Advocacy e Associazioni 8 Aprile 2024 12:20

Un ponte con medici e istituzioni, l’evoluzione delle associazioni dei pazienti sta cambiando la sanità

Nel corso degli anni il ruolo delle associazioni dei pazienti si è evoluto, così come si è evoluto il ruolo del paziente, oggi considerato in misura maggiore (seppure non ancora sufficiente) protagonista fondamentale nelle decisioni relative alla sua salute

Un ponte con medici e istituzioni, l’evoluzione delle associazioni dei pazienti sta cambiando la sanità

Oggi le associazioni dei pazienti sono diventate dei veri e propri centri di “patient advocacy“, che non si limitano solo a fornire supporto ai propri membri, ma fungono anche da ponte tra pazienti, professionisti sanitari, istituzioni e industria. Per raccontare questa trasformazione Chiesi Italia ha dato vita alla prima edizione del Patient Partnership Day, rivolto alla popolazione aziendale, volta a sensibilizzare su tutti gli aspetti legati a questa dimensione così importante.  Durante l’evento c’è stato un collegamento in diretta dalla sede SICS di Roma in cui era in corso una nuova puntata del talk Patient’s Voice.

Guarda la puntata

 

Il rapporto “fondamentale” tra le associazioni e le aziende farmaceutiche

Tra i primi a riconoscere il ruolo sempre più centrale delle associazioni dei pazienti è l’industria, rappresentata in questa giornata da Chiesi Italia. “Nel tempo l’approccio di Chiesi si è molto evoluto e cambiato grazie alla collaborazione delle associazioni dei pazienti che ci aiutano a comprendere meglio i bisogni dei pazienti“, ha sottolineato Lucia Quagliano, HR Director di Chiesi Italia. “I pazienti e la loro vita quotidiana sono al centro della nostra cultura organizzativa“, aggiunge. Diversi sono stati i rappresentanti delle associazioni intervenuti nel corso dell’evento e che riconoscono il profondo processo di evoluzione della patient advocay. “Le istituzioni ormai riconoscono un ruolo di interlocuzione alle organizzazioni civiche, ma è ancora molto lungo il cammino per arrivare a costruire un rapporto serio, strutturato e continuativo”, commenta Teresa Petrangolini, direttrice del Patient Advocacy Lab di ALTEMS – Università Cattolica di Roma.

Il lavoro delle associazioni rappresenta un valore aggiunto

Simona Barbaglia, presidente dell’Associazione Respiriamo Insieme APS, dopo aver ripercorso le tappe della sua organizzazione, ha puntato i riflettori su una delle sue più importanti battaglie. “Ci stiamo battendo dal 2018 per far riconoscere l’asma grave come una patologia diversa rispetto all’asma in generale. Si tratta infatti di una patologia distinta, che va inserita nel Piano nazionale delle cronicità, a cui va dato un codice esenzione separato e a cui vanno garantite una serie di prestazioni essenziali per la diagnosi e la cura. Proponiamo alle istituzioni un’alleanza. Abbiamo ripresentato un disegno di legge, per veder riconosciuti i diritti di questi pazienti invisibili”. L’intervento di Giuseppe Vanacore, presidente Aned Onlus, Associazione nazionale dei trapiantati e dializzati, ha sottolineato invece l’importanza unica del lavoro della sua, così come di altre, associazioni. “L’attività della nostra associazione va accolta come valore sociale aggiunto, che diventa uno strumento formidabile di partecipazione e consapevolezza”, ha dichiarato. “I pazienti hanno bisogno di buone cure ma anche di tanto altro, sul piano umano. Curare è una cosa, prendersi cura è tutt’altro. Le associazioni sono su quest’ultimo versante”.

Un ponte tra i pazienti, i clinici, i ricercatori e l’industria

Serena Massucci, responsabile scientifico di Mitocon – Insieme per lo studio e la cura delle malattie mitocondriali OdV, focalizza il suo intervento sull’importanza che i pazienti e i medici siano in continuo collegamento. “Lo scambio tra medici e pazienti è una risorsa”, ha sottolineato. “I nostri medici hanno bisogno di sapere”, ha aggiunto, e questo scambio avviene grazie al lavoro del board scientifico e dei pazienti esperti afferenti a Mitocon. Il contatto stretto tra pazienti e clinici è uno dei punti di forza di Debra Italia e della Fondazione REB. “La prima vanta una forte rappresentanza dei pazienti e dei caregiver – racconta Cinzia Pilo, presidente Debra Italia e Fondazione REB – mentre con la fondazione lavoriamo a stretto contatto con i clinici che si occupano della malattia. Con la Fondazione REB ci rivolgiamo quindi ai ricercatori, ai medici e all’industria”.

I bisogni dei pazienti arrivano ai tavoli di lavoro istituzionali

Nella seconda parte della giornata, l’incontro si è quindi collegato con Roma, alla presenza di rappresentanti delle istituzioni oltre che delle associazioni dei pazienti. Nel suo intervento Annalisa Scopinaro, presidente di Uniamo, ha rimarcato che “i bisogni riscontrati nelle associazioni aderenti ad Uniamo sono più o meno simili: diagnosi precoce, prevenzione, presa in carico del paziente per tutta la sua vita, ricerca per la conoscenza delle malattie e auspicabilmente di cure”. E ha aggiunto: “Con Uniamo mettiamo insieme le esigenze per portare i bisogni delle associazioni ai tavoli di lavoro istituzionali per le malattie rare, attraverso anche tavoli paralleli in modo che ogni associazione possa dare il proprio contributo”. Si è invece concentrato sul concetto di “paziente esperto” l’intervento di Dominique Van Doorne, responsabile scientifico dell’Accademia del Paziente Esperto EUPATI. È importante che il paziente capisca il proprio medico quando parla del farmaco, della sua efficacia e della sua sicurezza. Il nostro corso dedicato agli studi clinici punta a preparare i pazienti, sia a capire come fare e quali sono le garanzie nel partecipare a uno studio clinico, sia a interagire con le istituzioni per avere farmaci utili”.

