Un team di ricerca interdisciplinare coordinato dal Cnr-Isof ha studiato la formazione di nanostrutture organiche all’interno di cellule umane, comprendendone il meccanismo di crescita. Lo studio, pubblicato su Advanced Materials, promette ricadute significative in diversi settori. In medicina getta le basi per lo sviluppo di terapie innovative per la rigenerazione dei tessuti basate su nanomateriali.
Cosa succede quando piccole molecole prodotte in laboratorio si trovano all’interno di cellule umane? Come si comportano? Per una di queste la risposta arriva da uno studio pubblicato sulla rivista Advanced Materials, firmato da un team di ricerca guidato dall’Istituto per la sintesi organica e la fotoreattività del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr-Isof) di Bologna e svolto in collaborazione con diversi gruppi Cnr, il Politecnico di Milano, l’Università di Bologna e l’Istituto Italiano di Tecnologia (Iit, sedi di Milano e Pisa).
È noto che tali molecole possono aggregarsi formando nanostrutture altamente biocompatibili e conduttive: oggi, gli studiosi ne hanno osservato e compreso il meccanismo di crescita. «Dopo oltre dieci anni di studi interdisciplinari, abbiamo constatato la straordinaria capacità di alcune molecole organiche di “autoassemblarsi” in strutture cristalline fibrose (fibrille) all’interno di cellule umane, senza comprometterne la vitalità, e costituendo strutture altamente organizzate con proprietà di conduzione elettrica», spiega Francesca Di Maria, ricercatrice del Cnr-Isof.
Attraverso l’utilizzo di tecniche all’avanguardia di imaging cellulare e microscopia, i ricercatori hanno indagato, in particolare, il meccanismo di crescita di una di queste molecole, detta DTTO: «Le strutture che si formano attraverso processi di auto-assemblaggio all’interno delle cellule sono in grado di attraversare la membrana cellulare, facilitando il contatto tra diverse cellule e adattandosi al loro movimento: questo meccanismo di autoorganizzazione è senza precedenti, e ha implicazioni significative in diversi settori», aggiunge Guglielmo Lanzani dell’Istituto italiano di tecnologia (Iit). «Ad esempio, si aprono nuove prospettive per lo sviluppo di terapie basate sulla stimolazione e sulla regolazione delle interazioni cellulari. Inoltre, potrebbe consentire progressi considerevoli nell’ingegneria dei tessuti, permettendo la creazione di strutture cellulari tridimensionali funzionali».
Secondo gli autori dello studio, l’utilizzo di queste molecole organiche rappresenta solo un primo passo all’interno di un vasto campo di ricerca sulle proprietà di autoorganizzazione all’interno delle cellule e pone le basi per ulteriori studi e potenziali applicazioni nel campo della biologia cellulare e della medicina rigenerativa. «Il nostro team è già impegnato nello studio delle potenzialità delle fibrille di DTTO e nell’esplorazione di nuovi composti organici con proprietà simili. L’obiettivo è comprendere appieno i meccanismi alla base di queste strutture organizzate al fine di sfruttarne appieno i benefici per la salute umana», conclude Di Maria.