È il primo impianto cardiaco da donatore ‘a cuore fermo’ effettuato in Lombardia. Il Direttore Generale del Centro Nazionale per i Trapianti: “La Lombardia riveste un ruolo strategico nella rete italiana di donazione e trapianto: quello di ieri è un intervento che apre grandi prospettive ad un’ulteriore crescita del numero dei trapianti di cuore”
Un cuore che aveva smesso di battere da 20 minuti è stato trapiantato all’ospedale Niguarda di Milano: si tratta del primo impianto cardiaco da donatore ‘a cuore fermo’ effettuato in Lombardia. “Il trapianto di un cuore prelevato da un donatore ‘a cuore fermo’ è una sfida nella sfida, perché l’organo cardiaco resta fermo per un tempo molto prolungato prima del prelievo e successivamente va di nuovo ‘riattivato’ e irrorato per poter poi essere utilizzato senza danni in un trapianto – spiega Massimo Cardillo, Direttore Generale del Centro Nazionale per i Trapianti (CNT), in un’intervista a Sanità Informazione -. Fino a quest’anno nel nostro Paese questo tipo di trapianto non era mai stato effettuato, ma dopo la prima volta a Padova, nel maggio scorso, siamo già ben oltre i dieci interventi realizzati con successo da molti centri, e ora si è aggiunto anche il Niguarda”. Il prelievo e il trapianto sono stati effettuati dall’équipe della Cardiochirurgia e del Trapianto del cuore di Niguarda, diretta da Claudio Russo e la donazione è avvenuta all’ospedale di Circolo di Varese dell’Asst Sette Laghi. Dall’uomo deceduto sono stati prelevati anche il fegato e i reni, successivamente trapiantati in altre strutture della Rete nazionale trapianti.
Questa tipologia di trapianto da donatore ‘a cuore fermo’ è innovativa perché il cuore viene fatto ripartire grazie a tecniche di circolazione extracorporea che vengono messe in atto dopo la morte in persone in cui i trattamenti intensivi vengono sospesi a seguito di neurolesioni gravissime. “Questo tipo di prelievo è più complesso dal punto di vista organizzativo, in quanto l’arresto del cuore può provocare un danno agli organi da destinare al trapianto, ed è necessario che vengano messe in atto, dopo l’accertamento di morte, complesse tecniche di perfusione degli organi, prima e dopo il prelievo degli stessi, che richiedono l’intervento di equipe di professionisti formati ed esperti. In Italia è stata maturata una grande esperienza nelle tecniche di perfusione e questa pratica donativa è in pieno sviluppo, con numeri che negli ultimi anni sono praticamente triplicati, così come sono aumentati esponenzialmente i centri in grado di realizzare questi prelievi”, spiega Cardillo.
“Il prelievo degli organi, è bene sottolinearlo – continua il Direttore Generale del Centro Nazionale per i Trapianti -, avviene sempre dopo la morte del donatore. La legge italiana, emanata nel 1993, prevede che la morte di una persona (indipendentemente dalla possibilità di donazione) corrisponde alla cessazione irreversibile di tutte le funzioni cerebrali. Il decesso può essere accertato in due modi: con criteri neurologici, o con criteri cardiocircolatori – dice Cardillo -, ma la definizione di morte rimane la stessa. I criteri neurologici vengono utilizzati quando la morte avviene per una danno diretto all’encefalo, che può essere provocato da varie cause (traumatiche, vascolari, ischemiche, tumorali). In questi casi si va a documentare direttamente la cessazione delle funzioni cerebrali, con modalità descritte nel decreto applicativo rivisto nel 2008, ed in queste situazioni il battito cardiaco viene mantenuto attraverso la somministrazione di farmaci e la ventilazione polmonare garantita con il respiratore automatico. I criteri cardiocircolatori si adottano quando la morte avviene per arresto cardiaco e si documenta l’assenza completa di battito cardiaco e di circolo per almeno 20 minuti, ovvero il tempo sufficiente ad avere la certezza della necrosi del cervello. In questi casi, ovviamente, il cuore è fermo durante l’accertamento, ma può essere fatto ripartire successivamente, anche se la necrosi cerebrale rimane. L’Italia è il paese più garantista al mondo sotto questo profilo, all’estero il tempo di osservazione per l’accertamento cardiocircolatorio oscilla tra i 5 e i 10 minuti”.
Seppur di gestione e realizzazione più complessa, il trapianto da donatore ‘a cuore fermo’, se diffuso in modo capillare e omogeneo sul territorio nazionale potrebbe contribuire all’abbattimento delle liste di attesa. “Che anche la Lombardia abbia effettuato il suo primo trapianto da donatore ‘a cuore fermo’ è una notizia importante – commenta il Direttore Generale del Centro Nazionale per i Trapianti – perché si tratta di una Regione molto popolosa e con una rete sanitaria estesa e molto efficiente, e quindi riveste un ruolo assolutamente strategico nella rete italiana di donazione e trapianto: quello di ieri è un intervento che apre grandi prospettive ad una ulteriore crescita del numero dei trapianti di cuore. In cinque anni questo tipo di prelievo è arrivato a garantire circa il 10% degli organi trapiantati in Italia, i centri sono passati da meno di 20 a circa 70. Lo sviluppo del programma di donazione a cuore fermo – conclude Cardillo – si tradurrà sempre di più in maggiori opportunità di trapianto per i pazienti in attesa”.
Iscriviti alla Newsletter di Sanità Informazione per rimanere sempre aggiornato