Il professore Pier Luigi Lopalco, docente di Igiene all’Università del Salento, in un post Facebook, fa chiarezza sull’aggettivo “suina”, in questi giorni erroneamente associato al virus influenzale attualmente in circolazione
“Per colore giornalistico si sta parlando di influenza ‘suina’. Non lo è. La maggior parte dei casi sono causati dal ceppo A H1N1: umanissimo”. La precisazione è del professore Pier Luigi Lopalco, docente di Igiene all’Università del Salento che, in un post Facebook, fa chiarezza sull’aggettivo ‘suina’, in questi giorni erroneamente associato al virus influenzale attualmente in circolazione. L’H1N1 “è un ceppo emerso nel 2009, anno dell’ultima pandemia influenzale che ai tempi fu battezzata ‘suina’ perché con buona probabilità partì dagli allevamenti di maiale fra Messico e stati del Sud degli Usa. Il virus contiene nel suo genoma porzioni di virus di origine suina, porzioni di origine aviaria e porzioni di origine umana. Come sempre avviene per i virus influenzali è il frutto di un rimescolamento di diversi ceppi. Ma il ceppo risultante dal rimescolamento è umano”, sottolinea il professore Lopalco.
Ma questa non è l’unica precisazione che arriva dal docente di Igiene: “Chi oggi – parlando di influenza – dice ‘il peggio deve ancora venire’ sbaglia”, aggiunge il professore. Per Lopalco “il picco di incidenza” dell’influenza 2023-2024 “si è registrato nell’ultima settimana dell’anno” appena passato. Di conseguenza, “quello che ci aspetta – spiega il docente – è la fase calante della curva. Il che significa che registreremo più o meno la seconda metà dei casi dell’intera epidemia (che non è poco, ma non è ‘il peggio’). Ovviamente potrò essere smentito dall’imprevedibile, ma le previsioni basate sull’andamento degli scorsi anni suggeriscono quanto ho detto”.
Il professore, poi, mette in evidenzia anche lo scarso numero di vaccinati. “Già lo scorso anno avevamo registrato una modesta adesione alla campagna vaccinale contro l’influenza. Ministero della Salute e Regioni sono entrambi colpevoli per aver sottovalutato questo aspetto e non aver messo in atto alcuna azione correttiva”, dice, sottolineando che “stagioni influenzali intense non sono una novità. E questa, in particolare, era attesa, vista la bassa intensità di circolazione dei virus influenzali durante gli anni della pandemia Covid 19. Si sarebbe dovuta avviare con buon anticipo una campagna vaccinale degna di questo nome. Le ‘pezze’ tardive come gli Open day vaccinali – conclude il professore Lopalco – non sono stati sufficienti”.
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