Maurizio Ferri, responsabile scientifico SIMeVeP, spiega cos’è la Vespa Orientalis, quali sono i luoghi preferiti per la nidificazione ed offre consigli pratici in caso di avvistamento o puntura
Se fino a qualche anno avremmo dovuto trovarci in Sicilia o nelle regioni del sud Italia, al massimo fino alla Campania meridionale, per imbatterci in un esemplare di Vespa orientalis, oggi il Calabrone orientale è stato avvistato più volte anche nella Capitale e in molte regioni settentrionali. «Colonie sono state scovate in città come Roma, Firenze, Genova, Torino e Trieste. E, sebbene non ci siano ancora studi scientifici a riguardo, le ipotesi più plausibili del verificarsi di questa situazione anomala sono da associarsi sia al cambiamento climatico, che alla presenza di rifiuti», spiega Maurizio Ferri, responsabile scientifico SIMeVeP, in un’intervista a Sanità Informazione.
Ma, nonostante la sua presenza sul territorio italiano sia decisamente più radicata, «non c’è alcun motivo per cui allarmarsi – sottolinea Ferri -. Tuttavia, bisogna usare prudenza. Le preoccupazioni alimentate, nei giorni scorsi, da alcuni mezzi di informazione sono del tutto ingiustificate. Possiamo dire che, pur se rapida nei movimenti e molto attiva nelle ore più calde delle giornate torride, non presenta una maggiore aggressività di altre specie di vespe, né una maggior capacità di puntura rispetto al calabrone». La Vespa orientalis è simile al calabrone europeo (Vespa crabro), ma con un aspetto più snello che ricorda una vespa “classica”. Ha una lunghezza di circa tre cm e si differenzia per la colorazione rossiccia del corpo e la presenza di un’unica ed evidente banda gialla nella parte terminale dell’addome. «È una specie scientificamente termofila, ovvero vive e si moltiplica a temperature relativamente elevate. Inoltre è particolarmente attratta da rifiuti e avanzi di cibo che si trovano all’aperto o in luoghi facilmente raggiungibili», aggiunge il veterinario.
I calabroni orientali, così come le specie del genere Vespa, vivono in colonie composte da una femmina fertile e fecondata, la regina, e un numero variabile di femmine sterili, o meglio le operaie. «Nidificano anche con nidi voluminosi in corrispondenza di cavità, angoli, intercapedini e anfratti riparati come le cavità degli alberi, case abbandonate ma anche all’interno di avvolgibili delle tapparelle o condizionatori e nel terreno, luoghi dove trovano un habitat ideale – spiega Ferri -. Le colonie che si vengono a creare hanno una durata annuale, si riproducono in primavera e in estate, fino a raggiungere grandi dimensioni a inizio autunno, quando anche la vecchia regina e le operaie cessano di vivere».
Se viene segnalato un nido, è importante mantenere la calma, allontanarsi, evitando di fare movimenti o rimuovere il nido in autonomia. «Il consiglio è di usare prudenza, mai intervenire da soli – sottolinea il veterinario -. Occorre rivolgersi, invece, a soggetti competenti come vigili del fuoco, protezione civile e ditte specializzate. Bisogna ricordare, infatti, che questi insetti pungono solo se si sentono in qualche modo “minacciati”. Se presente all’interno delle case, non lasciarsi prendere dal panico: se ci agitiamo e cerchiamo di scacciarlo allora c’è il rischio di una reazione da parte dell’insetto. Se la presenza si verifica nelle ore serali e notturne occorre, invece, spegnere la luce e lasciare le finestre aperte e il calabrone andrà via. Considerando che questi imenotteri sono attratti dal cibo, è bene rimuovere sempre gli avanzi di cibo, soprattutto all’aperto».
Il pungiglione del calabrone orientale non rimane incastrato nella cute (come avviene, per esempio, in caso di puntura di ape) ma può essere estratto dall’animale che rimane in vita e può pertanto pungere ripetutamente. «La puntura può essere dolorosa per l’uomo e la risposta dipende dalla sensibilità individuale e, con questa, il grado di pericolosità. C’è chi sviluppa semplicemente un ponfo e chi invece – aggiunge Ferri -, subisce una reazione anafilattica, potenzialmente grave in pazienti allergici e predisposti. Le reazioni allergiche gravi si manifestano con eruzioni cutanee orticarioidi, gonfiore di occhi, labbra, viso, difficoltà nella deglutizione, difficoltà respiratoria con respiro affannoso, tosse ripetuta e sensazione di soffocamento, riduzione della pressione arteriosa, accelerazione del battito cardiaco». Dopo la puntura occorre lavare subito la zona colpita con acqua fredda, che aiuterà a controllare il dolore e l’infiammazione. «In caso di dolore intenso – raccomanda il veterinario -, seguire sempre il consiglio del medico che raccomanderà l’utilizzo d creme a base di corticosteroidi unitamente ad un antidolorifico per via orale come il paracetamolo».
Se la presenza di Vespa orientalis non è un problema “allarmante” per l’uomo, lo stesso non può dirsi per l’apicoltura. «Particolarmente aggressiva nei confronti delle api da miele, le Vespe orientalis si nutrono di api, creando un danno più economico che non all’habitat. Questo si verifica perché, non trovando più cibo, i calabroni si concentrano sulle api allevate dall’uomo, che diventano l’obiettivo preferito. Gli individui oltre a predare i soggetti che escono dagli alveari stazionano in volo di fronte agli stessi ostacolando l’uscita delle api e a lungo andare possono creare un deperimento degli alveari con gravi conseguenze sulla produzione di miele e cera, colpendo un settore già in grande crisi», spiega Ferri.
La presenza di questi insetti può essere segnalata attraverso siti ad hoc come Stop Velutina.it e la relativa App per smartphone STOP Velutina. «Si tratta di iniziative che consentono ai cittadini di poter svolgere un ruolo chiave nella previsione spaziale di una fenomeno come ad esempio l’ampliamento delle zone di presenza di Vespa orientalis, ma anche di vettori di malattie infettive emergenti ed aiutare a prevedere il rischio correlato», spiega l’esperto. Il Comune di Roma ha attivato un numero verde per la segnalazione di presenza di sciami e nidi di Vespa orientalis, ricomparsi nella Capitale per le eccezionali condizioni meteorologiche estive. «Sempre su tema del monitoraggio, mi preme qui ricordare – sottolinea il veterinario – l’importanza del monitoraggio dei virus Chikungunya, Dengue e febbre del Nilo occidentale trasmessi da zanzare, causa di infezioni tropicali ormai diffuse anche da noi e che riconoscono nel cambiamento climatico un importante driver della loro dell’emergenza. Il Centro europeo per le malattie infettive (ECDC) ha invitato a tenere alta la guardia: con l’aumento delle temperature e la piogge, questi virus – conclude Ferri – potrebbero prendere ancor più piede anche in Europa».
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