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Alfaro (pediatra): “Virus Respiratorio Sinciziale (VRS), influenza e Covid-19: questa la micidiale ‘triade’ responsabile della maggior parte delle malattie respiratorie della popolazione nella stagione invernale 2023-2024. Rotavirus e Norovirus le cause delle gastroenteriti da ottobre ad aprile”
Per godersi appieno una festa è necessario essere in buona salute. Ma nel periodo natalizio ci si trova spesso a fare i conti con diversi malanni, dall’influenza stagionale, al Covid, fino ad altri virus respiratori o gastrointestinali, soprattutto tra i più piccoli. Carlo Alfaro, pediatra e membro della Società Italiana di Medicina dell’Adolescenza (Sima), in un’intervista a Sanità Informazione, ripercorre i principali “mali di stagione”, indicandone metodi di prevenzione, sintomi e rimedi.
“In inverno – assicura il dottor Alfaro – non mancano mai le epidemie di gastroenterite, di solito scatenate da due principali tipologie di virus: il Rotavirus, la causa più comune di gastroenteriti virali sotto i 5 anni, e il Norovirus, la principale causa di gastroenterite nelle comunità scolastiche o in ambienti confinati, come ospedali, case di riposo, navi, che colpisce tutte le età. A questi due virus, che hanno un’incidenza invernale (ottobre-aprile), si aggiunge l’Adenovirus, che colpisce tutto l’anno. Si tratta di virus molto contagiosi, la cui principale via di trasmissione è oro-fecale, ovvero vengono emessi con le feci e fanno il loro ingresso nel corpo dalla bocca. Possono depositarsi su mani, oggetti e superfici, o contaminare cibo o acqua. Più raramente, si trasmettono per via respiratoria nel contatto ravvicinato con una persona infetta. Anche alcuni giorni prima di manifestare i sintomi o fino a due settimane dopo la guarigione, il paziente infetto può continuare a secernere i virus nelle feci, facilitando la diffusione del contagio. I sintomi caratteristici sono nausea, vomito, diarrea e dolori addominali, in alcuni casi anche febbre, mal di testa o dolori muscolari. Il periodo di incubazione è di 12-48 ore”.
“Sebbene generalmente non gravi, nei soggetti dotati di normale immunità, le gastroenteriti possono essere lunghe (una settimana o più), invalidanti (per il vomito, la diarrea, i crampi addominali), debilitanti (per il malessere generale e la disidratazione). L’immunità dura solo alcuni mesi: dunque, ci si può sempre contagiare di nuovo”, aggiunge il pediatra. La principale forma di prevenzione sono le misure igieniche: “Lavarsi le mani prima di toccare i cibi, non avere contatti se si è affetti da gastroenterite, tenere puliti tovaglie, tovaglioli, grembiuli, posate, superfici, utilizzare solo cibi di provenienza certa, soprattutto nel caso di alimenti che vengono cotti poco, come i frutti di mare o le verdure fresche. Per il trattamento – spiega lo specialista -, generalmente i farmaci non sono necessari, è importante solo la terapia reidratante, per compensare la disidratazione conseguente a vomito e diarrea, da effettuare per via orale, mediante somministrazione di soluzioni glucosaline, assunte in piccole dosi e con elevata frequenza. Solo nei casi più gravi può essere necessaria la via endovenosa”. Da escludere il digiuno e la ‘dieta in bianco’, anche se una volta erano spesso consigliati: “Al contrario – assicura Alfaro – la dieta deve restare quella di sempre, normocalorica e bilanciata, per mantenere l’apporto nutrizionale. Per il Rotavirus, è disponibile un vaccino orale, da effettuare dai due mesi di vita in tre dosi, una ogni due mesi. Anche per il Norovirus è stato sviluppato un vaccino”.
Virus Respiratorio Sinciziale (VRS), influenza, Covid: questa la micidiale “triade” responsabile della maggior parte delle malattie respiratorie della popolazione nella stagione invernale 2023-2024. L’epidemia di influenza 2022/2023 (denominata “australiana”) è stata di intensità particolarmente violenta. In Italia, la stagione influenzale 2022-23 ha segnato il più alto numero di contagi negli ultimi 23 anni, da quando è iniziata la sorveglianza InfluNet dell’Istituto Superiore della Sanità. I più colpiti sono stati i bambini: oltre 50 casi per mille nella fascia 0-4 anni e 28 per mille nella fascia 5-14 anni. “La nuova stagione epidemica si prospetta altrettanto aggressiva e quindi la raccomandazione a vaccinarsi almeno per l’influenza, anche per chi non rientra nelle categorie ad alto rischio, è forte”, dice il pediatra.
“Il Virus respiratorio sinciziale (VRS) è il principale agente eziologico della bronchiolite, un’infezione acuta delle basse vie aeree (bronchioli). È altamente contagioso tra gli esseri umani e, di solito, il contagio dei bambini piccoli avviene da bambini più grandi o adulti affetti da rinite, mal di gola o tosse, per contatto diretto con materiale contaminato dalle secrezioni nasali infette (mani, oggetti) o per via aerea (starnuti e tosse) in un raggio inferiore ai due metri, che permette la penetrazione delle goccioline contenenti le particelle virali attraverso le mucose di naso, bocca e occhi del lattante. Il VRS può sopravvivere per molte ore sulle superfici, come tavoli, maniglie delle porte, giocattoli, culle, cellulari, tastiere dei PC. L’incubazione è di 3-5 giorni, con un range di 2-8 giorni. La malattia ha un’evoluzione dinamica e variabile e può peggiorare in poco tempo. I sintomi iniziali sono simili a quelli di altre infezioni respiratorie virali: rinorrea con muco trasparente, starnuti, colpi di tosse secca e stizzosa, talvolta febbre (nella maggior parte dei casi non elevata)”.
