In occasione dell’84esimo congresso nazionale della Società italiana di cardiologia, sono molte le novità presentate dagli specialisti relative al controllo del colesterolo “cattivo”: dall’uso precoce dei superfarmaci allo sviluppo di una nuova terapia a mRNA
Aumentare l’aderenza alla terapia contro il colesterolo con farmaci da assumere a intervalli sempre più lunghi, efficaci e sicuri. Una sfida sanitaria molto seria se si considera che fino al 50% degli individui abbandona la terapia tradizionale con le statine a un anno dalla prescrizione e che la stragrande maggioranza degli italiani over 50 presenta valori molto al di sopra di quelli consigliati, responsabili di circa 50.000 decessi l’anno, con una spesa sanitaria che arriva a 16 miliardi per costi diretti e indiretti. una prospettiva di miglioramento viene dal nuovo farmaco a mRNA, disponibile in Italia da poco più di un anno, in ragione dei primi dati di efficacia registrati da Cholinet. Si tratta di uno studio multicentrico italiano, il primo e più ampio mai realizzato sulla sicurezza ed efficacia di Inclisiran, la nuova molecola capace di “spegnere” l’mRNA che porta le informazioni utili alla proteina PCSK9, implicata nel trasporto e nella distruzione dei recettori che catturano il colesterolo. Questo è uno dei temi al centro dell’84° congresso nazionale della Società Italiana di Cardiologia (SIC), in corso a Roma.
L’indagine condotta in 30 centri italiani dal gruppo di ricerca guidato da Pasquale Perrone Filardi, presidente SIC e direttore della scuola di specializzazione in malattie dell’apparato cardiovascolare dell’Università Federico II di Napoli, ha coinvolto 311 pazienti seguiti in ambulatorio per un anno, a cui è stata somministrata la prima dose del nuovo farmaco, in aggiunta alla terapia orale standard. “I pazienti arruolati, al momento della prima somministrazione, avevano valori di colesterolo LDL in media di 112 mg/dl, raggiungendo 50 mg/dl al primo controllo a 3 mesi”, commenta Perrone Filardi. “I pazienti hanno presentano dunque, una riduzione media dei livelli del colesterolo del 55% che si è mantenuta stabile fino all’ultima osservazione a 10 mesi, con una aderenza record del 100% spiegabile sostanzialmente con la scarsa quantità di effetti collaterali – continua – rispetto alle statine e una modalità di somministrazione meno impegnativa, con due iniezioni sottocutanee l’anno anziché una pillola al giorno”.
Ma l’aspetto sicuramente più importante dello studio riguarda l’efficacia del farmaco. “Se questa terapia viene data in aggiunta alle terapie orali convenzionali, circa due terzi dei pazienti ad alto rischio cardiovascolare riescono a raggiungere il target stabilito dalle linee guida correnti, cioè un colesterolo LDL inferiore a 55mg/dl”, evidenzia Perrone. “Si tratta di un fatto molto importante poiché una delle sfide della prevenzione cardiovascolare è proprio il raggiungimento dei livelli di colesterolo raccomandati dalle linee guida per il proprio livello di rischio”, sottolinea Ciro Indolfi, past-president della Società Italiana di Cardiologia e ordinario di cardiologia all’Università degli Studi “Magna Grecia” di Catanzaro. “Non esistono infatti livelli di colesterolo normali in quanto più è alto il livello di rischio individuale del paziente, tanto più basso deve essere il valore di colesterolo LDL”, aggiunge.
In futuro un’altra applicazione della terapia genica a mRNA potrebbe battere il colesterolo “genetico”, cioè la lipoproteina a, una forma particolare di colesterolo che, a differenza di altre, è influenzata principalmente dalla genetica, cosa che rende difficile il suo controllo attraverso diete o stile di vita. Sono infatti in fase avanzata di studio nuovi farmaci capaci di abbattere i livelli di lipoproteina a di oltre il 94% con effetti che si protraggono per quasi un anno. Un risultato straordinario considerando che attualmente non esistono trattamenti specifici per la lipoproteina a. Se gli studi in corso confermeranno l’efficacia nel ridurre i principali eventi cardiovascolari e la sicurezza, questi farmaci costituiranno un passo avanti e una speranza per milioni di persone affette da questa condizione genetica ad alto rischio di malattie cardiovascolari.
Nel frattempo si affinano le armi oggi attualmente disponibili. Per scongiurare il rischio di un secondo infarto, un’eventualità che riguarda 50mila italiani l’anno, di cui 1 su 5 muore, è stato dimostrato che il ricorso precoce ai nuovi superfamarci anti-PCSK9 può essere determinante. Nello studio multicentrico italiano AT-TARGET-IT, in corso di pubblicazione e condotto dal gruppo di ricerca guidato da Perrone Filardi, sono stati coinvolto 771 pazienti ricoverati con sindrome coronarica acuta in 28 centri italiani, seguiti per circa un anno a cui sono stati somministrati, subito dopo l’infarto, i nuovi farmaci anti-PCSK9, in aggiunta alle terapie orali convenzionali.
“I pazienti arruolati, al momento della prima prescrizione di anti-PCSK9, avevano valori di colesterolo LDL in media di 137 mg/dl, raggiungendo dopo poco più di un mese 45 mg/dl, valore che si conservava stabile fino all’ultimo controllo”, spiega Perrone Filardi. “Nei pazienti che assumevano PCSK9 secondo questa modalità fast track si evidenziava una sostanziale riduzione ad un anno dei maggiori eventi cardiovascolari proporzionale al grado di abbassamento del colesterolo LDL. Dunque un primo dato dal mondo reale della fattibilità ed efficacia del nuovo paradigma di ‘colpire forte e colpire presto’ proposto dalle linee guida nei pazienti con infarto”, aggiunge.
“Questi dati dimostrano per la prima volta risultati straordinari e tempestivi nel controllo del colesterolo nel mondo reale, in pazienti ad alto rischio che avevano già subito un evento cardiovascolare“, sottolinea Gianfranco Sinagra, direttore del dipartimento cardiotoracovascolare Asugi e Università di Trieste. “I due terzi dei pazienti, infatti, hanno presentato una riduzione media del livello del colesterolo del 69% dopo appena 37 giorni dall’inizio della terapia. Valore che si è mantenuto costante per tutti gli 11 mesi del follow-up, con una aderenza record superiore al 90%, spiegabile sostanzialmente con la scarsa quantità di effetti collaterali – continua – rispetto alle statine e una modalità di somministrazione meno impegnativa, con una iniezione sottocutanea ogni due settimane anziché una pillola al giorno”. L’importanza dell’uso precoce di questi farmaci ha riguardato soprattutto la sostanziale riduzione di successivi eventi cardiovascolari. “La conferma nel mondo reale sottolinea la necessità di intervenire sin da subito con questi farmaci molto potenti per ridurre sempre il colesterolo nel più breve tempo possibile, superando il concetto di terapia a gradini che rallenta e pregiudica il raggiungimento dei target terapeutici”, conclude Perrone Filardi.
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