L’Associazione Microbiologi Clinici Italiani: “Dopo quasi quattro anni di monopolio dell’attenzione sulla pandemia da Covid-19 è necessario riaccendere i riflettori sulla pandemia silenziosa da HIV. Occorre rinsaldare la consapevolezza che la conoscenza delle modalità di trasmissione del virus e una diagnosi tempestiva rendono possibile prevenire e curare la malattia”
Il primo dicembre 2023 si celebra, come ogni anno a partire dal 1988, il World AIDS Day, la giornata mondiale della lotta all’AIDS. Quest’anno, il tema annunciato dalle organizzazioni internazionali impegnate nella lotta all’HIV/AIDS è ‘Remember and commit’, che esorta a tenere viva la memoria delle vittime dell’epidemia e a rafforzare l’impegno a contrastarla. Dopo quasi quattro anni di monopolio dell’attenzione sulla pandemia da Covid è necessario riaccendere i riflettori sulla pandemia silenziosa da HIV, che tuttora affligge 38 milioni di persone nel mondo. Appena 20 anni fa, la pandemia di HIV/AIDS sembrava inarrestabile, con 2,5 milioni di nuove infezioni e 2 milioni di decessi all’anno dovuti all’AIDS nel mondo. Nell’ultimo decennio abbiamo assistito ad un cambiamento radicale della storia naturale dell’infezione, grazie a farmaci molto efficaci che hanno consentito il raggiungimento di una sostanziale normalizzazione dell’aspettativa di vita e una drastica riduzione della contagiosità dei pazienti in terapia. A questi fattori si è aggiunta la disponibilità di strumenti diagnostici sempre più raffinati, che facilitano la diagnosi tempestiva e il monitoraggio terapeutico accurato.
“Secondo UNAIDS, oggi nel mondo quasi 30 dei 38 milioni di persone infette è in trattamento con farmaci antiretrovirali, e se l’attuale trend in aumento prosegue, si potrà raggiungere il target di 35 milioni di persone in terapia entro il 2025. Si stima che, a partire dal 1996, anno dell’introduzione dei primi regimi terapeutici efficaci, quasi 21 milioni di vite siano state salvate grazie ai trattamenti antiretrovirali – spiega Maria Rosaria Capobianchi, consulente per la ricerca, Ospedale Sacro Cuore Don Calabria IRCCS, Negrar di Valpolicella (Verona) e componente Gruppo di Lavoro AMCLI -. Tutti questi progressi rischiano di vanificarsi se non si rafforza nella popolazione da una parte la consapevolezza del rischio di contrarre l’infezione quando non si adottano metodi di prevenzione adeguati, dall’altra la fiducia nelle cure che oggi sono disponibili gratuitamente per tutti nella più assoluta riservatezza”.
In Italia, secondo l’ultimo aggiornamento dei dati di sorveglianza, pubblicato dall’Istituto Superiore di Sanità, nel 2022 le nuove diagnosi di infezione da HIV sono state 1.888, pari a 3,2 nuovi casi per 100mila residenti, inferiore rispetto all’incidenza media osservata tra i Paesi dell’Europa occidentale e dell’Unione Europea (5,1 nuove diagnosi per 100mila residenti). L’incidenza delle nuove diagnosi è in diminuzione dal 2012, con una riduzione più evidente dal 2018 al 2020, mentre negli ultimi due anni vi è stata una lievissima ripresa. È possibile che questa ripresa sia il risultato non di un reale aumento delle infezioni, ma del ritorno dell’attenzione sull’HIV dopo le fasi emergenziali della pandemia che hanno imposto il lockdown e la desertificazione delle aree dedicate alla prevenzione delle patologie non-Covid. È slittata in avanti la fascia di età delle persone con nuova diagnosi di infezione da HIV, con il picco di incidenza nella fascia 30-39 anni contro la fascia 25-29 anni negli anni pre-2020; come negli anni precedenti, la maggior parte delle nuove infezioni (83,9%) è stata contratta per via sessuale. Purtroppo, è ancora alta (58,1%) la percentuale delle persone che scoprono l’infezione quando questa è in fase avanzata.
“In linea con la tendenza osservata in tutti i paesi del mondo, anche per l’Italia l’emergenza Covid ha influito negativamente sulla sorveglianza dell’infezione da HIV/AIDS: secondo uno studio recente, mentre in base al trend storico il calo atteso delle nuove diagnosi in Italia era del 15%, il calo effettivamente registrato è stato del 49%, con 761 diagnosi mancate. Queste diagnosi mancate non solo rappresentano altrettante perdite nette nell’opportunità di avviare tempestivamente una terapia efficace, ma hanno sicuramente comportato un numero rilevante di infezioni trasmesse da soggetti inconsapevoli del loro stato di infezione” sottolinea Pierangelo Clerici, Presidente AMCLI ETS.
La giornata mondiale della lotta all’AIDS è un’opportunità per riflettere sui progressi fatti fino ad oggi, promuovere la consapevolezza delle sfide ancora da superare per raggiungere l’obiettivo di porre fine all’AIDS entro il 2030 e mobilitare tutte le figure coinvolte nella lotta all’HIV/AIDS. Lo slogan adottato dall’OMS per questa celebrazione è ‘Let Communities Lead!‘, volendo dare risalto allo sforzo nella lotta che deve coinvolgere l’intera comunità. Partendo dal concetto che la conoscenza delle modalità di diffusione del virus e la diagnosi tempestiva rendono possibile prevenire e curare la malattia, sono tre i messaggi fondamentali che l’AMCLI intende promuovere in occasione della giornata mondiale della lotta all’AIDS 2023:
Oggi abbiamo a disposizione un’ampia gamma di misure di prevenzione, che comprendono, oltre ai mezzi di protezione per il “sesso sicuro”, anche l’assunzione controllata di farmaci che bloccano l’attecchimento del virus fin dalle prime fasi.
Avere consapevolezza del proprio stato di infezione è il primo passo per potersi sottoporre alle cure che oggi come mai prima, sono sicure ed efficaci. Quindi vanno utilizzati tutti i canali disponibili per effettuare la diagnosi.
La terapia antiretrovirale ben gestita, pur non determinando l’eliminazione del virus dai reservoir nei quali è annidato, ne arresta la replicazione. Questo comporta, oltre al beneficio per la salute del paziente stesso, la cessazione del suo stato di contagiosità, concetto riassunto nel ben noto slogan U=U: Undetectable (non rilevabile) = Untransmittable (non trasmissibile).
“La comunità dei Microbiologi clinici italiani è costantemente impegnata nel contrasto alla diffusione dell’HIV. La scienza ci ha fornito ottimi strumenti clinici, terapeutici e di laboratorio, per la gestione dell’HIV/AIDS – aggiunge Clerici -. Non possiamo permetterci di sprecare il vantaggio che abbiamo guadagnato sul virus attraverso anni di lavoro incessante: è necessario rimontare il gap che la pandemia da Covid-19 ci ha inflitto, e puntare al ripristino della consapevolezza del rischio e alla promozione della fiducia nelle strutture sanitarie che – conclude -, nonostante il gravame del Covid-19, hanno portato avanti con continuità l’impegno nella lotta all’HIV/AIDS”.
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