La Federazione medici internisti ospedalieri (Fadoi) ha condotto un un’indagine che ha coinvolto 206 unità operative ospedaliere di medicina interna in tutte le regioni italiane: «Per non portare al collasso i nosocomi quasi la metà dei medici aumenta i carichi di lavoro e metà salta i turni di riposo settimanali»
E mentre i malori da caldo affollano le sale d’attesa dei pronto soccorso italiani, molti ambulatori chiudono per ferie, altri riducono l’orario di attività per carenza di organico. Più precisamente, un terzo tra medici e sanitari è in ferie e l’attività degli ambulatori è calata del 52,7%, con una chiusura totale del 15%. La qualità dell’assistenza appare compromessa nel 56% dei reparti ospedalieri. A tirare le somme è la Federazione medici internisti ospedalieri (Fadoi), con un’indagine che ha coinvolto 206 unità operative ospedaliere di medicina interna in tutte le regioni italiane. «Ma per non portare al collasso i nosocomi – afferma Fadoi – quasi la metà dei medici aumenta i carichi di lavoro e metà salta i turni di riposo settimanali».
L’ondata di caldo che ha colpito l’Italia nelle ultime settimane, poi, sta aggravando ulteriormente la situazione negli ospedali. «I sanitari non bastano – spiega Francesco Dentali, presidente della Federazione dei medici internisti ospedalieri, all’Ansa -. Ad una situazione di base già critica si è, infatti sommata, un’emergenza contingente. In questi giorni, infatti – afferma Dentali – negli ospedali si stanno allungando ulteriormente i tempi di permanenza nei pronto soccorso e questo perchè nei reparti mancano i medici, con l’ulteriore aggravio della mancanza di quelli che sono ora in ferie. Mancano anche i letti», aggiunge.
Quanto alla tipologia dei pazienti ricoverati «non si tratta tanto di persone che stanno male per colpi di calore, ma di pazienti fragili nei quali il caldo peggiora il quadro clinico rendendo necessario il ricovero. Sono soprattutto cardiopatici, nefropatici e soggetti con insufficienze respiratorie», aggiunge Francesco Dentali. C’è poi la criticità dei “bed blockers”, letteralmente “coloro che bloccano i letti”: «Sono situazioni gravi di persone, in maggioranza anziani con più patologie, che seppur superata la fase acuta non possono essere dimesse per mancanza di una necessaria assistenza domiciliare. Rappresentano attualmente – precisa il presidente Fadoi – circa il 20% dei ricoveri in Medicina interna». A fronte di tale situazione, «chiediamo delle soluzioni strutturali. Stiamo rispondendo all’emergenza come possiamo, ma è chiaro che è urgente trovare delle soluzioni durature e che non si può andare avanti lavorando solo sulla logica dell’emergenza», precisa il presidente della Federazione.
In Emilia-Romagna, la Federazione dei medici internisti ospedalieri ha analizzato 19 Unità operative di medicina interna. Secondo l’indagine, la quasi totalità dei medici dell’Emilia-Romagna usufruisce dei 15 giorni di vacanze nel periodo estivo, come garantito dal contratto nazionale di lavoro. Questo comporta una riduzione degli organici in reparto che varia tra il 21 e il 30% nel 42,11% dei casi, tra il 30 e il 50% nel 16% dei reparti e del 21% tra l’11 e il 20%. Per chi resta il volume di lavoro aumenta nel 37% dei casi e ciò incide “abbastanza” sull’assistenza offerta ai cittadini nel 47,3% dei nosocomi, “molto” in un altro 10,6%, “poco” nel 42,1% dei reparti e mai “per nulla”. A risentirne nello specifico sono poi le attività ambulatoriali, che diminuiscono le loro attività nel 63,2% dei casi e chiudono del tutto nel 5,3% degli ospedali. Un altro 10,5% garantisce invece l’invarianza nel numero e nei tempi delle attività negli ambulatori, che sono rimodulate nei tempi ma invariate nel numero di prestazioni nel 21% di casi. Se pur riducendo le attività d’estate gli ospedali non chiudono per ferie lo si deve ai sacrifici sostenuti dai medici per coprire la carenza di personale già di per sé cronica. Ecco così che il 52,3% tra giugno e settembre vede qua e là saltare i riposi settimanali che pure dovrebbero essere sempre garantiti. Nello stesso arco temporale il 52,6% è obbligato coprire i turni notturni con attività aggiuntive, mentre il 21% è chiamato a garantire anche i turni in pronto soccorso.
Da giugno a settembre, in Toscana, quando un terzo dei medici va in ferie, le attività ambulatoriali degli ospedali diminuiscono nel 46% dei casi e chiudono del tutto nel 7% degli ospedali, mentre complessivamente la qualità dell’assistenza sanitaria è compromessa nel 46% dei casi “in modo sensibile”. Solo il 13% degli ospedali garantisce invece l’invarianza nel numero e nei tempi delle attività negli ambulatori. La Fadoi ha condotto la sua indagine coinvolgendo 15 unità operative di medicina interna degli ospedali toscani. Dal sondaggio emerge anche che per non portare al collasso gli ospedali 8 medici su 10 saltano i turni di riposo settimanale e oltre la metà aumenta i carichi di lavoro: il 66% è obbligato coprire i turni notturni con attività aggiuntive, mentre il 60% è chiamato a garantire anche i turni in pronto soccorso. «Per i medici che restano a lavoro – spiega Fadoi – il volume di lavoro aumenta nel 73% dei casi e ciò incide “abbastanza” sull’assistenza offerta ai cittadini nel 26% dei nosocomi, “molto” in un altro 20%, “poco” nel 33% dei reparti e nel 20% “per nulla”».
