Gli esperti non hanno remore nel puntare il dito contro una cultura digitale che ha distorto i valori fondamentali dell’esistenza umana.
Uno schianto frontale in diretta social. Un altro. Dopo la tragedia avvenuta a giugno, costata la vita al piccolo Manuel di 5 anni, ieri una bambina di nove anni è finita in ospedale in condizioni gravi. Era in auto con la sua mamma e il suo fratellino quando un’Audi ha invaso la corsia su cui viaggiava, prendendo la vettura in pieno. Al volante dell’auto che ha causato l’incidente c’era un giovane maghrebino in diretta Facebook: ha ripreso tutto, fino allo scontro frontale.
Le immagini potrebbero essere utili agli inquirenti per ricostruire la dinamica dell’accaduto. Ma è del tutto probabile che sia stata la stessa diretta social ad aver causato la distrazione fatale. «Quanto vale un “like”? Quanto vale una visualizzazione in più? Vale la vita di una madre e dei suoi figli? Queste domande non sono retoriche. S ono un campanello d’allarme per una società che sta precipitando nell’oblio dell’insensatezza», chiede il professore Giuseppe Lavenia, psicoterapeuta, docente universitario e Presidente dell’Associazione Nazionale Dipendenze Tecnologiche e Cyberbullismo, commentando quanto accaduto sulla strada provinciale Santa Cecilia ad Alatri.
Nel video si vede chiaramente che l’Audi, prima dell’incidente, ha superato un furgone azzurro e poi una Ford blu. La strada, gli alberi che scorrono velocemente nel video lasciano pochi dubbi sulla velocità a cui viaggiava il giovane. Così come si scorge altrettanto chiaramente la curva a destra, forse presa “troppo larga”. Poco dopo nell’inquadratura compare la Nissan Qashqai nera su cui viaggiavano la mamma e i bambini vittime dell’incidente. Poi l’airbag invade l’intera inquadratura dello smartphone.
L’esperto non ha remore nel puntare il dito contro una cultura digitale che ha distorto i valori fondamentali dell’esistenza umana: «Non si tratta solo del giovane irresponsabile al volante. Stiamo parlando di un sistema sociale che legittima, promuove e talvolta celebra comportamenti di questo tipo. È una società che ha scambiato il pixel per la carne e il sangue, il “like” per l’amore e il rispetto». L’Associazione Nazionale Dipendenze Tecnologiche e Cyberbullismo, in prima linea per sensibilizzare la società sui pericoli derivanti dall’uso irresponsabile delle tecnologie digitali, richiama con forza le istituzioni a prendere misure incisive per contrastare questo fenomeno crescente: «E ora la domanda diventa: chi è davvero responsabile? E fino a quando continueremo a filmare la nostra rovina invece di evitarla? È tempo di agire – conclude lo psicoterapeuta -, prima che la follia digitale renda irreversibile la frattura tra la realtà e la virtualità».
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