Servizio sanitario nazionale protagonista di un’indagine condotta sull’opinione pubblica e sul personale medico dall’Istituto Piepoli per la Fnomceo
La sanità deve essere pubblica e questo è un punto fermo per oltre 3 italiani su 4. Per il 90% deve essere una priorità del Governo nella Finanziaria. Per il 37% merita addirittura il primo posto. Sono alcuni dei dati emersi da un’indagine condotta sull’opinione pubblica e sul personale medico dall’Istituto Piepoli per la Fnomceo, la Federazione nazionale degli Ordini dei medici chirurghi e degli odontoiatri. I risultati sono stati presentati oggi nell’ambito del Convegno ‘Valore salute: Ssn volano di progresso del Paese. I 45 anni del Servizio sanitario nazionale, un’eccellenza italiana’. Il Servizio sanitario nazionale, infatti, è stato il protagonista delle interviste telefoniche e via web effettuate su un campione di mille persone, rappresentativo degli italiani di età compresa tra 15 e 75 anni, con un oversampling di 200 interviste nella fascia d’età tra 15 e 19 anni, e un campione di 300 medici e odontoiatri.
Dall’indagine emerge un plebiscito per il Ssn. La sanità deve essere prevalentemente pubblica per il 76% degli italiani, è il dato, e questa idea è trasversale alle diverse aree del Paese. Quanto alla qualità dell’assistenza, è largamente sufficiente per i cittadini (il 67% la reputa soddisfacente), che vedono in maggioranza la sanità come un settore in grado di generare ricchezza, dunque sul quale investire, e non come un semplice costo, mentre ritengono che, al contrario, la gestione dei servizi risponda più alle esigenze di bilancio che a quelle di salute. Il 90% degli italiani è convinto in ogni caso che nella legge finanziaria la sanità debba essere al primo posto o tra le priorità principali del Governo. Tra gli interventi da mettere in atto per migliorare l’assistenza, il 55% di coloro che non ne sono soddisfatti propongono di agire sul personale, incrementandolo, il 42% vogliono aumentare i finanziamenti, il 38% migliorare le organizzazioni.
Ad oggi gli italiani risparmiano il 10% delle proprie entrate per le spese sanitarie, ma tanti – il 23% – vorrebbero mettere da parte una quota di risorse per questa voce di spesa, ma non riescono a farlo. Tanto che ad oggi circa 3 milioni di italiani ammettono che, quando devono usufruire di prestazioni sanitarie a pagamento, rinunciano a curarsi. Sempre più cittadini sono costretti a spostarsi in altre regioni alla ricerca di centri di eccellenza: il 63% degli intervistati percepiscono questo problema con riferimento al loro territorio, con punte del 79% al Sud e nelle isole. La stragrande maggioranza degli italiani, il 93%, vorrebbe per questa ragione un aiuto dallo Stato. E oltre 8 persone su 10, trasversalmente su tutto il territorio nazionale, vorrebbero un’organizzazione sanitaria che porti l’eccellenza dove vive, senza per forza essere costretti ai viaggi della speranza, costosi in termini di denaro, tempo ed energie.
Gli italiani tendono in maggioranza (54%) a promuovere il Servizio sanitario regionale, “ma con grandi distanze territoriali”. Se infatti al Nord si raggiungono picchi del 69% di soddisfazione, al Sud e nelle Isole ci si ferma a quota 41%. Il servizio sanitario viene dunque promosso più a Nord che a Sud. E specularmente, quando si chiede chi debba guidare la sanità tra Stato e Regioni, al Nord prevale il modello concentrato sulle Regioni mentre al Sud si chiede un intervento statale, probabilmente – interpretano gli esperti – proprio nella speranza che questo riequilibri la qualità percepita del servizio sanitario.
Digitale in sanità benvenuto per il 73% degli italiani, che apprezzano e utilizzano ricette elettroniche e ritiro online dei referti. Ma con giudizio: l’intelligenza artificiale in corsia per esempio va bene, ma solo come alleato e supporto al medico. Il 92% degli intervistati, infatti, esclude di farsi curare, anziché dal medico, da una piattaforma di intelligenza artificiale. Il rapporto diretto e fiduciario con il proprio medico, infatti, è talmente importante che il 75% degli italiani intervistati si dice non disponibile a rinunciare al diritto di scegliere il proprio medico di famiglia
Amano il camice bianco, ma vedono non poche difficoltà nell’esercizio della loro professione oggi in Italia. E il 40% dei medici italiani ammette di essere tentato dalla fuga all’estero. L’indagine analizza non solo come viene percepita la sanità dai pazienti, ma anche il fronte dei medici del Belpaese. Emerge che i camici bianchi risultano essere ben coscienti dell’importanza del loro stesso lavoro – il 96% lo reputa molto o abbastanza importante – ma pensano che le istituzioni ne abbiano percezione minore, tanto da ritenere che l’importanza del ruolo del medico in Italia oggi sia minore rispetto al periodo pandemico, in cui invece molti sottolineavano la condizione eroica della professione sanitaria. I medici vorrebbero avere maggior peso decisionale nel mondo sanitario e lanciano un allarme: a causa della troppa burocrazia, più di uno su 3 dichiara di non avere a disposizione tutto il tempo di cui avrebbe bisogno per occuparsi dei pazienti. Questa condizione di difficoltà spinge molti camici bianchi italiani (il 40% del campione, appunto) a valutare l’opportunità di andare all’estero, fuori dall’Italia, a svolgere la professione. Ciononostante, l’83% dei medici si conferma ancora attaccato al proprio lavoro, tanto da dichiarare che quello che fa ogni giorno, il rapporto con i pazienti, aiutare le persone, salvare vite corrisponde all’idea che aveva quando ha scelto di svolgere la professione sanitaria. Una professione che sembra rimanere attrattiva anche tra i giovani: il 57% del campione tra i 15 e i 24 anni ha preso in considerazione la possibilità di formarsi per essere un professionista della salute.
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