Si chiama polineuropatia diabetica dolorosa ed è una delle complicanze del diabete che ha sintomi precisi ma che troppo spesso vengono confusi. Intervenire tempestivamente non solo allevia i sintomi, ma può anche contribuire a garantire una migliore salute complessiva e un benessere ottimale per chi deve gestire oltre al dolore anche il proprio diabete
Si chiama polineuropatia diabetica dolorosa ed è una delle complicanze del diabete che ha sintomi precisi ma che troppo spesso vengono confusi. “Le persone che soffrono di polineuropatia diabetica dolorosa attraversano decenni di dolore con notevoli ripercussioni sulla qualità di vita“, spiega Giuliano De Carolis, dirigente Anestesia e Terapia del dolore AOU Pisana. “Il dolore persistente può avere impatti duraturi sulla vita quotidiana e sullo stato emotivo dei pazienti. Intervenire tempestivamente – continua – non solo allevia i sintomi, ma può anche contribuire a garantire una migliore salute complessiva e un benessere ottimale per chi deve gestire oltre al dolore anche il proprio diabete. I risultati dello studio, oltre a rafforzare l’efficacia di questo trattamento, mostrano l’importanza di utilizzarla in maniera precoce”.
La neuropatia diabetica è un termine utilizzato per definire un gruppo di patologie nervose spesso associate a disabilità che può interessare sia il diabete di tipo 1 (17,5% dei casi) che il tipo 2 (31,5% dei casi). Il diabete, quando non tenuto “sotto controllo”, ossia con i livelli di zucchero nel sangue elevati per lungo tempo, provoca una serie di alterazioni tra cui la produzione di sostanze infiammatorie e un aumento dello stress ossidativo. I nervi periferici sono il bersaglio di questa alterata produzione di sostanze che in ultimo li danneggiano portando allo sviluppo della neuropatia. “I sintomi della PND colpiscono gli arti inferiori a partire dalle dita dei piedi fino al polpaccio, ma possono estendersi anche ad altre parti del corpo”, sottolinea De Carolis.
I 5 segnali più noti che ciascun paziente con diabete e caregiver deve conoscere e monitorare, al fine di agevolare l’intervento del medico per ridurre il forte dolore ed evitare complicanze gravi e invalidanti:
Secondo le ultime linee guida internazionali, la terapia farmacologica antidolorifica rappresenta il primo livello di intervento (uso di anticonvulsivanti e antidepressivi), sebbene possano poi avere però un effetto limitato a lungo termine e raramente portano a una remissione significativa dei sintomi. Tra gli approcci non farmacologici raccomandati dall’ADA (American Diabetes Association) oltre all’attività fisica e alle patch, ci sono le terapie di stimolazione nervosa. Negli ultimi anni infatti la terapia SCS (Spinal Cord Stimulation) ad alta frequenza in grado di erogare stimolazioni a 10.000 Hz, ha dimostrato di ottenere miglioramenti clinici significativi della sintomatologia dolorosa della PND nelle persone resistenti alla terapia farmacologica standard: un recente studio ha evidenziato con tale frequenza di erogazione una riduzione media del dolore di circa il 79,9%.
“La neurostimolazione spinale ad alta frequenza è una modalità di stimolazione che agisce senza essere mai percepita dal paziente”, afferma Massimo Innamorato, direttore UOC Terapia Antalgica Romagna. “È una tecnica che noi usiamo già da qualche anno e che ora stiamo applicando anche nei casi di pazienti con neuropatia diabetica con ottimi risultati. Questo trattamento – continua – prevede l’impianto di elettrodi nello spazio epidurale, che inviano impulsi in grado di inibire i segnali dolorifici tipici della polineuropatia diabetica dolorosa. L’impulso oltre a mascherare il dolore, ripristina il microcircolo, riducendo quindi la sofferenza e migliorando la ripresa del movimento e la qualità di vita”.
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