Uno studio del Centro Diagnostico Italiano di Milano e dell’Università degli Studi Suor Orsola Benincasa di Napoli ha indagato l’uso dell’intelligenza artificiale in radiologia. Promossa con riserva dai pazienti che scelgono sempre lo specialista
Intelligenza artificiale sì, ma se impiegata per migliorare il lavoro del radiologo. È questo il risultato ottenuto al termine di una indagine fatta dal Centro Diagnostico Italiano di Milano e dall’Università degli studi Suor Orsola Benincasa di Napoli su un campione di 2119 pazienti.
Lo studio pubblicato sulla rivista European Journal Radiology mostra il quadro di percezione che i pazienti hanno degli algoritmi utilizzati dal medico specialista. «Ciò che emerge è una percezione molto positiva dell’intelligenza artificiale da parte dei pazienti, ma solo in presenza di una supervisione del radiologo – sottolinea Simona Ibba, specialista di ricerca clinica e qualità di imaging presso il Centro Diagnostico Italiano e prima autrice dello studio –. Età, livello di istruzione e di formazione non hanno influenzato il risultato, tanto che il consenso è trasversale. Questo significa una buona predisposizione all’evoluzione tecnologica, ma pur sempre con la convinzione che il ruolo dello specialista sia determinante».
Le nuove tecnologie piacciono ai pazienti, infatti l’87% degli intervistati ha dichiarato di essere favorevole al loro impiego ma solo se il medico ne dà informazione. Un 10% al contrario consulterebbe un altro specialista se dovesse sapere che l’esame sostenuto è stato realizzato con l’impiego dell’intelligenza artificiale. Il dato più interessante è che il 76% dei pazienti non si sentirebbe a proprio agio se l’esame fosse realizzato esclusivamente dell’intelligenza artificiale, segno evidente che in medicina, la tecnologia piace ma con qualche riserva.
Dei 2119 intervistati, 1260 non sono nativi digitali perché hanno più di 60 anni, ma nonostante questo hanno mostrato curiosità e dimestichezza con la tecnologia. Il 95% utilizza gli smartphone, l’88% il computer, il 50% il tablet e il 19% lo smartwatch. Nonostante l’alto livello di istruzione dei pazienti che hanno partecipato allo studio però solo il 3% si è dichiarato esperto nella materia. Il 58% degli intervistati ha detto di conoscere l’utilizzo dell’intelligenza artificiale come assistente vocale (87%), oppure nell’e-commerce (47%) e nei social media (45%).
Anche gli specialisti di radiologia, chiamati in causa in uno studio analogo, hanno mostrato apertura verso l’impiego dell’Intelligenza artificiale per ottimizzare la qualità e l’accuratezza diagnostica, senza però sostituire la tecnologia al medico. «Occorre evidenziare che l’impiego della tecnologia permette di liberare risorse – fa notare Simona Ibba -. Un aspetto che in questo momento può essere prezioso anche per migliorare il rapporto con il paziente».
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