«Nelle medicine interne – spiega il presidente Fadoi, Francesco Dentali – le carenze di organico che vanno ad accentuarsi nel periodo di riposo estivo vanno a rendere più critico il quadro per via del fatto che i nostri reparti sono ancora erroneamente classificati come a “bassa intensità” di cura, il che non riflette in alcun modo la complessità dei pazienti anziani e con pluri-morbilità che abitualmente trattiamo nelle nostre unità operative, che da sole assorbono un quinto di tutti i ricoveri ospedalieri».
Il 33% degli ambulatori negli ospedali pugliesi è chiuso nel periodo estivo per carenza di personale e, in totale, il calo delle prestazioni è del 55,6%. Secondo la Fadoi, con un terzo degli organici in ferie la qualità dell’assistenza è compromessa nel 44% dei reparti. «Ma – evidenzia Fadoi – per non portare al collasso i nostri nosocomi quasi la metàdei medici aumenta i carichi di lavoro e circa un terzo salta i turni di riposo». L’indagine è stata condotta in nove Unità operative di medicina interna degli ospedali pugliesi: «Una situazione – si legge nel report – che rispecchia quello che avviene anche in larga parte dei dipartimenti di altre specialità mediche». Anche se, precisa il presidente Fadoi, Francesco Dentali, «nelle medicine interne le carenze di organico che vanno ad accentuarsi nel periodo di riposo estivo vanno a rendere più critico il quadro per via del fatto che i nostri reparti sono ancora erroneamente classificati come a “bassa intensità” di cura, il che non riflette in alcun modo la complessità dei pazienti anziani e con pluri-morbilità». Le ferie comportano una riduzione degli organici in reparto che varia tra il 21 e il 30% nel 33,3% dei casi. Tra il 30 e il 50% nel 22,2% dei reparti. Mentre la carenza è tra l’11 e il 20% nell’11,1% dei casi. Per chi resta in servizio, secondo l’indagine, il volume di lavoro aumenta: molti medici fanno turni extra per coprire il servizio notturno e il 33,3% salta i riposi settimanali.
Secondo il report della Federazione dei medici internisti ospedalieri molti fanno gli extra per coprire i turni di notte e il 21% salta i riposi settimanali. Nonostante l’impegno però le attività ambulatoriali diminuiscono nel 31,5% dei casi e chiudono del tutto nel 5% degli ospedali sardi, mentre complessivamente la qualità dell’assistenza sanitaria, richiesta anche d’estate, è compromessa nel 73% dei casi in modo sensibile. Tra giugno e settembre la totalità dei medici della Sardegna usufruisce dei 15 giorni di vacanze nel periodo estivo, come garantito dal contratto nazionale di lavoro. Questo comporta una riduzione degli organici in reparto che varia tra il 21 e il 30% nel 63% dei casi, tra il 30 e il 50% nel 15% dei reparti, mentre la carenza è tra l’11 e il 20% nel 20% dei casi. Per chi resta il volume di lavoro aumenta nel 58% dei casi e ciò incide “abbastanza” sull’assistenza offerta ai cittadini nel 52% dei nosocomi, “molto” in un altro 21%, “poco” nel 10% dei reparti e nel 15% “per nulla”. Di conseguenza, le attività ambulatoriali diminuiscono le loro attività nel 31,5% dei casi e chiudono del tutto in un altro 5% degli ospedali. Un altro 36% garantisce invece l’invarianza nel numero e nei tempi delle attività negli ambulatori, che sono rimodulate nei tempi ma invariate nel numero di prestazioni sempre nel 26% di casi.
Con un terzo degli organici in ferie cala del 72,7% l’attività degli ambulatori, chiusi nel 9% dei casi. A rischio la qualità dell’assistenza nel 72% dei reparti: è l’estate degli ospedali del Lazio così come emerge dalla survey condotta dalla Federazione dei medici internisti ospedalieri (Fadoi) in 11 Unità operative di medicina interna degli ospedali laziali. Molti fanno gli extra per coprire i turni di notte e il 27,3% salta i riposi settimanali. Nonostante l’impegno però, le attività ambulatoriali diminuiscono nel 72,7% dei casi e chiudono del tutto nel 9% degli ospedali laziali, mentre complessivamente la qualità dell’assistenza sanitaria, richiesta anche d’estate, è a rischio nel 72,7%% dei casi in modo sensibile. «Il quadro che emerge dalla Survey – commenta la presidente di Fadoi Lazio, Maria Serena Fiore – descrive ancora una volta il forte impegno dei medici internisti del Lazio a garantire quanto possibile ai loro pazienti anche se questo significa grande sacrificio personale, ai limiti della sostenibilità. Ma l’impegno e il sacrificio dei motivatissimi colleghi non saranno da soli sufficienti se non affiancati dall’adeguamento degli organici delle nostre medicine, sempre più dedicate a pazienti complessi e finanche critici pur continuando a farsi carico della cronicità e della polipatologia. L’internista, per questa sua vocazione, può essere la chiave di volta per la “tenuta” dell’Ospedale tutto e – conclude – siamo pronti ma questo sarà possibile solo se saremo in numero adeguato e se le nostre strutture potranno avvalersi di tutto quanto necessario alla gestione del pazienta acuto anche di alta intensità».
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