Tra il 2003 e il 1 aprile 2024 sono stati registrati 889 casi umani di influenza aviaria in 23 paesi, inclusi 463 decessi, numeri che hanno fatto innalzare il tasso di mortalità al 52%
“Il virus dell’aviaria, H5N1, nelle persone contagiate attraverso il contatto con animali infetti ha dimostrato un tasso di mortalità straordinariamente alto”. È Jeremy Farrar, capo dell’Agenzia Sanitaria delle Nazioni Unite, a mostrato la sua preoccupazione, nel corso di una conferenza stampa a Ginevra, sottolineando che il virus si “adatterà, diventando capace di trasmissione da uomo a uomo”. Attualmente non esistono prove di contagi interumani, ma la paura che l’influenza aviaria possa trasformarsi in una minaccia concreta anche per l’uomo sembra essere sempre più concreta. Tra il 2003 e il 1 aprile 2024, l’Oms ha dichiarato di aver registrato un totale di 889 casi umani di influenza aviaria in 23 paesi, inclusi 463 decessi, numeri che hanno fatto innalzare il tasso di mortalità al 52%. All’inizio di aprile le autorità americane hanno comunicato che una persona era risultata positiva all’influenza aviaria dopo essere stata contagiata da una mucca da latte in Texas.
Attualmente, i casi di trasmissione all’uomo sono molto rari. Un bambino di nove anni, portatore del ceppo H5N1, è morto di influenza aviaria in Cambogia a febbraio, dopo tre decessi nello stesso paese nel 2023. Negli Stati Uniti, il paziente aveva mostrato “arrossamento degli occhi (corrispondente alla congiuntivite), come unico sintomo”, hanno detto le autorità, aggiungendo che è stato isolato e trattato con un farmaco antivirale usato per l’influenza. Quando “si entra nella popolazione dei mammiferi, allora ci si avvicina agli esseri umani”, ha detto ancora Farrar, avvertendo che “questo virus è solo alla ricerca di nuovi ospiti. È una vera preoccupazione”. Farrar ha chiesto quindi di rafforzare il monitoraggio, avvertendo che è “molto importante capire quante infezioni umane si stanno verificando, perché è lì che avverrà l’adattamento del virus”. Ha inoltre affermato che sono in corso sforzi per lo sviluppo di vaccini e terapie per l’H5N1 e ha sottolineato la necessità di garantire che le autorità sanitarie regionali e nazionali di tutto il mondo abbiano la capacità di diagnosticare il virus, in modo che “se l’H5N1 arrivasse agli esseri umani, con trasmissione da uomo a uomo, il mondo sarebbe in grado di rispondere immediatamente”, sollecitando un accesso equo a vaccini, terapie e diagnostica.
In un recente rapporto anche l’European Centre for Disease Prevention and Control (Ecdc) e la European Food Safety Authority (Efsa) hanno espresso forte preoccupazione: “Se i virus dell’influenza aviaria A/H5N1 acquisissero la capacità di diffondersi tra gli esseri umani, potrebbe verificarsi una trasmissione su larga scala”. In piena pandemia, nel 2020, è inoltre comparsa una nuova variante di virus A/H5N1 (denominata 2.3.4.4b) che in breve tempo è diventata dominante. Da allora, sono aumentati il “numero di infezioni ed eventi di trasmissione tra diverse specie animali”, si legge nel rapporto. Questi continui passaggi tra animali e specie diverse aumentano le occasioni in cui il virus può mutare o acquisire porzioni di altri virus che lo rendano più adatto a infettare i mammiferi. In realtà A/H5N1 ha già compiuto dei passi in questa direzione. Ha imparato a moltiplicarsi in maniera più efficace nelle cellule di mammifero e a sviare alcune componenti della risposta immunitaria. Ciò gli ha già consentito negli ultimi anni di colpire un’ampia gamma di mammiferi selvatici e anche animali da compagnia, come i gatti. Ultimo, il caso della mucca infettata in Usa. In Italia, 11 nuovi focolai di Influenza aviaria ad alta patogenicità da sottotipo H5N1 sono stati confermati in allevamenti di pollame nel periodo compreso da fine marzo 2023 a dicembre 2023. Nel 2024 è stato sinora confermato un solo focolaio nel mese di febbraio.
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