Con 4 centri attivi nell’erogazione della terapia con radioligandi (RLT) su 34 nazionali, il Lazio è tra le regioni con il maggior numero di ospedali in grado di offrire una terapia oncologica innovativa che sta rivoluzionando la cura del cancro a partire da una neoplasia rara, come sono i tumori neuroendocrini
Con 4 centri attivi nell’erogazione della terapia con radioligandi (RLT) su 34 nazionali, Azienda Ospedaliero-Universitaria Sant’Andrea e Policlinico Gemelli di Roma, IFO e Ospedale Santa Maria Goretti di Latina, il Lazio è tra le regioni con il maggior numero di ospedali in grado di offrire una terapia oncologica innovativa che sta rivoluzionando la cura del cancro a partire da una neoplasia rara, come sono i tumori neuroendocrini (NET), ma che in futuro potrà arricchire il ventaglio terapeutico di numerose tipologie di tumori.
“I NET sono un gruppo eterogeneo di neoplasie con sintomi variabili, a volte silenti che li rendono non facilmente identificabili”, dichiara Francesco Panzuto, gastroenterologo dell’Università Sapienza A.O.U. Sant’Andrea di Roma e presidente dell’Associazione Italiana per i Tumori Neuroendocrini (It.a.net), che proprio a novembre, il 16 e 17, terrà ad Assago (MI) il suo decimo congresso nazionale. Questo tipo di cancro è stato sotto i riflettori quando ha colpito Steve Jobs e poi Fedez. “Pur non avendo dati epidemiologici certi, è possibile stimare in Italia un numero complessivo di circa 2.500 nuove diagnosi di neoplasia neuroendocrina ogni anno – sottolinea Panzuto – presumibilmente circa 200-250 nella nostra Regione, dei quali quelli che insorgono nell’apparato digerente (GEP-NET) rappresentano il 60-70% dei casi E proprio per scattare una fotografia epidemiologica accurata di questi pazienti, It.a.net ha lanciato nel 2020 un programma di raccolta dati (il progetto “Registro Itanet”), unico nel suo genere anche a livello internazionale e ormai in fase avanzata di sviluppo, che ad oggi coinvolge 38 centri in Italia ed ha già incluso circa 1.700 pazienti”.
I tumori neuroendocrini che interessano l’apparato digerente, non essendo il più delle volte associati a chiari sintomi, sono spesso diagnosticati in fase metastatica e non più operabili (ciò accade fino al 40-50% di quelli che insorgono nel pancreas e nel piccolo intestino. Questi pazienti possono oggi beneficiare di un’opzione terapeutica in più già disponibile in Italia: la terapia con radioligandi (RLT), la nuova frontiera della medicina di precisione in ambito medico-nucleare, in grado di “taggare” e colpire insieme le cellule tumorali, distinguendole selettivamente da quelle sane, senza danneggiarle. I radioligandi sono killer di precisione capaci di scovare le cellule tumorali più nascoste ovunque si trovino e di annientarle una per una.
Un radioligando è composto da due elementi: una molecola “ligando”, cioè un vettore in grado di riconoscere e legarsi alle cellule tumorali che, nella fase terapeutica, viene “caricata” con un isotopo radioattivo trasportato direttamente sulle cellule malate. Raggiunto il bersaglio finale l’isotopo irradia selettivamente le cellule tumorali, provocandone la morte. Si tratta dunque di una terapia target di ultra-precisione, “cucita” addosso al paziente, che unisce un’elevata efficacia, sicurezza e tollerabilità a una minima tossicità, perché non va metabolizzata e agisce per periodi limitati che dipendono dal tempo di decadimento della radioattività. “Il beneficio più rilevante della RLT è l’efficacia a lungo termine che è in grado di offrire al paziente”, sottolinea Panzuto.
“Con le opzioni terapeutiche precedenti – continua Panzuto – ci si aspettava un’efficacia stimata di 1 anno/1 anno e mezzo in termini di capacità di stabilizzare la malattia. Con il nuovo approccio la stabilizzazione della malattia attesa è ben più lunga, come dimostrano i dati della recente letteratura scientifica che riportano più di tre anni di sopravvivenza libera da progressione. Inoltre è ben tollerata rispetto alle altre terapie che sono gravate da una tossicità quotidiana, che invece nel caso della RLT è moderata e contestuale al periodo immediatamente successivo alla somministrazione, mentre la tossicità a lungo termine rimane molto rara ed oggi sempre meglio prevedibile”.
Nel Lazio il livello di assistenza e di cura per i pazienti NET è nettamente migliorato negli ultimi anni soprattutto grazie alla presenza di centri di riferimento; e l’arrivo della RLT che, per sua natura, richiede centri con specializzazione specifica ha favorito questo processo di definizione dei percorsi assistenziali e costituzione di un modello di rete per la cura di questi pazienti. “Grazie a strutture all’avanguardia di livello internazionale con professionalità altamente specializzate – dice Panzuto – come i Centri di Eccellenza certificati ENETS (European Neuroendocrine Tumor Society) a Roma sono l’Azienda Ospedaliero-Universitaria Sant’Andrea e il Policlinico Gemelli, ma anche grazie a centri periferici che nel tempo hanno sviluppato percorsi interni dedicati a questi pazienti, il Lazio garantisce una offerta assistenziale ai vertici per numero di ospedali in grado di offrire la terapia con radioligandi e livelli di competenze, costituendo un polo di riferimento anche per i pazienti di regioni limitrofe e per alcune aree del Sud”.
“Tuttavia, esistono ampi margini di miglioramento per ottimizzare l’impiego della nuova terapia e agevolarne l’adozione, così da garantire a tutti i pazienti con un’indicazione clinica alla nuova cura, il diritto di accedervi”, sottolinea Panzuto. “Per migliorare la RLT sul territorio e il percorso dei pazienti NET, sarebbe auspicabile favorire e rafforzare ulteriormente il modello di network e la presenza di specifiche competenze multidisciplinari. Questa è una caratteristica resa ancora più necessaria da questo approccio innovativo, che per sua natura – conclude – rende indispensabile una stretta collaborazione tra clinici di diverse discipline, dall’oncologo al gastroenterologo, dal radiologo al medico nucleare, dal chirurgo all’endocrinologo per una presa in carico del paziente a 360°”.