«Un primo passo fondamentale per colmare un’ingiustizia». E’ così che Stefania Gori, presidente di ROPI (Rete Oncologica Pazienti Italia) ha commentato a Sanità Informazione l’approvazione della proposta di legge sul Diritto all’Oblio per i pazienti oncologici, avvenuta ieri all’unanimità alla Camera
«Un primo passo fondamentale per colmare un’ingiustizia». E’ così che Stefania Gori, presidente di ROPI (Rete Oncologica Pazienti Italia) ha commentato a Sanità Informazione l’approvazione della proposta di legge sul Diritto all’Oblio per i pazienti oncologici, avvenuta qualche giorno fa all’unanimità alla Camera. Per la ROPI si tratta di una battaglia importante, iniziata a novembre del 2021 insieme ai Parlamentari italiani e europei e che poi ha portato a un primo Disegno di Legge (il DDL 2548 del 28 febbraio 2022) a firma della allora Senatrice Paola Boldrini. «Se dopo il passaggio al Senato, e l’iter parlamentare previsto, la Legge sarà approvata, per oltre un milione di persone guarite dal cancro inizierà una nuova fase della propria vita, con gli stessi diritti (anche in ambito assicurativo e bancario) di chi non ha mai avuto un tumore», sottolinea Gori.
«E’ il diritto delle persone guarite da una patologia oncologica di non fornire informazioni né essere oggetto di indagini sulla propria pregressa condizione patologica. Nello specifico, questo diritto servirà ad assicurare che alla guarigione clinica corrisponda la possibilità di esercitare i propri diritti in condizioni di uguaglianza rispetto al resto della popolazione, con riferimento all’accesso ai servizi finanziari, bancari e assicurativi, nonché alle procedure di adozione di minori. La vigilanza sull’applicazione delle nuove norme viene attribuita al Garante per la protezione dei dati personali».
«Questo nuovo test prevede che per una persona guarita da una patologia oncologica da più di 10 anni senza episodi di recidiva e che voglia accedere a servizi bancari, finanziari e assicurativi non è ammessa la richiesta di informazioni relative allo stato di salute. Tale periodo è ridotto della metà nel caso in cui la patologia sia insorta prima del compimento del 21esimo anno di età. Le informazioni sulla patologia oncologica non possono essere acquisite neanche da fonti diverse dal contraente e, qualora siano comunque nella disponibilità dell’operatore o dell’intermediario, non possono essere utilizzate per la determinazione delle condizioni contrattuali. Le stesse condizioni valgono anche per l’accesso alle procedure concorsuali che prevedono l’accertamento di requisiti psicofisici o riguardanti lo stato di salute dei candidati».
«Anche nel caso di procedure di adozione e affidamento dei minori, le indagini svolte sui potenziali genitori o affidatari non possono riguardare il loro stato di salute. In particolare, le patologie oncologiche trascorsi 10 anni dalla fine del trattamento terapeutico, in assenza di recidive o ricadute, o 5 anni se la patologia è insorta prima del compimento del 21esimo anno di età».
«La vigilanza sull’applicazione delle nuove norme viene attribuita al Garante per la protezione dei dati personali, mentre nel primo disegno di legge questo compito era stato affidato alla Consulta per la parità di trattamento delle persone che sono state affette da patologie oncologiche».
«Significa andare avanti con la propria vita. La consapevolezza di poter avere gli stessi diritti delle persone che non hanno mai avuto una diagnosi di cancro, impatta positivamente sulla qualità di vita e facilita un completo reinserimento lavorativo e sociale. Dobbiamo assicurare ad oltre un milione di persone che hanno superato la malattia oncologica in Italia, le stesse prospettive sociali, assicurative, finanziarie, bancarie della popolazione generale».
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