Salute 10 Novembre 2023 12:41

Nativi digitali apprendono come i dislessici. Logopedista: “Non si torna indietro, fondamentale educare all’uso nelle scuole”

I nativi digitali crescono con un sistema nervoso diverso e una diversa visione della vita in confronto alle generazioni precedenti, molti simili a quello delle persone con dislessia. La scuola, tuttavia, non si evoluta ed è rimasta ferma su vecchi modelli di insegnamento, che allontanano ed escludono le nuove generazioni. Se ne è parlato in occasione di un evento organizzato dall’associazione Il Laribinto Progetti Dislessia Onlus

Nativi digitali apprendono come i dislessici. Logopedista: “Non si torna indietro, fondamentale educare all’uso nelle scuole”

Qualche settimana fa la ministra svedese della scuola ha annunciato di voler eliminare tablet e altri strumenti digitali dalle scuole dell’infanzia perché ritenuti dannosi per l’apprendimento. Ha dunque annunciato un deciso dietrofront, considerato che la Svezia è stato tra i primi paesi a far entrare la tecnologia digitale negli asili. Ma le nuove regole “più restrittive” Ma solo per i bambini come meno di 6 anni. Tutti gli altri continueranno a usare tablet e computer nelle scuole. “Credo che sia giusto evitare che nelle scuole i bambini molto piccoli utilizzino strumenti digitali perchè, a quell’età, le priorità sono altre”, commenta Rossella Grenci, ricercatrice nel campo dei DSA, logopedista dell’Azienda Ospedaliera San Carlo di Potenza. “Tuttavia, non possiamo ignorare il fatto che dalla tecnologia digitale non si torna indietro, per cui è necessario che le scuola offrano ai bambini, almeno dai 6 anni su, gli strumenti per imparare a utilizzare i dispositivi”. E’ indubbio che la tecnologia digitale abbia influito sull’apprendimento dei più giovani. “I nativi digitali apprendono come i dislessici“, conferma Grenci.

I nativi digitali elaborano le informazioni in modo olistico e spaziale-visivo

Il profilo cognitivo dei nativi digitali è molto simile a quello dei dislessici. Nell’era digitale, infatti, le modalità di elaborazione delle informazioni è olistica e spaziale-visiva, proprio come il pensiero di tipo dislessico. Anche per questo la ricerca sul profilo cognitivo dei nativi digitali apre nuove strade nel campo dell’apprendimento e nella revisione dei modelli di insegnamento. Tutto questo mentre la scuola attuale è ancora organizzata intorno a modelli di insegnamento arcaici, che non funzionano più, basati sulla memorizzazione automatica, lezioni e interrogazioni. Serve dunque un cambio di marcia e di impostazione dell’insegnamento che tenga conto di questi nuovi fattori che fanno parte della cosiddetta GenZ. Almeno secondo gli esperti che hanno di recente preso parte al convegno “Come prevenire le difficoltà di apprendimento degli alunni con Dsa e non, valorizzando attitudini e talenti”, organizzato dall’associazione Il Laribinto Progetti Dislessia Onlus nell’ambito della XII edizione di EXPO Training 2023, in corso alla fiera di Milano.

Il sistema nervoso dei nativi digitali è diverso rispetto a quello della generazione precednete

“I nativi digitali crescono con un sistema nervoso diverso e una diversa visione della vita in confronto alle generazioni precedenti”, spiega Grenci, che è autrice di numerose pubblicazioni dedicate alla dislessia e ai disturbi evolutivi del linguaggio. “Gli strumenti tecnologici sono stati quelli che hanno reso possibile il trasferimento di informazioni basate su stimoli spaziali-visivi, con conseguente rapido trasferimento di un’enorme quantità di informazioni, avvicinando il modo di apprendere dei nativi digitali a quello dei dislessici”, aggiunge.

Dimita (Laribinto): “La dislessia può essere compresa se si considera come neurodiversità”

“A lungo etichettata come un disturbo, la dislessia (che sta all’inderno dei DSA, disturbi specifici dell’apprendimento) può essere compresa a fondo solo se valutata per quello che è: una neurodiversità – sottolinea Maria Dimita, presidente dell’Associazione Il Laribinto Progetti Dislessia che si occupa di iniziative di supporto alle famiglie, ai ragazzi e ai docenti -. Secondo questa visione più attuale e positiva si aprono nuove vie per la realizzazione scolastica e professionale, sia di chi ha un DSA, sia dei nativi digitali in generale. Parliamo di un fenomeno rilevante, che colpisce in Italia oltre il 5% dei bambini tra scuola primaria e secondaria, cioè circa 330 mila alunni che commettono errori nella lettura, impiegano molto tempo per leggere e spesso non comprendono bene il significato di ciò che stanno leggendo. Eppure hanno un’intelligenza pienamente nella norma”.

Nei nativi digitali è l’emisfero destro del cervello a essere potenziato

I nativi digitali, esposti fin da subito all’uso della tecnologia digitale, infatti, sviluppano strutture d’apprendimento diverse rispetto a quelle della generazione immediatamente precedente, quella dei cosiddetti “immigrati digitali“. Dunque elaborano in modo differente le informazioni. Questo nuovo profilo cognitivo è caratterizzato da una maggiore creatività e da una maggiore velocità nei movimenti. “Nei nativi digitali è l’emisfero destro del cervello a essere potenziato per via della capacità specifica di questa area di elaborare una grande quantità di informazioni visive”, sottolinea Grenci. “I nativi digitali vedono il sapere come un processo dinamico, apprendono per esperienza e per approssimazioni successive, imparano dagli errori e attraverso l’esplorazione, e condividono con i pari. In altre parole – aggiunge – hanno un approccio open source e cooperativo alle fonti del sapere. Sono dunque più veloci nel prendere decisioni, ma deboli nel pensiero metodico e accurato”.

La scuola non tiene conto dei profondi cambiamenti nell’apprendimento

Di contro gli attuali modelli di insegnamento non tengono conto di questi profondi cambiamenti. Sono rimasti ancorati al passato e a un sistema che non funziona più. “È necessario dunque scegliere pratiche didattiche coerenti con i modelli della società digitale, sia per parlare agli studenti nel loro linguaggio, sia per sviluppare le competenze che la società digitale richiede e che, ovviamente, gli studenti non hanno, anche se hanno già acquisito alcuni atteggiamenti/comportamenti tipici del contesto digitale in cui sono immersi dalla nascita”, sottolinea Dimita. Il cambiamento deve riguardare, non solo i contenuti, ma anche i modelli di insegnamento.

Il modello “giocoguidato” per potenziare l’apprendimento

Ha funzionato bene il modello ideato da Angela Zerbino, logopedista relazionale dell’età evolutiva e ideatrice e fondatrice di Giocoimparo, collana di giochi educativo-didattici. “E’ un laboratorio ludico-didattico, secondo il modello del giocoguidato, per la costruzione e il potenziamento dei prerequisiti cognitivi e strumentali degli apprendimenti della letto-scrittura”, spiega Zerbino. E’ stato promosso dall’Associazione Il Laribinto e sperimentato con successo, come laboratorio pilota, in una scuola d’infanzia di Milano. “Partendo dai fondamenti teorici dell’acquisizione delle competenze di metafonologia e linguistica, come prevenzione ai DSA, vengono fornite utili indicazioni sulla metodologia di intervento per la progettazione, osservazione e documentazione di Laboratori Linguistici, indirizzati a tutti i bambini all’ultimo anno di scuola d’infanzia e biennio della scuola primaria”, specifica Zerbino.

 

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