Intervista al medico catanese guarito dall’Ebola allo Spallanzani
Quando ho sentito la notizia ho rivissuto in pieno tutta l’angoscia di quei momenti: dal trasferimento all’isolamento alla terapia intensiva. Capisco perfettamente il collega che in questo momento sta vivendo le stesse cose. L’augurio che gli faccio è di uscirne al più presto, e che magari non debba subire il mio stesso isolamento che è durato ben 38 giorni».
Ora che è scoppiato il secondo caso in Italia, Fabrizio Pulvirenti sta rivivendo il suo incubo. Il medico catanese, il primo italiano ad essere stato contagiato dall’Ebola, dà però forza all’infermiere sardo. Gli suggerisce di non mollare, confidando nell’alta levatura professionale dell’Istituto di ricerca per le malattie infettive “Lazzaro Spallanzani”, dove anche lui ha condotto e vinto la sua battaglia.
Dottor Pulvirenti, i primi bollettini mostrano una situazione abbastanza critica. Quali sono le fasi del decorso? Si parla di una carica virale piuttosto alta…
«Ogni caso è a sé. Si può partire con una carica virale bassa e poi il virus inizia a replicare perché trova le condizioni per farlo o viceversa partire con una carica virale alta e poi il sistema immunitario controlla bene l’infezione e la debella rapidamente. È difficile fare un pronostico prima che siano passati i 10 giorni di osservazione».
Lei ha detto che il paziente “è in buone mani” allo Spallanzani. Si è subito parlato di utilizzare, oltre alla sua esperienza, anche il suo plasma. Può dirci qualcosa in più?
«Ho già donato il plasma più volte e sono quindi a disposizione, ma la decisione di utilizzarlo o meno, o se infondere un altro plasma – magari più compatibile – spetta a chi ha in cura il collega».
Lei aveva già sottolineato l’importanza della formazione e dell’informazione per gli operatori sanitari, in prima linea a combattere Ebola e a cercare di salvare tante vite umane.
«Che la formazione e l’informazione siano le carte vincenti quando si affronta una malattia grave come Ebola è stato ampiamente dimostrato. Credo inoltre che il sistema della rete infettivologica abbia funzionato benissimo, a prova ulteriore di come un meccanismo ben rodato e ben informato dia sempre ottimi risultati».
Ebola resta una minaccia.
«Ritengo che per i nostri connazionali non ci siano problemi, perché sono stati osservati tutti i protocolli di sicurezza. Il collega si è subito autoisolato non appena ha avuto i primi sintomi, comportandosi secondo le procedure e con grande professionalità. Lo stesso vale per gli operatori sanitari che lo hanno gestito a Sassari, oltre che naturalmente all’istituto Spallanzani. Ritengo non ci si debba preoccupare, tuttavia il verdetto finale lo avremo fra qualche settimana, alla fine del periodo di osservazione».