L’advocacy come modalità di partecipazione strutturata

I rappresentanti delle istituzioni hanno accolto con favore le riflessioni, le proposte e le istanze espresse dai rappresentanti delle associazioni dei pazienti. “Ogni volta che le istituzioni sono chiamate a decidere qualcosa, è fondamentale che i destinatari dei servizi siano presenti”, ha quindi dichiarato Mattia Altini, Responsabile settore Assistenza Ospedaliera Regione Emilia-Romagna. “E’ necessario, dunque, che istituzioni e pazienti ‘abitino’ una casa comune. Dobbiamo avere una visione di insieme perché il rischio che corriamo è di guardare un pezzettino alla volta e di perdere di vista il quadro di riferimento”. Per Massimo Annicchiarico, DG Area Sanità e Sociale Regione Veneto, l'”advocacy dovrebbe essere una modalità di partecipazione alla programmazione delle attività sanitarie di tipo strutturato e non volontaristico e spontaneistico”. E aggiunge: “Questo significa dotarsi di luoghi di governance in cui la partecipazione delle associazioni segue modalità strutturate di collaborazione con il Servizio sanitario. Una cosa è infatti chiamare un’associazione a intervenire su una determinata questione, altra è la previsione strutturata di una rappresentanza dei pazienti quando, ad esempio, si deve costituire un capitolato di acquisto per un dispositivo medico, un presidio o un ausilio. In questo caso tenere conto o meno delle associazioni dei pazienti può fare una differenza sostanziale”.

Bisogna puntare sull’associazionismo di qualità

Convinto che le associazioni debbano puntare maggiormente sulla qualità è Marco Spizzichino Dirigente delle Relazioni istituzionali, produzione editoriale ed eventi presso la Direzione generale della comunicazione e dei rapporti europei e internazionali del ministero della Salute. “Anche nell’associazionismo ci vuole qualità”, sottolinea, ricordando l’importanza della creazione di “un database di associazioni che abbiano caratteristiche di qualità per costruire percorsi importanti di advocacy per una sanità ottimale”. Porta un esempio positivo Ugo Trama, responsabile del Servizio Farmaceutico della Regione Campania. “La Regione Campania è tra le prime che ha deliberato in maniera forte a favore dell’associazione all’interno dei percorsi assistenziali. Abbiamo un percorso strutturato che diventa un momento di confronto con gli stakeholder per capire se una determinata prestazione è utile”.

La variabilità della patient advocacy in Europa

La patient advocacy è diffusa in maniera disomogenea in Europa. “C’è una grande differenziazione da paese a paese”, ha quindi sottolineato Alessandra Vignoli, Head of Mediterranean Cluster, Chiesi Global Rare Diseases. “Ci sono paesi dove esiste totale collaborazione tra i gruppi di patient advocacy e l’azienda già nelle prime fasi di discussione degli studi clinici, e ci sono paesi dove esiste una regolamentazione stringente dove i gruppi di pazienti e le industrie vengono tenuti separati.”, spiega. Variegato è anche il rapporto tra le associazioni dei pazienti e gli enti HTA dei vari paesi. “Abbiamo paesi come la Germania, dove le associazioni dei pazienti – continua Vignoli – collaborano con l’HTA per la definizione dell’accesso e anche del prezzo dei farmaci, e ci sono paesi come l’Italia dove le associazioni non sono state chiamate per le valutazioni HTA di un farmaco. In Europa si sta andando verso la direzione della Germania e l’Italia dovrebbe interrogarsi su questo”.

Innocenti (Chiesi Italia): “La patient advocay è il nostro faro”

L’industria però ha compreso e ha iniziato a valorizzare il ruolo delle associazioni. “La principale missione del nostro gruppo biofarmaceutico è di migliorare la qualità di vita dei pazienti e la patient advocacy rappresenta un po’ il nostro faro e il nostro garante che ci indica che ogni scelta fatta deve essere in linea con i bisogni dei pazienti: dalla fase di ricerca e sviluppo fino a tutte le attività in cui siamo presenti con un nostro farmaco in commercio”, dichiara Raffaello Innocenti, CEO e Managing Director di Chiesi Italia. “E’ un percorso non banale che nasce innanzitutto dall’ascolto: possiamo fare la differenza se ascoltiamo il paziente e questo lo possiamo fare solo se c’è un dialogo costantemente aperto, trasparente, etico, dove industria e associazioni mettono al centro il bene comune del paziente. Fatto questo – continua – possiamo lavorare in altri ambiti come quello educazionale e a iniziative di supporto del paziente, come ad esempio Programmi di Supporto ai Pazienti nelle malattie rare. La nostra missione è quella di cercare di portare soluzioni innovative laddove ci sono bisogni insoddisfatti dei pazienti e su questo lo sforzo del Gruppo Chiesi è importante.”.

 

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