Mentre nei bambini più grandi e negli adulti il quadro si risolve con sintomi lievi, nei lattanti possono svilupparsi la bronchiolite o la polmonite, “in genere in 3°-5° giornata di malattia, denunciate da – sottolinea il pediatra – difficoltà, riduzione, riluttanza o rifiuto di alimentazione (di solito, il rifiuto di alimentarsi annuncia, circa 24 ore prima, la comparsa del distress respiratorio, rappresentando un campanello d’allarme), difficoltà respiratoria, con episodi di apnea (momenti di interruzione del respiro), tachipnea (respiro più veloce), polipnea (respiro più profondo), dispnea (affanno), respiro sibilante, rientramenti al giugulo (la fossetta tra il collo e lo sterno), intercostali, sottocostali/diaframmatici, all’appendice xifoidea (la prominenza finale dello sterno), che sono dovuti ad attivazione dei muscoli accessori per far entrare l’aria nei polmoni attraverso i bronchioli ristretti, tosse ingravescente, stizzosa e costrittiva, sibili espiratori, disidratazione (pannolino asciutto da 12 ore), scadimento delle condizioni generali (abbattimento, perdita del sorriso e della vivacità, torpore). Il rischio è l’evoluzione verso l’insufficienza respiratoria con crisi di distress respiratorio, apnea, cianosi, tachicardia. La durata va dai sette ai 14 giorni, in media, ma dopo quattro settimane il 9% può presentare ancora sintomi.”
La prevenzione si basa innanzitutto su norme comportamentali generali: “Lavaggio delle mani prima di toccare o prendere in braccio il bambino, non toccarsi occhi, naso, bocca prima di accudirlo. Ancora, tenere pulite le superfici in casa che possano contaminarsi, indossare mascherine in caso di raffreddore o influenza, usare fazzoletti monouso da buttare subito nella spazzatura, tenere a distanza i fratellini più grandi che vanno all’asilo se raffreddati, bandire il fumo, evitare ambienti chiusi, poco ventilati e affollati e provvedere ad areazione degli ambienti. Necessario pure favorire l’allattamento materno (il latte materno ha un effetto protettivo nei confronti dei virus respiratori grazie a proteine antivirali come la lattoferrina e il lisozima) e vaccinare per influenza tutti i conviventi”, raccomanda il dottor Alfaro. Tra le terapie in uso Palivizumab e Nirsevimab, entrambi anticorpi monoclonali. “È stato anche messo a punto un vaccino per la protezione delle persone over 60 anni e dei neonati fino a 6 mesi attraverso l’immunizzazione di donne in gravidanza nel terzo trimestre di gravidanza tra la 24° e la 36° settimana”, aggiunge il membro della Sima.
L’influenza stagionale è una malattia infettiva delle vie respiratorie, altamente contagiosa, causata dai virus influenzali, che nel nostro Paese si manifesta annualmente nei mesi freddi. “I sintomi – commenta il pediatra – contemplano: febbre alta a esordio improvviso, brividi, tosse secca e stizzosa, mal di gola, naso congestionato, rinorrea e starnuti, lacrimazione e bruciore agli occhi, mal di testa, stanchezza e debolezza, dolori muscolari e articolari, dolori addominali, diarrea, nausea e vomito (soprattutto nei bambini), perdita di appetito, ridotta qualità del sonno. La cosiddetta ‘triade dell’influenza’ richiede per la diagnosi clinica almeno tre sintomi: febbre alta, tipicamente ad esordio improvviso, un sintomo generale e un sintomo respiratorio. La durata media è di 5-7 giorni (fino a 10 nei bambini), ma l’astenia e la tosse possono durare a lungo. Il tempo d’incubazione è da uno a quattro giorni. La contagiosità degli adulti risulta dal giorno precedente alla comparsa dei sintomi fino a 5-7 giorni dopo, per i bambini anche per più di una settimana. La trasmissione avviene tramite goccioline diffuse tramite la tosse, gli starnuti o la saliva quando si parla, entro una distanza di due metri. Più raramente attraverso superfici/oggetti contaminati. Essendo una malattia virale, l’assunzione di antibiotici è inutile se non addirittura controproducente”. L’arma più efficace per la prevenzione è il vaccino che può essere somministrato, in due sedi anatomiche differenti, contemporaneamente a quello anti-Covid. In Italia il vaccino contro l’influenza è gratuito per le fasce di popolazione considerate a rischio: soggetti dai 65 anni, con malattie croniche (diabete, obesità, malattie immunitarie, cardiovascolari, respiratorie, neurologiche, renali, epatiche, endocrine, metaboliche, del sangue), operatori sanitari, donne in gravidanza (in qualunque trimestre). “In età pediatrica – conclude lo specialista – la vaccinazione antinfluenzale è raccomandata a tutta la popolazione pediatrica (anche ai bambini sani) di età compresa tra sei mesi e sei anni, e ai bambini fragili di ogni età (a partire dai 6 mesi)”.
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