridurre l’attrazione delle zanzare», suggerisce Vinauger.
Ed effettivamente dallo studio risulta che, in termini di preferenze di fragranza, tre dei quattro saponi hanno aumentato l’attrattiva delle zanzare, mentre uno l’ha diminuita. Tutti i saponi avevano un profumo fruttato o floreale. Quello che diminuiva l’attrattiva era al profumo di cocco. «Questo è stato molto interessante per noi perché ci sono altre prove in letteratura che l’aumento di alcuni acidi grassi, come quelli trovati nei derivati dell’olio di cocco, potrebbe servire come repellente per zanzare e altri insetti», dice Vinauger.
Odori a parte, la scienza ha messo in campo anche la tecnologia per studiare le zanzare e contrastare la loro capacità di trasportare patogeni. Un team dell’University of Central Florida ha per esempio ingegnerizzato tessuti con cellule umane che le zanzare amano mordere e di cui si nutrono. Il gruppo guidato da Bradley Jay Willenberg, con Mollie Jewett (entrambi Ucf) e Andrew Dickerson (University of Tennessee) ha allineato le cellule umane su biomateriali 3D per creare dei tessuti che sono stati poi infusi con sangue. La speranza è di utilizzare questa nuova piattaforma per studiare come gli agenti patogeni trasportati dalle zanzare infettano queste cellule e tessuti. Secondo i risultati della loro ricerca, pubblicati su “Insects”, il sistema appare promettente e pratico. I test hanno mostrato infatti che gli insetti pungevano prontamente il tessuto ingegnerizzato nutrendosi del sangue presente sui costrutti.
Fra le malattie trasportate dalle zanzare c’è la malaria che «rimane una delle malattie più mortali nel mondo», ricordano gli scienziati. La maggior parte dei decessi legati alla patologia, tra l’altro, si verificano nei bambini sotto i 5 anni. Una minaccia che non si ferma davanti ai confini geografici. I Cdc americani nei mesi scorsi hanno per esempio annunciato che anche negli Usa sono stati rilevati casi di malaria trasmessa dalle zanzare, e non succedeva da diversi anni.
Fra le ultime frontiere della ricerca in questo campo ci sono armi che sfruttano il Dna. Un team di ricercatori dell’Università della California a San Diego, guidato dal laboratorio di Omar Akbari, ha progettato un nuovo modo per sopprimere geneticamente le popolazioni di Anopheles gambiae, le zanzare che diffondono la malaria in Africa. Nel mirino gli esemplari femmine, che pungono e diffondono la malattia. Nello studio pubblicato su “Science Advances” (primo autore Andrea Smidler), gli esperti descrivono un sistema battezzato ‘Ifigenia’, che sfrutta la tecnologia Crispr per interrompere un gene che controlla lo sviluppo sessuale nelle zanzare di questa specie. La tecnica usa Cas9, le “forbici” molecolari che effettuano i tagli, e un Rna guida che dirige il sistema verso il bersaglio.
Gli scienziati sono riusciti così a modificare geneticamente 2 famiglie di zanzare. «Le abbiamo incrociate e nella prole si è ottenuta la soppressione di tutte le zanzare femmine», ha detto Smidler. La diffusione del parassita della malaria di cui sono portatrici, alla fine viene arrestata poiché le femmine vengono rimosse e la popolazione raggiunge un vicolo cieco riproduttivo. I metodi tradizionali per combattere la diffusione della patologia, come zanzariere e insetticidi, si sono sempre più dimostrati inefficienti. Ecco perché la ricerca di strategie nuove e hi-tech continua.
Attenzione però: finito il caldo però, non finiranno le zanzare: «A ottobre, quando le altre vanno via, circolerà quella coreana, che vola ai primi freddi. Sono 4 o cinque anni che abbiamo questa specie. E’ arrivata da poco, ma è diffusa in tutto il Nord Italia. Può trasmettere alcune malattie, non proprio simpatiche, come l’encefalite giapponese. A ottobre però – conclude Diego Fontaneto -, in generale siamo meno in giro e siamo più coperti, quindi entriamo meno in contatto con questa zanzara».
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