Intervista a Stefano Marongiu. L’infermiere Emergency guarito dall’Ebola rimarca l’importanza della preparazione per tutti gli operatori sanitari ed invita a continuare ad investire in questo ambito: «La minaccia di nuovi virus fa paura»
La formazione è basilare e lo dimostra il fatto che sono stato in grado di proteggere gli altri ed evitare contagi. Altrettanto importante è però l’informazione, ma di questo siete più responsabili voi». Lo ha detto, puntando il dito verso giornalisti e telecamere, Stefano Marongiu, l’infermiere di Emergency che aveva contratto l’Ebola in Sierra Leone ed è guarito grazie alle cure ricevute presso l’Istituto per le malattie infettive “Lazzaro Spallanzani” di Roma.
Proprio nel giorno delle sue dimissioni, l’operatore sanitario, visibilmente commosso ma estremamente lucido, ha messo in evidenza – nel corso della conferenza stampa – come la preparazione ricevuta prima di partire per l’Africa ed il rispetto dei protocolli di sicurezza e autoisolamento, siano stati fondamentali per non contagiare nessuno. «Avevo una formazione ottima, Emergency l’ha richiesta, anzi pretesa, prima che partissi. E sarebbe stato un problema avere accesso alla zona rossa senza conoscere le procedure ed i protocolli: avrei potuto infettare altre persone. Invece, grazie proprio alla formazione, nello specifico per l’auto-isolamento, è andato tutto per il verso giusto senza che altre persone fossero coinvolte».
Eppure, proprio mentre l’infermiere sardo riceveva le cure a Roma, divampavano polemiche su come era stato gestito il caso, ipotizzando falle nel sistema, relativamente al suo primo ricovero all’ospedale di Sassari. «C’è stata la strumentalizzazione di alcuni eventi – aggiunge – ma, ribadisco, con la formazione, sia in Africa che al rientro in Italia, non si è messo a rischio nessuno. E bisogna continuare ad investire in questo ambito perché ce ne è sempre bisogno anche a fronte delle tante nuove minacce di epidemie». L’operatore sanitario si è detto pronto a ritornare sul campo, manifestando profonda gratitudine allo staff dello “Spallanzani” «dove sono stato curato come un amico da salvare ad ogni costo» sia ad Emergency «la cui presenza è stata molto forte. Non mi sono mai sentito solo. C’è un timing da rispettare relativamente alle autorizzazioni: tornerò presto al lavoro al 118, ma l’obiettivo è dare il mio contributo di nuovo in Africa».
In tal senso Emergency lascia le porte aperte, attraverso la coordinatrice delle missioni umanitarie, Rossella Miccio: «è una gioia immensa rivederlo di persona e poterlo riabbracciare. Ora si goda famiglia ed un meritato riposo e poi potrà tornare nella nostra grande famiglia». Riguardo le verifiche su quanto accaduto in Sierra Leone, pur non essendo riuscita ad individuare il momento del contagio, la ONG assicura di «aver riverificato i protocolli, intervistato tutte le persone che hanno lavorato con Stefano, seguito tutte le procedure previste e non c’è stata nessuna evidenza di una rottura del protocollo macro di un incidente che sia sfuggito anche perché – sottolinea Rossella Miccio – ricordiamoci che solitamente gli operatori non sono mai da soli, quindi c’è sempre questo doppio controllo con i colleghi e nessuno ha veramente notato nulla. Per cui si lavorava in un ambiente in cui l’Ebola c’era, noi avevamo tanti pazienti ricoverati contemporaneamente per cui il rischio è sempre in agguato».
L’Ebola resta, effettivamente, ancora una forte minaccia insieme alle nuove pandemie. «Mi fa paura che il virus Ebola faccia un po’ meno paura – ha concluso Marongiu – proprio mentre apprendiamo che ci sono anche altre patologie che mietono vittime soprattutto nei Paesi più poveri del mondo». In tal senso sembra sempre più prioritario migliorare il coordinamento internazionale. L’Italia, superando brillantemente il secondo caso (in precedenza era stato curato il medico siciliano Fabrizio Pulvirenti) ha dimostrato tutta l’eccellenza dello “Spallanzani” ma anche la capacità di far gioco di squadra con una sinergia perfetta tra istituzioni e strutture sanitarie nel contesto di una epidemia affrontata su scala mondiale. Anche Emergency offre la sua collaborazione nell’ottica di una internazionalizzazione dei progetti volti al contrasto delle pandemie. «Impostando una risposta tempestiva ed efficace – conclude Rossella Miccio – si possono assolutamente contenere i danni di un’epidemia come quella di Ebola che ha fatto più di 10mila morti in una delle zone più povere del mondo».