Iscrivere il proprio figlio con disabilità ad una scuola speciale è una scelta o una necessità? A Sanità Informazione l’analisi di Daniela Mazzone, membro dell’Associazione Famiglie Disabili Lombarde: «Il rovescio della medaglia alla risposta accogliente e specializzata di queste scuole è l’isolamento degli studenti»
Sono trascorsi 46 anni dall’abolizione delle scuole speciali. Eppure, ancora oggi, sono numerose le classi differenziali rimaste attive che accolgono bambini con disabilità grave e gravissima. Studenti che, spesso, non riescono ad essere seguiti all’interno delle scuole ordinarie proprio a causa delle loro condizioni di disabilità. «Le classi differenziali sono state formalmente abolite con la legge sull’inclusione scolastica del 1977 che, per la prima volta in Italia, ha sancito l’inclusione degli studenti con handicap nelle scuole elementari e medie inferiori», racconta Daniela Mazzone, membro dell’Associazione Famiglie Disabili Lombarde, in un’intervista a Sanità Informazione.
Negli stessi anni sono stati approvati anche altri provvedimenti per l’inclusione scolastica come l’istituzione degli insegnanti di sostegno specializzati, il limite al numero di alunni per classe non superiore a venti ed altro. Fino a quel momento – aggiunge Mazzone – gli studenti con handicap non potevano accedere alle scuole ordinare, oppure venivano raggruppati in classi separate all’interno delle scuole, in maniera indistinta e senza alcuna attenzione ad un eventuale programma di apprendimento personalizzato». Tuttavia, quasi cinquant’anni non sono bastati affinché la scuola italiana potesse trasformarsi in una realtà totalmente inclusiva.
«Ed è per sopperire a tale carenza che le classi differenziali ancora esistono – sottolinea la rappresentante dell’Associazione Famiglie Disabili Lombarde -. Spesso, queste classi si trovano all’interno di centri riabilitativi molto grandi, dove all’istruzione personalizzata sono affiancati dei piani di riabilitazione individuale».
E allora perché, nonostante siano trascorsi quasi cinque decenni, il sistema scolastico italiano non è ancora adeguatamente inclusivo? «Esistono tante e diverse forme di disabilità ed è difficile trovare altrettanti reali strumenti di inclusione nella scuola ordinaria, a partire dalla clamorosa carenza di docenti formati e specializzati, fino alla mancanza di personale in grado di gestire i bisogni personali e sanitari di questi studenti – spiega Mazzone – . Pertanto, di fronte alla totale assenza di risposte, le famiglie scelgono le scuole speciali per dare una valida opportunità di crescita e sviluppo ai propri figli».
C’è chi opta per la scuola speciale, perché altrimenti non avrebbe altra alternativa che tenere il proprio figlio a casa, chi convive con particolari forme di disabilità che presentano forti criticità nelle situazioni collettive e stringenti delle classi ordinarie. Anche Daniela Mazzone, negli anni passati ha dovuto affrontare la stessa scelta ed ha optato per la scuola speciale. Tuttavia, non tutti i genitori possono prendere questa decisione in piena libertà. Le classi differenziali non sono ovunque e molti dei territori italiani ne sono completamente sprovvisti. «Le scuole speciali in Italia sono meno di un centinaio, con una presenza più radicata al nord – dice la rappresentante dell’Associazione -. In Lombardia sono quasi trenta tra scuole dell’infanzia, primarie e secondarie di primo grado».
Ma non è tutto. La scarsa presenza non è l’unico limite delle scuole speciali: le classi differenziali rischiano di peggiorare l’isolamento dei bambini con disabilità ed anche delle loro famiglie. «Il rovescio della medaglia alla risposta accogliente e specializzata di queste scuole sta proprio nell’isolamento di questi studenti, che è proprio il concetto opposto all’inclusione scolastica – spiega Mazzone -. La specializzazione del personale e gli ambienti a misura degli studenti con disabilità rispondono certamente a gran parte delle loro esigenze, ma ciò che è relativo alla socializzazione e all’inclusione, che è altrettanto fondamentale, si perde del tutto. A danno non sono degli studenti con disabilità – conclude – ma di tutti gli studenti che apprendono fin da subito che “il diverso” (per il suo bene) va isolato».
Iscriviti alla Newsletter di Sanità Informazione per rimanere sempre aggiornato