Un sondaggio su 10 mila tra studenti, genitori e docenti rivela criticità nell’applicazione del PDP. AID: «Necessario un osservatorio nazionale per rivedere la legge 170/2010»
Il 5% degli studenti della scuola primaria e secondaria ha disturbi specifici dell’apprendimento, eppure sembra che quello che la legge riconosce come una neuro diversità per molti sia solo un capriccio o peggio ancora un escamotage per studiare meno o per avere delle agevolazioni nel percorso scolastico. È solo di qualche settimana fa la polemica scatenata dalle parole di un dirigente scolastico di un liceo dell’hinterland milanese sull’incremento di certificazioni DSA ad aprile e maggio come mezzo per dribblare verifiche e interrogazioni finali ed avere delle facilitazioni. Parole che hanno ferito gli studenti ed indignato chi da anni fa una vera e propria battaglia per tutelare i diritti degli oltre 350 mila studenti con difficoltà di apprendimento. La situazione non è migliorata durante gli esami di maturità quando, a molti studenti, è stato negato l’utilizzo degli strumenti compensativi.
La legge c’è (170/2010), così come le linee guida del Miur, ma qualcosa sembra non essere recepito nel modo giusto se, con grande disappunto, gli studenti sono costretti a misurarsi in una delle prove più importanti della loro carriera scolastica senza le mappe concettuali che nei cinque anni di liceo li ha accompagnati. «Mia figlia non ha potuto usufruirne nonostante fossero state approvate e consegnate nei termini stabiliti per legge», dice arrabbiata Francesca, madre di Filippo (nome di fantasia) che quest’anno ha sostenuto l’esame di maturità scientifica -.
«La giustificazione della commissione esterna? La prova orale non è un’interrogazione, ma un colloquio – aggiunge la mamma di Filippo -. Nulla di più lontano dalla realtà, tanto che di domande Presidente esterno e commissione ne hanno fatte a ripetizione mettendo in difficoltà mio figlio in tutti i modi». Come Francesca, anche Daniela ha visto piangere la figlia per non essere riuscita a dare il meglio di sé all’esame di maturità. E come loro tanti altri episodi si sono verificati in molti licei e istituti tecnici italiani.
Molti genitori si sono rivolti all’associazione Italiana Dislessia per sollevare il problema e capire le ragioni di un rifiuto senza appello. «La scuola deve tutela i propri studenti – scrive Elena Beltramme del coordinamento AID Lombardia in risposta ad un genitore -. E per farlo quando accadono episodi come questi devono chiedere la verbalizzazione immediata della decisione della Presidente di non far utilizzare gli strumenti compensativi agli studenti certificati DSA, indicando la loro ferma opposizione. Questo è fondamentale». Molto, dunque, dipende dalla scuola chiamata a tutelare gli alunni con DSA anche con una segnalazione dell’accaduto all’ufficio scolastico. «Sono gli atti che parlano – riprende Beltramme dell’AID lombarda – In passato ci sono stati docenti di diverse scuole che, grazie alla ferma posizione sostenuta a verbale hanno ottenuto per i loro ragazzi le mappe e un orale equo».
Se far redigere un verbale è il punto di svolta grazie al quale il Presidente della commissione d’esame rivede la sua posizione di chiusura nei confronti degli strumenti compensativi per i DSA, è altrettanto vero che la scuola non sempre è disposta a fare opposizione alla commissione esterna. «Di solito cerchiamo di arrivare ad un compromesso per non creare attrito con i docenti esterni e mettere a rischio l’esame di tutti – dicono alcuni professori interpellati sul tema -. L’obiettivo è arrivare ad un esito positivo della prova». Una scelta discutibile soprattutto perché questo implica un mancato rispetto del PDP (piano didattico personalizzato) degli alunni con DSA.
«Se la verbalizzazione non è stata fatta al momento della decisione – prosegue la coordinatrice lombarda AID – è possibile aggiungere una postilla nel verbale di correzione degli scritti che deve contenere anche la segnalazione della mancata concessione delle mappe per la seconda prova, se anche questo non è stato fatto lo studente può fare una richiesta urgente al TAR per sospensiva della decisione assunta dal Presidente con la richiesta esplicita di utilizzo delle mappe usate durante l’anno scolastico e segnalare l’accaduto all’ufficio scolastico».
La legge 170 del 2010 riconosce la neuro diversità dei ragazzi con disturbi specifici dell’apprendimento. Piccole anomalie che determinano le difficoltà a stabilire connessioni tra suoni e segni, per questo hanno diritto di utilizzare strumenti informatici che li agevolino, mappe concettuali e più tempo nella elaborazione di compiti e verifiche. La legge tutela quattro tipi di disturbi specifici dell’apprendimento: dislessia interessa la lettura, disgrafia la scrittura, discalculia il calcolo matematico e disortografia l’ortografia, ma in realtà non tutti i docenti sono preparati sull’argomento. La conferma arriva dall’Associazione Italiana Dislessia attraverso un’indagine condotta tramite un questionario rivolto a studenti, genitori e docenti. Oltre 10 mila risposte ( 802 studenti, 2375 genitori e 6630 docenti) hanno fatto emergere una criticità nel rispetto della normativa introdotta in Italia dodici anni fa per riconoscere i diritti fondamentali dei ragazzi DSA.
Oltre un terzo dei genitori e degli studenti ritiene che i docenti non abbiano una adeguata conoscenza dei disturbi specifici dell’apprendimento. Le famiglie confermano la presenza di un PDP (97% dei casi) ma di non essere sufficientemente coinvolti nella stesura. Il 50% degli alunni dichiara di aver avuto durante l’anno accesso agli strumenti compensativi, il 37% ogni tanto. Per contro l’82% dei docenti dichiara di far utilizzare gli strumenti compensativi agli studenti, ma solo il 28% dice di trovare nelle certificazioni cliniche le indicazioni necessarie per la stesura del PDP.
I risultati del questionario confermano che esiste poca preparazione sui disturbi specifici dell’apprendimento. «L’impressione dell’Associazione – dice la Vicepresidente AID, Antonella Trentin – è che negli ultimi anni sia stato fatto un passo indietro nell’applicazione della legge, forse a causa degli effetti della pandemia come confermano le molte telefonate di genitori in grave difficoltà per il mancato rispetto del PDP dei propri figli che riceviamo ogni giorno all’Help line nazionale e delle sezioni provinciali». «Per superare le criticità è necessario un dialogo con le istituzioni e un tavolo dove mettere a confronto i diversi attori in gioco – aggiunge Andrea Novelli, Presidente AID -. Per questo siamo convinti sia necessario costituire al più presto un Osservatorio nazionale sull’applicazione della legge 170/2010 allo scopo di fornire al Ministero dell’Istruzione dati certi per apportare eventuali correttivi e dare maggiore certezza di diritto agli studenti DSA».
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