C’è una nuova traccia neurochimica nel cervello che può essere considerata una “spia” precoce del Parkinson. Si tratta dell’aminoacido D-serina che, se presente a concentrazioni elevate nel sangue, è collegato a un esordio tardivo del Parkinson. A scoprirlo è stato un team di ricercatori interamente italiano, pubblicato sulla rivista Neurobiology of Disease
C’è una nuova traccia neurochimica nel cervello che può essere considerata una “spia” precoce del Parkinson. Si tratta dell’aminoacido D-serina che, se presente a concentrazioni elevate nel sangue, è collegato a un esordio tardivo del Parkinson rispetto ai pazienti con bassi livelli di questa sostanza, suggerendo un possibile effetto neuroprotettivo del D-amino acido sull’insorgenza della malattia. A scoprirlo è stato un team di ricercatori interamente italiano, composto da neuroscienziati, biochimici e neurologi del centro di ricerca Ceinge Biotecnologie Avanzate Franco Salvatore, dell’Università Luigi Vanvitelli, dell’Università di Pavia e dell’Ircss Mondino. I risultati sono stati pubblicati sulla rivista Neurobiology of Disease.
I ricercatori hanno anche trovato livelli di D-serina aumentati in pazienti di sesso femminile, mentre non hanno riscontrato differenze tra maschi affetti e rispettivi casi controllo. Questa scoperta apre nuovi scenari di applicazione della cosiddetta “medicina di genere” nell’ambito della malattia di Parkinson. Quest’ultima è una patologia neurodegenerativa, cronica, lentamente progressiva, che coinvolge diverse funzioni motorie, vegetative, comportamentali e cognitive, con conseguenze sulla qualità di vita di chi ne soffre. Il Parkinson è il più frequente dei “disordini del movimento“. Si manifesta quando la produzione di dopamina nel cervello cala consistentemente a causa della degenerazione di neuroni in un’area chiamata “sostanza nera”. Dal midollo al cervello cominciano a comparire anche accumuli di una proteina chiamata “alfa-sinucleina“, che secondo alcuni, potrebbe essere la responsabile della diffusione della malattia in tutto il cervello. Si stima che il Parkinson colpisca più di 9 milioni di persone in tutto il mondo.
Dopo aver scoperto il ruolo dell’aminoacido D-serina nel Parkinsonm i ricercatori sono già al lavoro per studiare se le alterazioni del metabolismo della D-serina possono essere legate allo stress ossidativo, anch’esso implicato, come rilevato da precedenti studi, nella patogenesi della malattia di Parkinson. “Si tratta di uno studio preliminare – commenta Alessandro Usiello, direttore del Laboratorio di Neuroscienze traslazionali del Ceinge e professore di Biochimica clinica dell’università Vanvitelli – che potremo approfondire su casistiche di pazienti più ampie”. La ricerca è stata supportata dalla Fondazione Cariplo e dal progetto Mnesys finanziato dal ministero dell’Università e della Ricerca, Piano nazionale di recupero e resilienza.
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