Presentati i risultati di uno studio sistematico di biomonitoraggio umano sulla qualità del seme di giovanissimi sani, condotto tra il 2015 e il 2024 nell’ambito del Progetto di Ricerca EcoFoodFertility. Le proposte dei ricercatori per invertire la rotta in cinque mosse
Hanno tra i 18 e i 22 anni, non fumano, non sono bevitori abituali ed il loro indice di massa corporea è perfettamente nella norma. Eppure, in quasi la metà dei casi, precisamente il 45%, il loro apparato riproduttivo non è in salute: presenta almeno un parametro alterato nello spermiogramma. Ma non è tutto. Ciò che preoccupa maggiormente gli scienziati sono le alterazioni biomolecolari riscontrate a carico degli spermatozoi, ovvero anomalie dei sistemi antiossidanti, proteomici, epigenetici e genetici. I dati sono emersi da uno studio sistematico di biomonitoraggio umano sulla qualità del seme di giovanissimi sani molto selezionati, condotto tra il 2015 e il 2024 (bibliografia degli studi condotti in calce*), nell’ambito del Progetto di Ricerca EcoFoodFertility, ideato e coordinato dal Dottore Luigi Montano, UroAndrologo dell’ASL Salerno, nonché Past President della Società Italiana della Riproduzione Umana (SIRU).
Ma se i giovani presi in esame sono in perfetta salute, quali sono le possibili cause delle anomalie riscontrate a carico dell’apparato riproduttivo? “L’inquinamento ambientale – risponde il primo firmatario della ricerca, Luigi Montano, in un’intervista a Sanità Informazione -. Lo studio, infatti, ha preso in esame uomini dai 18 ai 22 anni che seguivano stili di vita sani e perfettamente in salute, ma che vivono in aree in cui la presenza di inquinanti ambientali è conclamata”. I giovani reclutati vivono tra la Terra dei Fuochi, Brescia, la Valle del Sacco, Modena, Vicenza e Taranto e nel loro liquidi seminale è stata rilevata la presenza di diversi contaminanti: metalli pesanti, policlorobifenili, PFAS e composti volatile organici, tutti noti per essere inquinanti ambientali con effetti altamente nocivi per la salute umana. “Per avere un’ulteriore prova dell’attendibilità dei nostri dati – aggiunge Montano – abbiamo confrontato questi risultati con quelli ottenuti esaminando giovani della stessa età, con le medesime condizioni di salute, ma che vivevano in una zona in cui i tassi di inquinamento registrati sono decisamente più bassi: la Valle del Sele, in provincia di Salerno. Ebbene, tra questi individui sono state rilevate alterazioni dei rischi riproduttivi molto meno significative”, sottolinea il ricercatore.
Questo studio mostra, dunque, come la salute riproduttiva maschile possa essere considerata una spia attendibile di danno ambientale ai sistemi biologici dell’intero organismo. “Emerge sempre più chiaramente il nesso esistente tra l’inquinamento ambientale e la salute riproduttiva maschile, ma anche femminile. Ciò contribuisce a peggiorare pure il problema della denatalità nel nostro Paese – spiega Giuseppina Picconeri, ginecologa, membro del direttivo nazionale SIRU e referente del progetto di Tutela della salute riproduttiva nelle scuole -. Si rende quindi improcrastinabile l’intervento combinato ed interconnesso tra operatori sanitari, società civile ed istituzioni per promuovere la prevenzione e la tutela della salute riproduttiva dei ragazzi con progetti mirati, sia nelle scuole primarie che secondarie, dove i professionisti possano coinvolgere direttamente gli studenti nel percorso di consapevolezza. Studi scientifici, infatti, hanno mostrato come sia possibile ottenere un primo miglioramento delle caratteristiche del liquido seminale seguendo un’alimentazione controllata, che veda protagonista la dieta mediterranea a base di alimenti bio”.
Già qualche anno fa, una ricerca pubblicata su Lancet aveva preannunciato un dimezzamento della popolazione mondiale, in particolare nei Paesi occidentali, Italia compresa, entro il 2100. “Queste proiezioni demografiche – commenta il dottor Montano – potrebbero essere anche anticipate se continua a scendere ulteriormente la conta spermatica. A tal proposito, ricordiamo anche l’ultima metanalisi pubblicata nel 2023 su Human Reproduction (figura 1) che indica un calo globale del 62.3% della conta totale degli spermatozoi dal 1973 al 2018. Peraltro, la perdita di spermatozooi per anno, se dal 1972 al 2000 è stata di 1.16, dal 2000 al 2018 è arrivata a 2.64, quindi raddoppiata. Senza considerare ancora che, negli ultimi tre decenni, i Paesi che hanno subito i più forti depauperamenti ambientali come Cina, India, Centro-Africa ed alcune aree del Sud America, che oggi soni i luoghi, più inquinati al mondo, stanno registrando cali notevoli proprio nella capacità riproduttiva in particolare maschile”, evidenzia Montano.
figura 1
Dai risultati dello studio, presentato presso la Camera dei Deputati nel corso del convegno “L’impatto ambientale sulla fertlità maschile in Italia. Quali rischi, quali rimedi”, organizzato dall’Associazione AltrItalia Ambiente ed EcoFoodFertility, patrocinato dal Ministero dell’Ambiente, sono emerse delle proposte che i rappresentati del mondo scientifico hanno posto all’attenzione delle Istituzioni. I consigli dei promotori del Progetto di Ricerca EcoFoodFertility possono essere sintetizzati in cinque specifiche azioni. Innanzitutto, una visita andrologia a tutti i 18enni d’Italia con il supporto dei Medici di Medicina Generale, simile a quella prevista negli anni passati per l’accesso al servizio di leva militare. Ancora, sottoporre questi stessi giovani ad uno spermiogramma gratuito. Successivamente, far confluire i dati emersi dalle visite andrologiche e dagli esami del liquido seminale in un Registro nazionale sulla fertilità maschile. Altrettanto necessario per gli esperti è l’abbassamento dell’età degli screening per malattie tumorali, almeno nelle aree a più alta incidenza per patologie oncologiche (come quelle maggiormente inquinate, ndr). E, infine, un grande patto fra scuola e sanità per educare alla salute ambientale e riproduttiva e per diffondere una vera cultura della prevenzione. “Quest’ultima – ribadisce Montano – appare fondamentale soprattutto nelle scuole, per aumentare la consapevolezza fin da giovanissimi sull’importanza degli stili di vita sani e sui rischi ambientali, a tutela della salute riproduttiva. Quest’ultima si traduce in una tutela della salute in generale, degli adulti e della progenie, considerando – conclude il ricercatore – gli effetti transgenerazionali degli ‘insulti’ chimici e fisici e dei cattivi stili di vita sui gameti”.
*Bibliografia dei principali studi condotti dal 2015 al 2024
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