A fronte di migliaia di decessi l’anno causati da fenomeni cardiopatici improvvisi, finalmente operativa la norma che perfeziona il decreto Balduzzi del 2013: oltre ai defibrillatori a bordo campo, sarà obbligatorio anche personale formato per interventi d’urgenza
Dal mese di luglio è scattato l’obbligo della presenza di defibrillatori in tutti gli impianti sportivi, anche quelli dilettantistici. Il decreto, che ha visto la collaborazione tra Ministero della Salute e Ministero dello Sport, entra finalmente in vigore dopo tre rinvii che ne hanno prolungato l’attesa di oltre un anno.
Le disposizioni sono rigorose: in mancanza del defibrillatore sarà impossibile svolgere attività sportive. «Un modo per rendere più sicuri e tutelati i tanti momenti di agonismo e di esercizio fisico» scrive il Ministro dello Sport Luca Lotti su Facebook all’indomani dell’approvazione del decreto. «Non sono pochi gli atleti – prosegue il Ministro – che per tanti motivi si possono trovare in una condizione di emergenza mentre fanno sport».
Per le società sportive professionistiche l’obbligo dei defibrillatori è diventato vigente con l’adozione del decreto ministeriale Balduzzi del 2013, ma finora il vincolo non era altrettanto valido per le società dilettantistiche. Con questo decreto i Ministeri, di comune accordo, hanno ritenuto necessario perfezionare le linee guida del decreto Balduzzi per preservare la salvaguardia di tutti coloro che svolgono attività sportiva a livello non agonistico.
Il decreto, oltre a prevedere la presenza del defibrillatore a bordo campo, vincola l’impianto sportivo a dotarsi di personale qualificato ad utilizzare lo strumento. Durante ogni evento sportivo deve essere presente e operativa almeno una persona debitamente formata all’uso del defibrillatore e spetta alle stesse associazioni e società controllare, prima dell’inizio delle competizioni, la presenza del macchinario all’interno della struttura e la sua conforme manutenzione.
Le uniche realtà sportive escluse dall’obbligo sono le attività a «ridotto impegno cardiocircolatorio», come tiro, vela, golf o bowling, nonché tutte le attività sportive svolte al di fuori degli impianti sportivi.
L’obbligo è stato regolamentato anche a fronte di una serie di dati allarmanti rispetto ai decessi improvvisi durante attività sportive non agonistiche. Secondo recenti stime infatti, circa 1.000 giovani con meno di 35 anni e l’80% dei decessi improvvisi è riconducibile alla cardiopatia ischemica. Secondo i cardiologi, dei 50.000 casi italiani l’anno, un quarto potrebbe salvarsi con il defibrillatore, soprattutto se l’intervento viene effettuato entro 5 minuti dall’evento, anche perché ogni minuto che passa la possibilità di sopravvivere si riduce del 10%.